Si parte, nel ‘Menone’ dalla frase finale di Socrate, nella presentazione della reminiscenza e prima del celebre test maieutico con lo schiavo: “cercare ed imparare sono, nel complesso, reminiscenza” (81d4-5). L’imparare è anamnesi se è cercare: ma il cercare stesso pare compromesso dal cosiddetto ‘paradosso di Menone’ (80 d-e), il quale esclude sia che si possa cercare ciò che già si sa – perché non avrebbe senso cercarlo -, sia ciò che non si sa – perché, anche trovatolo, non lo si saprebbe riconoscere. Dunque “se imparare è anamnesi poiché è uno col cercare e se la via euristica per eccellenza in Platone è la dialettica, l’anamnesi, che è ‘màthesis’ e ‘zètesis’, deve avere un legame elettivo e da chiarirsi con la dialettica” (p. 204). La dialettica stessa costituisce un grosso problema da discutere, ma si assume ch’essa sia certamente la pratica socratica dell’interrogare e confutare e, inoltre, la dialettica matura che, dal ‘Fedone’ in poi, diviene anche trattazione delle ipotesi proposte nel dialogo e soprattutto, tramite l’uso positivo del loro opporsi per contraddizione (‘Parmenide’), ricerca e scoperta del vero. Questa dialettica emerge in embrione anche nel ‘Menone’, là dove si ammette che perfino uno schiavo ignaro di questioni come quelle geometriche, possa, se sia appunto interrogato su di esse “spesso e in molti modi”, possa, alla fine, “averne scienza esatta (‘akribôs epistèsetai’) come chiunque altro” (‘Men.’ 85c11-12). Una simile fiducia non può riferirsi (come tradizionalmente si è fatto) solo alla dialettica intesa nel semplice senso socratico della confutazione del falso e necessita delle importanti integrazioni che Platone apporta nei dialoghi maturi a quel metodo, facendone una procedura - come ricordato - anche di scoperta del vero. Altro presupposto è leggere come unico contesto problematico la sezione del ‘Menone’ che va da 80a a 86c: i 4 importanti temi ivi ricompresi, cioè Socrate paragonato alla torpedine marina, dunque la presentazione dello stato di dubbio; il paradosso di Menone o ‘lògos eristikòs’ sulla ricerca; la presentazione della reminiscenza, prima religioso-poetica e poi filosofica; infine il test con lo schiavo che dà prova ‘sperimentale’ della validità della tesi proposta sulla reminiscenza, tutte queste parti andrebbero lette non siongolarmente e ‘microscopicamente’ come finora per lo più si è fatto. Andrebbe invece e con esiti ermeneutici proficui tenuto insieme l’unico contesto teorico di fondo di questa trattazione, quello della ‘possibilità stessa della ricerca’: tema del resto in taglio sia con l’argomento di base del dialogo (l’acquisibilità e insegnabilità della virtù), sia con il ruolo stesso ad esso tradizionalmente ascritto di manifesto programmatico dell’Accademia di Platone.
Anamnesi e dialettica nel 'Menone'
NAPOLITANO, Linda
2007-01-01
Abstract
Si parte, nel ‘Menone’ dalla frase finale di Socrate, nella presentazione della reminiscenza e prima del celebre test maieutico con lo schiavo: “cercare ed imparare sono, nel complesso, reminiscenza” (81d4-5). L’imparare è anamnesi se è cercare: ma il cercare stesso pare compromesso dal cosiddetto ‘paradosso di Menone’ (80 d-e), il quale esclude sia che si possa cercare ciò che già si sa – perché non avrebbe senso cercarlo -, sia ciò che non si sa – perché, anche trovatolo, non lo si saprebbe riconoscere. Dunque “se imparare è anamnesi poiché è uno col cercare e se la via euristica per eccellenza in Platone è la dialettica, l’anamnesi, che è ‘màthesis’ e ‘zètesis’, deve avere un legame elettivo e da chiarirsi con la dialettica” (p. 204). La dialettica stessa costituisce un grosso problema da discutere, ma si assume ch’essa sia certamente la pratica socratica dell’interrogare e confutare e, inoltre, la dialettica matura che, dal ‘Fedone’ in poi, diviene anche trattazione delle ipotesi proposte nel dialogo e soprattutto, tramite l’uso positivo del loro opporsi per contraddizione (‘Parmenide’), ricerca e scoperta del vero. Questa dialettica emerge in embrione anche nel ‘Menone’, là dove si ammette che perfino uno schiavo ignaro di questioni come quelle geometriche, possa, se sia appunto interrogato su di esse “spesso e in molti modi”, possa, alla fine, “averne scienza esatta (‘akribôs epistèsetai’) come chiunque altro” (‘Men.’ 85c11-12). Una simile fiducia non può riferirsi (come tradizionalmente si è fatto) solo alla dialettica intesa nel semplice senso socratico della confutazione del falso e necessita delle importanti integrazioni che Platone apporta nei dialoghi maturi a quel metodo, facendone una procedura - come ricordato - anche di scoperta del vero. Altro presupposto è leggere come unico contesto problematico la sezione del ‘Menone’ che va da 80a a 86c: i 4 importanti temi ivi ricompresi, cioè Socrate paragonato alla torpedine marina, dunque la presentazione dello stato di dubbio; il paradosso di Menone o ‘lògos eristikòs’ sulla ricerca; la presentazione della reminiscenza, prima religioso-poetica e poi filosofica; infine il test con lo schiavo che dà prova ‘sperimentale’ della validità della tesi proposta sulla reminiscenza, tutte queste parti andrebbero lette non siongolarmente e ‘microscopicamente’ come finora per lo più si è fatto. Andrebbe invece e con esiti ermeneutici proficui tenuto insieme l’unico contesto teorico di fondo di questa trattazione, quello della ‘possibilità stessa della ricerca’: tema del resto in taglio sia con l’argomento di base del dialogo (l’acquisibilità e insegnabilità della virtù), sia con il ruolo stesso ad esso tradizionalmente ascritto di manifesto programmatico dell’Accademia di Platone.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.