Lo scritto ha ad oggetto il contributo della Corte costituzionale alla determinazione della forma di stato e di governo, a partire dalle riflessioni svolte nel seminario di studio fondativo del Gruppo di Pisa del 1990, attualizzate alla luce degli utimi venti anni: allora, si era preso le mosse un dato significativo, e cioè lo smaltimento dell’arretrato da parte della Corte realizzato nel precedente triennio 1987-1989. Una volta raggiunto questo importante obbiettivo, ha avuto inizio una nuova fase della giustizia costituzionale, in cui i compiti della Corte si sono inseriti in una profonda trasformazione del quadro politico e istituzionale. L’evoluzione della forma di Stato regionale ha avuto il suo punto di approdo nelle riforme costituzionali realizzate con le leggi cost. n. 1 del 1999 e 3 del 2001. La forma di governo, in questa fase storica, ha operato in forme diverse da quelle previste in Costituzione, con una progressiva emarginazione del Parlamento, una riduzione del principio di collegialità a livello governativo, legata anche a una forte personalizzazione del vertice del governo. Mutamenti così importanti a livello istituzionale hanno naturalmente pesato sull’attività della Corte e sul ruolo della giustizia costituzionale: in una fase almeno inizialmente definita di “transizione”, che ha posto al centro dell’agenda politica la riforma della Costituzione, caratterizzata dall’estrema conflittualità tra politica e magistratura, la Corte ha visto aumentare le occasioni per ampliare il suo ruolo di arbitro, come conferma l’impennata delle decisioni rese in sede di conflitti di attribuzione tra poteri, ma questo maggiore coinvolgimento nell’agone politico ha anche accresciuto i rischi di una sua delegittimazione. In un contesto non facile, si è cercato di mostrare come la Corte abbia ricoperto più di un ruolo, ora erigendosi ad arbitro dei conflitti, ora più marcatamente a controllore del potere giudiziario.

Corte costituzionale, forma di Stato e forma di governo

CRIVELLI, Elisabetta
2011-01-01

Abstract

Lo scritto ha ad oggetto il contributo della Corte costituzionale alla determinazione della forma di stato e di governo, a partire dalle riflessioni svolte nel seminario di studio fondativo del Gruppo di Pisa del 1990, attualizzate alla luce degli utimi venti anni: allora, si era preso le mosse un dato significativo, e cioè lo smaltimento dell’arretrato da parte della Corte realizzato nel precedente triennio 1987-1989. Una volta raggiunto questo importante obbiettivo, ha avuto inizio una nuova fase della giustizia costituzionale, in cui i compiti della Corte si sono inseriti in una profonda trasformazione del quadro politico e istituzionale. L’evoluzione della forma di Stato regionale ha avuto il suo punto di approdo nelle riforme costituzionali realizzate con le leggi cost. n. 1 del 1999 e 3 del 2001. La forma di governo, in questa fase storica, ha operato in forme diverse da quelle previste in Costituzione, con una progressiva emarginazione del Parlamento, una riduzione del principio di collegialità a livello governativo, legata anche a una forte personalizzazione del vertice del governo. Mutamenti così importanti a livello istituzionale hanno naturalmente pesato sull’attività della Corte e sul ruolo della giustizia costituzionale: in una fase almeno inizialmente definita di “transizione”, che ha posto al centro dell’agenda politica la riforma della Costituzione, caratterizzata dall’estrema conflittualità tra politica e magistratura, la Corte ha visto aumentare le occasioni per ampliare il suo ruolo di arbitro, come conferma l’impennata delle decisioni rese in sede di conflitti di attribuzione tra poteri, ma questo maggiore coinvolgimento nell’agone politico ha anche accresciuto i rischi di una sua delegittimazione. In un contesto non facile, si è cercato di mostrare come la Corte abbia ricoperto più di un ruolo, ora erigendosi ad arbitro dei conflitti, ora più marcatamente a controllore del potere giudiziario.
2011
9788834818794
Corte costituzionale; forma di Stato; forma di governo
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