Cosa ha a che fare la logica con l’esperienza umana? Nulla, è la risposta che più ci si aspetta, poiché la logica è una scienza riguardante esclusivamente le proprietà formali della consistenza e dell’implicazione e dunque interamente a priori, mentre l’esperienza umana è contingente e soggettiva e può essere conosciuta solo a posteriori. Voler a tutti i costi legare le due cose porta con sé la costituzione di una prospettiva non solo impervia, ma anche di cattiva fama: lo psicologismo. Eppure, dal punto di vista della psicologia, la logica è una teoria del tutto legittima, una teoria del ragionamento. A sua volta, il ragionamento non è altro che l’attività di organismi intelligenti e dei loro strumenti, che sono poi le loro facoltà; e arrivo così all’oggetto che ho indicato dal titolo e al ruolo svolto da Christian Wolff nel proporne una considerazione logica. Il periodo coperto da questo contributo va dal 1690, l’anno di nascita, nello Essay concerning Human Understanding, di quella che si suole definire la logica delle facoltà (facultative logic), fino al 1800, l’anno di pubblicazione della kantiana Logik a cura di Gottlob Benjamin Jäsche. Il primo paragrafo parte dalle definizioni, si potrebbe dire “metafisiche”, delle facoltà date da Wolff nella Psychologia empirica e nella Psychologia rationalis, due testi degli anni trenta, il secondo considera Locke e Thomasius come fonti di Wolff, il terzo e il quarto si occupano della “logica” delle facoltà, rispettivamente, nella logica tedesca e nella logica latina; il quinto paragrafo, infine, offre uno sguardo conclusivo sui pensatori dell’illuminismo tedesco più influenzati da Wolff, ovvero Baumgarten, Meier e, appunto, Kant.
La logica di Wolff e la nascita della logica delle facoltà
POZZO, Riccardo
2007-01-01
Abstract
Cosa ha a che fare la logica con l’esperienza umana? Nulla, è la risposta che più ci si aspetta, poiché la logica è una scienza riguardante esclusivamente le proprietà formali della consistenza e dell’implicazione e dunque interamente a priori, mentre l’esperienza umana è contingente e soggettiva e può essere conosciuta solo a posteriori. Voler a tutti i costi legare le due cose porta con sé la costituzione di una prospettiva non solo impervia, ma anche di cattiva fama: lo psicologismo. Eppure, dal punto di vista della psicologia, la logica è una teoria del tutto legittima, una teoria del ragionamento. A sua volta, il ragionamento non è altro che l’attività di organismi intelligenti e dei loro strumenti, che sono poi le loro facoltà; e arrivo così all’oggetto che ho indicato dal titolo e al ruolo svolto da Christian Wolff nel proporne una considerazione logica. Il periodo coperto da questo contributo va dal 1690, l’anno di nascita, nello Essay concerning Human Understanding, di quella che si suole definire la logica delle facoltà (facultative logic), fino al 1800, l’anno di pubblicazione della kantiana Logik a cura di Gottlob Benjamin Jäsche. Il primo paragrafo parte dalle definizioni, si potrebbe dire “metafisiche”, delle facoltà date da Wolff nella Psychologia empirica e nella Psychologia rationalis, due testi degli anni trenta, il secondo considera Locke e Thomasius come fonti di Wolff, il terzo e il quarto si occupano della “logica” delle facoltà, rispettivamente, nella logica tedesca e nella logica latina; il quinto paragrafo, infine, offre uno sguardo conclusivo sui pensatori dell’illuminismo tedesco più influenzati da Wolff, ovvero Baumgarten, Meier e, appunto, Kant.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.