Il terzetto di provvedimenti annotati rappresenta la prima risposta dei Tribunali italiani e del nuovo Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) presso la Consob alle istanze di redress provenienti da ex-azionisti delle banche in dissesto, resisi acquirenti o sottoscrittori di strumenti partecipativi (il cui valore nominale è stato autoritativamente azzerato in occasione della risoluzione delle banche emittenti), senza aver però ricevuto adeguata informazione sulla effettiva situazione economico-finanziaria dell’emittente al momento dell’investimento. Sulla scorta di una rigorosa (ma, pare a noi, letterale sin troppo) interpretazione dei provvedimenti con cui la Banca d’Italia, quale autorità di risoluzione, ha disposto il trasferimento coattivo delle attività e delle passività delle banche risolte agli “enti-ponte”, costituiti ad hoc per continuare l’attività bancaria, la giurisprudenza ferrarese e milanese, indi quella “prognostica” dell’ACF, è giunta ad affermare che gli enti-ponte risponderanno, quali legittimati passivi sostanziali, succeduti a titolo particolare anche in tali obbligazioni risarcitorie, dei debiti di natura aquiliana o precontrattuale nei confronti delle vittime di misselling. Permeata da sentimenti di giustizia redistributiva (affioranti specie dall’ultima delle tre pronunce in commento, che mobilita infatti l’art. 47 Cost.), tale soluzione appare però in contrasto con gli obiettivi perseguiti dalla Direttiva 2014/59/UE sulla risoluzione degli enti creditizi e dal D.Lgs. n. 180/2015 di recepimento, che dettano una disciplina della responsabilità del cessionario d’azienda bancaria alquanto rigorosa e derogatoria rispetto a quella civilistica ma anche rispetto a quella del T.U.B.

LE VITTIME DI MISSELING HANNO AZIONE RISARCITORIA - CONTRO GLI ENTI-PONTE, CESSIONARI DELLE AZIENDE - DELLE BANCHE RISOLTE (PROSPETTATE AUTRICI DELL’ILLECITO)?

MARCELLO STELLA
2018-01-01

Abstract

Il terzetto di provvedimenti annotati rappresenta la prima risposta dei Tribunali italiani e del nuovo Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) presso la Consob alle istanze di redress provenienti da ex-azionisti delle banche in dissesto, resisi acquirenti o sottoscrittori di strumenti partecipativi (il cui valore nominale è stato autoritativamente azzerato in occasione della risoluzione delle banche emittenti), senza aver però ricevuto adeguata informazione sulla effettiva situazione economico-finanziaria dell’emittente al momento dell’investimento. Sulla scorta di una rigorosa (ma, pare a noi, letterale sin troppo) interpretazione dei provvedimenti con cui la Banca d’Italia, quale autorità di risoluzione, ha disposto il trasferimento coattivo delle attività e delle passività delle banche risolte agli “enti-ponte”, costituiti ad hoc per continuare l’attività bancaria, la giurisprudenza ferrarese e milanese, indi quella “prognostica” dell’ACF, è giunta ad affermare che gli enti-ponte risponderanno, quali legittimati passivi sostanziali, succeduti a titolo particolare anche in tali obbligazioni risarcitorie, dei debiti di natura aquiliana o precontrattuale nei confronti delle vittime di misselling. Permeata da sentimenti di giustizia redistributiva (affioranti specie dall’ultima delle tre pronunce in commento, che mobilita infatti l’art. 47 Cost.), tale soluzione appare però in contrasto con gli obiettivi perseguiti dalla Direttiva 2014/59/UE sulla risoluzione degli enti creditizi e dal D.Lgs. n. 180/2015 di recepimento, che dettano una disciplina della responsabilità del cessionario d’azienda bancaria alquanto rigorosa e derogatoria rispetto a quella civilistica ma anche rispetto a quella del T.U.B.
2018
ENTI PONTE, MISSELLING
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/987492
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