Il saggio è ricompreso entro un volume collettaneo su aspetti particolari del 'Timeo' di Platone, curato dalla stessa Autrice, e frutto di una giornata di studi (Università di Trieste, autunno 2006) su alcuni dei non pochi aspetti problematici presenti in questo dialogo platonico (discussant: Bontempi, Cannarsa, Del Forno, Fermani, Fermeglia, Ferrari, Fronterotta, Magris, Migliori, Napolitano, Panno, Rossitto, Scrivani, Vimercati). Questo studio affronta il tema della visione e della riflessione negli specchi, di tradizionale suggestione nella cultura mitica grecoantica (Titani contro Dioniso bambino, Perseo contro la Gorgone) e ripreso più volte da Platone stesso in vari altri contesti (valore gnoseologico minimo ('eikasìa') della visione speculare entro il paragone della linea di 'Repubblica' VI; rispecchiamento fra interlocutori del dialogo ed amanti rispettivamente nell’ 'Alcibiade I' (133a) e nel 'Fedro' (255d); tema, ancora nella 'Repubblica', dell’incantatore che ‘produce’ il mondo ruotando attorno uno specchio (596a-598c). Nel 'Timeo' il tema della riflessione e visione speculare è affrontato in sede ‘scientifica’, in quello poi definito il primo trattato di catottrica della storia d’Occidente ('Tim'. 42a6-c2) e, più avanti, in un tentativo di dar spiegazione del sogno ‘sapienziale’ o ‘divinatorio’ come forma della riflessione delle verità apprese dall’anima intellettiva, sita nel cranio, entro l’anima appetitiva, sita invece nel fegato e dotato – come ben si sapeva dalla pratiche mantiche sulle viscere degli animali sacrificati- di una superficie liscia e lucida come quella di uno specchio ('Tim'. 71a-72c). Per la prima trattazione, quella scientifica, occorre far memoria della concezione platonica dell’atto visivo come passaggio fisico dagli oggetti visti, propriamente dal loro colore, costituito di fuoco, alla pupilla, anch’essa composta di fuoco “liscio e lucido”, di piccoli corpi ignei ('flòga'); così in effetti l’atto visivo è spiegato, fisicamente, già da Empedocle e poi nel 'Menone' (76c-d), e, sulla medesima linea, complessificato nello stesso 'Timeo' (45b2-46a1; 67c4-68d2). Del brano descrivente il non semplice fenomeno della visione speculare si tenta, anzitutto, di dare una traduzione coerente, poiché non sempre la complessità del testo ha consentito una resa convincente. In dialogo con la non imponente letteratura sul passo – almeno con quella più recente (Taylor, Cornford, Wuelleumier, Martin, Frontisi-Ducroux) - si tenta, fornita una traduzione il più possibile chiara e coerente, di spiegare di conserva il rispecchiamento: esso è, secondo Platone, possibile poiché il fuoco fluente dalla vista si compone con quello proveniente dal volto riflesso e visto nella specchio a formare un unico corpo compatto; questo poi ‘torna indietro’ verso gli occhi di colui che si specchia, ma ‘rigirando’ 2 volte orizzontalmente (nell’andata e nel ritorno) le direzioni del flusso igneo delle parti riflesse, che appaiono perciò ribaltate anch’esse 2 volte rispetto alla collocazione iniziale. Per questo mentre la destra di chi ci guardi standoci di fronte appare alla nostra sinistra e viceversa, nella visione speculare la nostra stessa destra sta a destra, come frutto appunto di questa doppia torsione dei flussi ignei. La spiegazione, per quanto fantasiosamente fondata su presupposti falsi (il flusso stesso dei 'flòga'), è coerente con la descrizione platonica della fisiologia dell'atto visivo e consente nondimeno già d’intuire alcune di quelle poi codificate come leggi della rifrazione.

