La specie Vitis vinifera L., dalle cui uve si ottiene il vino, possiede un’elevata variabilità varietale; si stima infatti che esistano tra i 10.000 ed i 20.000 vitigni nel mondo (Ambrosi H. et al., 1997). Alcuni di questi sono stati selezionati per vegetare al meglio nelle condizioni climatiche e pedologiche specifiche di determinate regioni, dove sono coltivati con appropriate ed originali tecniche agricole sviluppate in accordo alle possibilità offerte dal luogo. Questi vitigni sono definiti autoctoni o tradizionali di un territorio. La loro lunga storia agricola, in alcuni casi di secoli, li rende ricchi di fascino e potenzialità produttive, nonché custodi di un patrimonio culturale e storico, al quale senz’altro contribuiscono l’ebbrezza e la mitologia del vino. La diversità genetica e le numerose potenzialità agricole offerte dai vitigni autoctoni sono un tesoro prezioso per la produzione vinicola di qualsiasi epoca, che necessita di essere preservato. La perdita di numerosi vitigni nel corso della storia umana, se da una parte è da considerarsi “naturale”, dall’altra non può non destare preoccupazione. L’erosione genetica, infatti, riduce le possibilità di sviluppo dell’agricoltura e delle conoscenze scientifiche del settore. La crisi fillosserica è stata senz’altro la maggiore causa documentata di erosione genetica del germoplasma viticolo pressoché universale. L’opera di ricostituzione degli impianti ha eroso invece in particolar modo il germoplasma autoctono. Oggi la diversità varietale esistente è messa in pericolo dall’omologazione della produzione vitivinicola a livello mondiale. E’ probabilmente la necessità umana di semplificazione della realtà, istintiva e rafforzata dalla società contemporanea, che spinge fortemente gli operatori ed i professionisti del settore verso l’omologazione delle tecniche e dei prodotti. Inoltre l’enfatizzazione delle tecniche enologiche e l’intolleranza verso vitigni e pratiche tecnologiche tradizionali, che non permettono di ottenere prodotti dalle caratteristiche “contemporanee” gradite alla maggioranza dei consumatori, stanno escludendo numerosi vitigni autoctoni dalla produzione. Un’altra recente causa di estinzione di vitigni è dovuta anche alla decisa e forte identificazione produttiva e commerciale di un vitigno con un vino, che conduce alla progressiva scomparsa dei vitigni complementari o alternativi di molte Denominazioni. Le conseguenze possono essere drastiche, in considerazione anche del significativo progresso raggiunto nel campo degli studi genetici. Il germoplasma di una specie è infatti la risorsa genetica utilizzabile che garantisce la sopravvivenza ed il miglioramento produttivo della specie stessa. Maggiore è la variabilità genetica, maggiori sono pertanto le potenzialità della specie. Un altro elemento di fondamentale importanza su cui riflettere è la valorizzazione del germoplasma autoctono. Per esempio, all’epoca della crisi fillosserica alcuni paesi non disponevano di un’aggiornata e completa descrizione dei vitigni in coltivazione. Questa carenza ha spesso impedito di operare al meglio le scelte di reimpianto e di guidare la produzione verso obiettivi tecnicamente soddisfacenti. Le risorse genetiche autoctone, proprie di ogni paese, regione o zona, sono pertanto, per quanto possibile, un patrimonio da studiare e preservare.

I vitigni minori in Italia

DI VECCHI STARAZ, Manuel
2004-01-01

Abstract

La specie Vitis vinifera L., dalle cui uve si ottiene il vino, possiede un’elevata variabilità varietale; si stima infatti che esistano tra i 10.000 ed i 20.000 vitigni nel mondo (Ambrosi H. et al., 1997). Alcuni di questi sono stati selezionati per vegetare al meglio nelle condizioni climatiche e pedologiche specifiche di determinate regioni, dove sono coltivati con appropriate ed originali tecniche agricole sviluppate in accordo alle possibilità offerte dal luogo. Questi vitigni sono definiti autoctoni o tradizionali di un territorio. La loro lunga storia agricola, in alcuni casi di secoli, li rende ricchi di fascino e potenzialità produttive, nonché custodi di un patrimonio culturale e storico, al quale senz’altro contribuiscono l’ebbrezza e la mitologia del vino. La diversità genetica e le numerose potenzialità agricole offerte dai vitigni autoctoni sono un tesoro prezioso per la produzione vinicola di qualsiasi epoca, che necessita di essere preservato. La perdita di numerosi vitigni nel corso della storia umana, se da una parte è da considerarsi “naturale”, dall’altra non può non destare preoccupazione. L’erosione genetica, infatti, riduce le possibilità di sviluppo dell’agricoltura e delle conoscenze scientifiche del settore. La crisi fillosserica è stata senz’altro la maggiore causa documentata di erosione genetica del germoplasma viticolo pressoché universale. L’opera di ricostituzione degli impianti ha eroso invece in particolar modo il germoplasma autoctono. Oggi la diversità varietale esistente è messa in pericolo dall’omologazione della produzione vitivinicola a livello mondiale. E’ probabilmente la necessità umana di semplificazione della realtà, istintiva e rafforzata dalla società contemporanea, che spinge fortemente gli operatori ed i professionisti del settore verso l’omologazione delle tecniche e dei prodotti. Inoltre l’enfatizzazione delle tecniche enologiche e l’intolleranza verso vitigni e pratiche tecnologiche tradizionali, che non permettono di ottenere prodotti dalle caratteristiche “contemporanee” gradite alla maggioranza dei consumatori, stanno escludendo numerosi vitigni autoctoni dalla produzione. Un’altra recente causa di estinzione di vitigni è dovuta anche alla decisa e forte identificazione produttiva e commerciale di un vitigno con un vino, che conduce alla progressiva scomparsa dei vitigni complementari o alternativi di molte Denominazioni. Le conseguenze possono essere drastiche, in considerazione anche del significativo progresso raggiunto nel campo degli studi genetici. Il germoplasma di una specie è infatti la risorsa genetica utilizzabile che garantisce la sopravvivenza ed il miglioramento produttivo della specie stessa. Maggiore è la variabilità genetica, maggiori sono pertanto le potenzialità della specie. Un altro elemento di fondamentale importanza su cui riflettere è la valorizzazione del germoplasma autoctono. Per esempio, all’epoca della crisi fillosserica alcuni paesi non disponevano di un’aggiornata e completa descrizione dei vitigni in coltivazione. Questa carenza ha spesso impedito di operare al meglio le scelte di reimpianto e di guidare la produzione verso obiettivi tecnicamente soddisfacenti. Le risorse genetiche autoctone, proprie di ogni paese, regione o zona, sono pertanto, per quanto possibile, un patrimonio da studiare e preservare.
2004
"Vitigno autoctono"; "vitigno minore"; "Catasto viticolo"; "biodiversità"; "piattaforma ampelografica"; "Toscana"; "Italia"
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/319627
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