Il contributo parla della responsabilità disciplinare dei magistrati per illeciti extrafunzionali: tema di particolare interesse per lo stretto legame che intercorre fra la disciplina di tale responsabilità e il "tipo" di magistrato prefigurato dall'ordinamento. Dopo l'esame della disciplina inizialmente vigente, contenuta nell’art. 18 del regio decreto n. 511/1946, che si caratterizzava per l'indeterminatezza e la vaghezza delle ipotesi di illecito (potendo il magistrato essere punito qualora nella vita privata si fosse comportato in modo da non meritare la fiducia e la considerazione di cui devono godere gli appartenenti all'ordine giudiziario oppure da ledere il prestigio della magistratura), analizza dettagliatamente la disciplina contenuta nell’art. 3 del decreto legislativo n. 109/2006, da cui si evince una propensione del legislatore per un modello di magistrato "passivo", il quale dovrebbe essere estraneo alla vita politico-sociale. Il contributo mette in evidenza come ad un'apparente tipizzazione degli illeciti extrafunzionali, che dovrebbe consentire di distinguere in modo abbastanza preciso i comportamenti leciti da quelli vietati, corrisponda una situazione di incertezza normativa che non consente di tracciare una chiara linea di confine tra l’area della liceità e quella dell’illiceità disciplinare. Esso rileva, poi, come alcune ipotesi di illecito, che dovrebbero spingere il magistrato a non partecipare alla vita politico-sociale, siano lesive di diritti costituzionalmente garantiti che spettano ai magistrati come cittadini, sottolineando inoltre che l'obiettivo di un magistrato "apolitico" è anacronistico per l'elevato livello di politicità della funzione giurisdizionale nella realtà odierna, e anche pericoloso per le conseguenze che potrebbe avere sulla giustizia l'isolamento di chi la amministra. Il contributo si conclude parlando della legge n. 269/2006, che, in una nuova stagione della politica nazionale, ha introdotto rilevanti cambiamenti nella disciplina degli illeciti disciplinari extrafunzionali, i quali vanno nella direzione di una tipizzazione “rigida” degli stessi illeciti e di una restrizione complessiva dell’area dell’illiceità, in conformità con i princìpi costituzionali.
Gli illeciti disciplinari fuori dall'esercizio delle funzioni
Ferri, Giampietro
Writing – Original Draft Preparation
2008-01-01
Abstract
Il contributo parla della responsabilità disciplinare dei magistrati per illeciti extrafunzionali: tema di particolare interesse per lo stretto legame che intercorre fra la disciplina di tale responsabilità e il "tipo" di magistrato prefigurato dall'ordinamento. Dopo l'esame della disciplina inizialmente vigente, contenuta nell’art. 18 del regio decreto n. 511/1946, che si caratterizzava per l'indeterminatezza e la vaghezza delle ipotesi di illecito (potendo il magistrato essere punito qualora nella vita privata si fosse comportato in modo da non meritare la fiducia e la considerazione di cui devono godere gli appartenenti all'ordine giudiziario oppure da ledere il prestigio della magistratura), analizza dettagliatamente la disciplina contenuta nell’art. 3 del decreto legislativo n. 109/2006, da cui si evince una propensione del legislatore per un modello di magistrato "passivo", il quale dovrebbe essere estraneo alla vita politico-sociale. Il contributo mette in evidenza come ad un'apparente tipizzazione degli illeciti extrafunzionali, che dovrebbe consentire di distinguere in modo abbastanza preciso i comportamenti leciti da quelli vietati, corrisponda una situazione di incertezza normativa che non consente di tracciare una chiara linea di confine tra l’area della liceità e quella dell’illiceità disciplinare. Esso rileva, poi, come alcune ipotesi di illecito, che dovrebbero spingere il magistrato a non partecipare alla vita politico-sociale, siano lesive di diritti costituzionalmente garantiti che spettano ai magistrati come cittadini, sottolineando inoltre che l'obiettivo di un magistrato "apolitico" è anacronistico per l'elevato livello di politicità della funzione giurisdizionale nella realtà odierna, e anche pericoloso per le conseguenze che potrebbe avere sulla giustizia l'isolamento di chi la amministra. Il contributo si conclude parlando della legge n. 269/2006, che, in una nuova stagione della politica nazionale, ha introdotto rilevanti cambiamenti nella disciplina degli illeciti disciplinari extrafunzionali, i quali vanno nella direzione di una tipizzazione “rigida” degli stessi illeciti e di una restrizione complessiva dell’area dell’illiceità, in conformità con i princìpi costituzionali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.