Lo studio ricostruisce la rete di rimandi e reminiscenze letterarie che soggiace all’immagine del volume gettato nelle fiamme dell’inferno presente alla fine del prologo del Tesoretto: «Ma i’ ho già trovato / in prosa ed in rimato / cose di grande assetto, / e poi per gran sagretto / l’ho date a caro amico: / poi, con dolor lo dico, / lu’ vidi in man d’i fanti, / e rasemprati tanti / che si ruppe la bolla / e rimase per nulla. / S’aven così di questo, / sì dico che sia pesto, / e di carta in quaderno / sia gittato in inferno» (vv. 99-112). L’A. riconosce in questi versi la contaminazione di due modelli, sostanzialmente oitanici, che il notaio Brunetto potrebbe aver conosciuto sia durante il suo soggiorno nella Francia nord-orientale, tra 1260 e 1266, sia, negli anni successivi, in Toscana, date la sua familiarità con l’ambiente angioino e la probabile presenza di Rutebeuf in terra di sì: 1) per la distruzione del documento nel fuoco, l’exemplum di Teofilo, la cui storia – incentrata sul patto con il diavolo, sottoscritto e sigillato – conobbe una straordinaria fortuna tanto nella tradizione mediolatina (da Paolo Diacono a Vincenzo di Beauvais) quanto in quella romanza (per l’area francese, si segnalano soprattutto uno dei Miracles de Notre Dame di Gautier de Coinci, Comment Theophilus vint a penitance, e il Miracle de Théophile di Rutebeuf); 2) per l’atto del ‘gettare in inferno’, i fabliaux (come il Pet au Vilain ancóra di Rutebeuf o l’adespoto De Saint Piere et dou jougleur) e le Voies allegorico-narrative comiche (in particolare il Songe d’Enfer, nel quale Raoul de Houdenc fornisce una rappresentazione comicamente positiva del regno di Belzebù), che narrano del trasferimento forzato all’inferno di giullari o villani. Se l’immagine del libro bruciato in inferno può essere messa «in relazione col passato autobiografico di Brunetto mondano [...] e col suo attuale desiderio di penitenza» (p. 278), i versi del prologo affrontano però soprattutto un problema di ‘copyright’: «Il Miracle di Théophile di Rutebeuf, le Voies d’Enfer e il fabliau fornivano lo scenario infernale, drammatico e comico, dentro il quale collocare il Libro che è meglio bruciare e/o leggere in Inferno piuttosto che ne sia violata la proprietà intellettuale» (p. 280). [Paolo Borsa]

Il ‘Tesoretto’ bruciato e i suoi modelli

BRUSEGAN, Rosanna
2006-01-01

Abstract

Lo studio ricostruisce la rete di rimandi e reminiscenze letterarie che soggiace all’immagine del volume gettato nelle fiamme dell’inferno presente alla fine del prologo del Tesoretto: «Ma i’ ho già trovato / in prosa ed in rimato / cose di grande assetto, / e poi per gran sagretto / l’ho date a caro amico: / poi, con dolor lo dico, / lu’ vidi in man d’i fanti, / e rasemprati tanti / che si ruppe la bolla / e rimase per nulla. / S’aven così di questo, / sì dico che sia pesto, / e di carta in quaderno / sia gittato in inferno» (vv. 99-112). L’A. riconosce in questi versi la contaminazione di due modelli, sostanzialmente oitanici, che il notaio Brunetto potrebbe aver conosciuto sia durante il suo soggiorno nella Francia nord-orientale, tra 1260 e 1266, sia, negli anni successivi, in Toscana, date la sua familiarità con l’ambiente angioino e la probabile presenza di Rutebeuf in terra di sì: 1) per la distruzione del documento nel fuoco, l’exemplum di Teofilo, la cui storia – incentrata sul patto con il diavolo, sottoscritto e sigillato – conobbe una straordinaria fortuna tanto nella tradizione mediolatina (da Paolo Diacono a Vincenzo di Beauvais) quanto in quella romanza (per l’area francese, si segnalano soprattutto uno dei Miracles de Notre Dame di Gautier de Coinci, Comment Theophilus vint a penitance, e il Miracle de Théophile di Rutebeuf); 2) per l’atto del ‘gettare in inferno’, i fabliaux (come il Pet au Vilain ancóra di Rutebeuf o l’adespoto De Saint Piere et dou jougleur) e le Voies allegorico-narrative comiche (in particolare il Songe d’Enfer, nel quale Raoul de Houdenc fornisce una rappresentazione comicamente positiva del regno di Belzebù), che narrano del trasferimento forzato all’inferno di giullari o villani. Se l’immagine del libro bruciato in inferno può essere messa «in relazione col passato autobiografico di Brunetto mondano [...] e col suo attuale desiderio di penitenza» (p. 278), i versi del prologo affrontano però soprattutto un problema di ‘copyright’: «Il Miracle di Théophile di Rutebeuf, le Voies d’Enfer e il fabliau fornivano lo scenario infernale, drammatico e comico, dentro il quale collocare il Libro che è meglio bruciare e/o leggere in Inferno piuttosto che ne sia violata la proprietà intellettuale» (p. 280). [Paolo Borsa]
2006
Tesoretto; modelli; bruciare
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/319280
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