Si raccolgono le immagini che possono essere considerate una rappresentazione del Comune veronese nella sua prima fase (1136-1233) o le iscrizioni che fanno menzione di questo istituto. Punto di partenza è, necessariamente, la problematica raffigurazione scolpita da Nicolò sulla lunetta della facciata di San Zeno Maggiore – chiesa del patrono, strettamente connessa ai vertici del potere, sia vescovile sia imperiale –, accompagnata da un’iscrizione didascalica in cui si specifica che il presule dona al popolo il vessillo e lo benedice. Si dedicano, poi, alcune riflessioni alla sola altra immagine pervenuta che sia collegabile a questo tema, ovvero il più antico sigillo della città, con il motto che la contraddistingueva. Per il resto del XII secolo, e fino al terzo decennio del XIII, non rimangono né sono documentate tracce di epigrafi collegabili a qualsiasi titolo al Comune, neppure nei luoghi dove più usualmente si rinvengono, come le mura o le porte urbiche, o il palazzo comunale. Questa situazione, apparentemente diversa rispetto a quella di altre realtà dell’Italia centro-settentrionale, non costituisce però un caso isolato. A Verona è, del resto, scarsamente attestata anche l’epigrafia ‘vescovile’, essendo pervenuto solo un testo, datato 1172, che ricorda la costruzione, da parte del presule Ognibene, di una cappella dedicata a san Zeno, nella torre del suo palazzo. L’andamento generale della produzione epigrafica si presenta, però, diverso: accanto al dilagare delle iscrizioni di tipo didascalico, risultano assai diffuse anche quelle che celebrano ‘artisti’ e uomini di chiesa. Da ciò si può forse dedurre che i vertici del potere preferirono affidare la presenza e il ricordo di sé ad altri media, in primo luogo alle strutture architettoniche dal forte impatto urbanistico, di cui furono promotori. Qualcosa sul versante epigrafico sembra mutare nel terzo decennio del XIII secolo, in maturo regime podestarile e in clima di lotta fra le partes. Si ha, infatti, notizia di un’iscrizione del 1221 che rammentava il restauro dell’arena, altro edificio di pubblica gestione, tempore Rizardi comitis rectoris amandi, mentre un’epigrafe datata 1230 ancor oggi ricorda la costruzione della chiesa di San Francesco, per volontà di Ranieri Zeno, podestà di Verona, pro Communi Verone: è questa la prima attestazione epigrafica dell’uso del termine nel veronese.

Il Comune di Verona nello spazio cittadino: immagini e scrittura esposta

MUSETTI, Silvia
2016-01-01

Abstract

Si raccolgono le immagini che possono essere considerate una rappresentazione del Comune veronese nella sua prima fase (1136-1233) o le iscrizioni che fanno menzione di questo istituto. Punto di partenza è, necessariamente, la problematica raffigurazione scolpita da Nicolò sulla lunetta della facciata di San Zeno Maggiore – chiesa del patrono, strettamente connessa ai vertici del potere, sia vescovile sia imperiale –, accompagnata da un’iscrizione didascalica in cui si specifica che il presule dona al popolo il vessillo e lo benedice. Si dedicano, poi, alcune riflessioni alla sola altra immagine pervenuta che sia collegabile a questo tema, ovvero il più antico sigillo della città, con il motto che la contraddistingueva. Per il resto del XII secolo, e fino al terzo decennio del XIII, non rimangono né sono documentate tracce di epigrafi collegabili a qualsiasi titolo al Comune, neppure nei luoghi dove più usualmente si rinvengono, come le mura o le porte urbiche, o il palazzo comunale. Questa situazione, apparentemente diversa rispetto a quella di altre realtà dell’Italia centro-settentrionale, non costituisce però un caso isolato. A Verona è, del resto, scarsamente attestata anche l’epigrafia ‘vescovile’, essendo pervenuto solo un testo, datato 1172, che ricorda la costruzione, da parte del presule Ognibene, di una cappella dedicata a san Zeno, nella torre del suo palazzo. L’andamento generale della produzione epigrafica si presenta, però, diverso: accanto al dilagare delle iscrizioni di tipo didascalico, risultano assai diffuse anche quelle che celebrano ‘artisti’ e uomini di chiesa. Da ciò si può forse dedurre che i vertici del potere preferirono affidare la presenza e il ricordo di sé ad altri media, in primo luogo alle strutture architettoniche dal forte impatto urbanistico, di cui furono promotori. Qualcosa sul versante epigrafico sembra mutare nel terzo decennio del XIII secolo, in maturo regime podestarile e in clima di lotta fra le partes. Si ha, infatti, notizia di un’iscrizione del 1221 che rammentava il restauro dell’arena, altro edificio di pubblica gestione, tempore Rizardi comitis rectoris amandi, mentre un’epigrafe datata 1230 ancor oggi ricorda la costruzione della chiesa di San Francesco, per volontà di Ranieri Zeno, podestà di Verona, pro Communi Verone: è questa la prima attestazione epigrafica dell’uso del termine nel veronese.
2016
978-88-98877-64-5
epigrafia medievale, Verona, Nicolò, chiesa di San Zeno Maggiore, chiesa di San Francesco, palazzo vescovile, palazzo comunale, arena, Comune, sigillo del Comune, motto civico,
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/956690
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