'Eidolopoiìa'. Timeo e gli specchi fra scienza e sogno

NAPOLITANO, Linda
2007-01-01

Abstract

Il saggio è ricompreso entro un volume collettaneo su aspetti particolari del 'Timeo' di Platone, curato dalla stessa Autrice, e frutto di una giornata di studi (Università di Trieste, autunno 2006) su alcuni dei non pochi aspetti problematici presenti in questo dialogo platonico (discussant: Bontempi, Cannarsa, Del Forno, Fermani, Fermeglia, Ferrari, Fronterotta, Magris, Migliori, Napolitano, Panno, Rossitto, Scrivani, Vimercati). Questo studio affronta il tema della visione e della riflessione negli specchi, di tradizionale suggestione nella cultura mitica grecoantica (Titani contro Dioniso bambino, Perseo contro la Gorgone) e ripreso più volte da Platone stesso in vari altri contesti (valore gnoseologico minimo ('eikasìa') della visione speculare entro il paragone della linea di 'Repubblica' VI; rispecchiamento fra interlocutori del dialogo ed amanti rispettivamente nell’ 'Alcibiade I' (133a) e nel 'Fedro' (255d); tema, ancora nella 'Repubblica', dell’incantatore che ‘produce’ il mondo ruotando attorno uno specchio (596a-598c). Nel 'Timeo' il tema della riflessione e visione speculare è affrontato in sede ‘scientifica’, in quello poi definito il primo trattato di catottrica della storia d’Occidente ('Tim'. 42a6-c2) e, più avanti, in un tentativo di dar spiegazione del sogno ‘sapienziale’ o ‘divinatorio’ come forma della riflessione delle verità apprese dall’anima intellettiva, sita nel cranio, entro l’anima appetitiva, sita invece nel fegato e dotato – come ben si sapeva dalla pratiche mantiche sulle viscere degli animali sacrificati- di una superficie liscia e lucida come quella di uno specchio ('Tim'. 71a-72c). Per la prima trattazione, quella scientifica, occorre far memoria della concezione platonica dell’atto visivo come passaggio fisico dagli oggetti visti, propriamente dal loro colore, costituito di fuoco, alla pupilla, anch’essa composta di fuoco “liscio e lucido”, di piccoli corpi ignei ('flòga'); così in effetti l’atto visivo è spiegato, fisicamente, già da Empedocle e poi nel 'Menone' (76c-d), e, sulla medesima linea, complessificato nello stesso 'Timeo' (45b2-46a1; 67c4-68d2). Del brano descrivente il non semplice fenomeno della visione speculare si tenta, anzitutto, di dare una traduzione coerente, poiché non sempre la complessità del testo ha consentito una resa convincente. In dialogo con la non imponente letteratura sul passo – almeno con quella più recente (Taylor, Cornford, Wuelleumier, Martin, Frontisi-Ducroux) - si tenta, fornita una traduzione il più possibile chiara e coerente, di spiegare di conserva il rispecchiamento: esso è, secondo Platone, possibile poiché il fuoco fluente dalla vista si compone con quello proveniente dal volto riflesso e visto nella specchio a formare un unico corpo compatto; questo poi ‘torna indietro’ verso gli occhi di colui che si specchia, ma ‘rigirando’ 2 volte orizzontalmente (nell’andata e nel ritorno) le direzioni del flusso igneo delle parti riflesse, che appaiono perciò ribaltate anch’esse 2 volte rispetto alla collocazione iniziale. Per questo mentre la destra di chi ci guardi standoci di fronte appare alla nostra sinistra e viceversa, nella visione speculare la nostra stessa destra sta a destra, come frutto appunto di questa doppia torsione dei flussi ignei. La spiegazione, per quanto fantasiosamente fondata su presupposti falsi (il flusso stesso dei 'flòga'), è coerente con la descrizione platonica della fisiologia dell'atto visivo e consente nondimeno già d’intuire alcune di quelle poi codificate come leggi della rifrazione.
2007
9788834313930
Platone; Timeo; specchi; catottrica; divinazione
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/318132
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