Quello che qui ho cercato di portare all’attenzione è solo uno degli aspetti del complesso rapporto tra la filosofia kantiana e la psicologia lockiana, un rapporto di cui forse sono state troppo spesso accentuate le divergenze a scapito dei punti di contatto. Nonostante i pre-giudizi che Kant nutriva nei confronti dell’impostazione empirica in materia di psicologia e le chiare prese di distanza dalle tesi espresse da Locke all’interno dell’Essay concerning Human Understanding, i risultati delle riflessioni del pensatore inglese (grazie anche alla mediazione di Tetens) sono da annoverare tra i principali punti di riferimento della Kritik der reinen Vernunft (assieme alla psicologia cartesiana, leibniziana e humiana). In particolare, la definizione lockiana del Self e dell’I think in termini anti-sostatzialistici e prettamente gnoseologici, ossia come pura funzione cognitiva autoreferente, appare a mio avviso fondamentale per comprendere appieno il valore della posizione kantiana in merito all’Apperzeption e all’Einheit des Bewußtsein. Analogo è infatti nei due filosofi l’atteggiamento critico nei confronti dell’abuso dei concetti di natura ontologica in relazione all’io, medesima l’intenzione di definire il soggetto in termini di attività cognitiva e, soprattutto, di auto-referenzialità. Per queste ragioni è a mio avviso lecito affermare che l’Ich denke kantiano è più affine all’I think lockiano che non all’ego cogito cartesiano-wolffiano. Diversa invece l’impostazione delle ricerche: occorre infatti per Kant andare oltre l’“io penso” attestato dall’osservazione psichica (cui invece si arrestò Locke) e coglierne le condizioni a priori: per “compiersi”, l’indagine intorno all’origine della certezza conoscitiva da “storica” deve divenire “trascendentale”. I have emphasized one aspect of the complex relationship between Kantian philosophy and Lockean psychology. Despite the pre-judgments that Kant felt towards an empirical approach in the field of psychology and despite the clear criticism expressed by Kant to the Locke's theses (proposed by English philosopher in his Essay Concerning Human Understanding), the results of the reflections of the English thinker (thanks to the mediation of Tetens) are among the major landmarks of the Kritik der reinen Vernunft (along with the psychology of Descartes, Leibniz and Hume). In particular, the Lockean definition of self and the I think as pure cognitive function, self-referential, is, in my opinion, essential to fully understand the value of the Kantian position about the Apperzeption and the Einheit des Bewusstsein.

Locke and Kant. From "internal sense I" to transcendental apperception

POGGI, Davide
2010-01-01

Abstract

Quello che qui ho cercato di portare all’attenzione è solo uno degli aspetti del complesso rapporto tra la filosofia kantiana e la psicologia lockiana, un rapporto di cui forse sono state troppo spesso accentuate le divergenze a scapito dei punti di contatto. Nonostante i pre-giudizi che Kant nutriva nei confronti dell’impostazione empirica in materia di psicologia e le chiare prese di distanza dalle tesi espresse da Locke all’interno dell’Essay concerning Human Understanding, i risultati delle riflessioni del pensatore inglese (grazie anche alla mediazione di Tetens) sono da annoverare tra i principali punti di riferimento della Kritik der reinen Vernunft (assieme alla psicologia cartesiana, leibniziana e humiana). In particolare, la definizione lockiana del Self e dell’I think in termini anti-sostatzialistici e prettamente gnoseologici, ossia come pura funzione cognitiva autoreferente, appare a mio avviso fondamentale per comprendere appieno il valore della posizione kantiana in merito all’Apperzeption e all’Einheit des Bewußtsein. Analogo è infatti nei due filosofi l’atteggiamento critico nei confronti dell’abuso dei concetti di natura ontologica in relazione all’io, medesima l’intenzione di definire il soggetto in termini di attività cognitiva e, soprattutto, di auto-referenzialità. Per queste ragioni è a mio avviso lecito affermare che l’Ich denke kantiano è più affine all’I think lockiano che non all’ego cogito cartesiano-wolffiano. Diversa invece l’impostazione delle ricerche: occorre infatti per Kant andare oltre l’“io penso” attestato dall’osservazione psichica (cui invece si arrestò Locke) e coglierne le condizioni a priori: per “compiersi”, l’indagine intorno all’origine della certezza conoscitiva da “storica” deve divenire “trascendentale”. I have emphasized one aspect of the complex relationship between Kantian philosophy and Lockean psychology. Despite the pre-judgments that Kant felt towards an empirical approach in the field of psychology and despite the clear criticism expressed by Kant to the Locke's theses (proposed by English philosopher in his Essay Concerning Human Understanding), the results of the reflections of the English thinker (thanks to the mediation of Tetens) are among the major landmarks of the Kritik der reinen Vernunft (along with the psychology of Descartes, Leibniz and Hume). In particular, the Lockean definition of self and the I think as pure cognitive function, self-referential, is, in my opinion, essential to fully understand the value of the Kantian position about the Apperzeption and the Einheit des Bewusstsein.
2010
9789728531898
Locke; Kant; hume; self; self-consciousness; consciousness; identity; person; appercezione trascendentale; ich denke; unità della coscienza; bundle theory; i think; cogito
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/340019
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