Pubblicata in edizione limitata nel 1979 a Montréal, la plaquette L’abeille, poi ripresa in un volume postumo, costituisce un testo per certi versi emblematico della poetica dell’autore, il quale, come spesso avviene, contraddice la predilezione tematica per oggetti inanimati e animali con un’elaborazione che non indulge in realtà in nulla al piacere descrittivo, se non per rari tratti, e che sfrutta piuttosto l’oggetto, in questo caso l’ape, come cassa di risonanza per domande essenziali («La spirale dell’angoscia, / La conosci? // Al momento di partire? / Al rendiconto?») e osservazioni argute in forma di verso («Lo celano le api, / Ma tra loro // C’è una cortesia / Estremo-Orientale.). Alcuni tratti descrittivi emergono tuttavia nondimeno a proposito dell’improvvisa apparizione dell’ape, con cui la poesia si apre, e del suo volo, che disegna nell’aria invisibili geometrie, «géométries variables», intorno a un centro «impossibile da trovare». L’ape è immagine di un’altra vita, parallela a quella dell’uomo, di un essere che viene da un «altrove» invisibile alla vista e che fa la sua comparsa, in un surgissement analogo, metapoeticamente, all’insorgenza dell’ispirazione. Con la loro insorgenza subitanea e breve nell’aria, con le loro ali trasparenti, le api si collocano a metà tra la vita concreta e «una specie di astrazione», un «canto»: eppure la loro organizzazione ricorda quella degli uomini; quella costituita dalle api operaie è, a tutti gli effetti, «la prima industria / istituita sulla terra». Tra nozioni scientifiche sulla vita nell’alveare, associazioni metaletterarie e brevi tratti descrittivi la poesia di Guillevic si conferma ancora una volta sospesa tra descrizione e definizione, tra dati oggettivi, fantasticherie e interventi riflessivi del poeta.
L’improvvisa apparizione, il volo, la vita immaginata delle api in "L’abeille" di Guillevic
ARENA, SARA
2011-01-01
Abstract
Pubblicata in edizione limitata nel 1979 a Montréal, la plaquette L’abeille, poi ripresa in un volume postumo, costituisce un testo per certi versi emblematico della poetica dell’autore, il quale, come spesso avviene, contraddice la predilezione tematica per oggetti inanimati e animali con un’elaborazione che non indulge in realtà in nulla al piacere descrittivo, se non per rari tratti, e che sfrutta piuttosto l’oggetto, in questo caso l’ape, come cassa di risonanza per domande essenziali («La spirale dell’angoscia, / La conosci? // Al momento di partire? / Al rendiconto?») e osservazioni argute in forma di verso («Lo celano le api, / Ma tra loro // C’è una cortesia / Estremo-Orientale.). Alcuni tratti descrittivi emergono tuttavia nondimeno a proposito dell’improvvisa apparizione dell’ape, con cui la poesia si apre, e del suo volo, che disegna nell’aria invisibili geometrie, «géométries variables», intorno a un centro «impossibile da trovare». L’ape è immagine di un’altra vita, parallela a quella dell’uomo, di un essere che viene da un «altrove» invisibile alla vista e che fa la sua comparsa, in un surgissement analogo, metapoeticamente, all’insorgenza dell’ispirazione. Con la loro insorgenza subitanea e breve nell’aria, con le loro ali trasparenti, le api si collocano a metà tra la vita concreta e «una specie di astrazione», un «canto»: eppure la loro organizzazione ricorda quella degli uomini; quella costituita dalle api operaie è, a tutti gli effetti, «la prima industria / istituita sulla terra». Tra nozioni scientifiche sulla vita nell’alveare, associazioni metaletterarie e brevi tratti descrittivi la poesia di Guillevic si conferma ancora una volta sospesa tra descrizione e definizione, tra dati oggettivi, fantasticherie e interventi riflessivi del poeta.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.