Spinoza è molto popolare tra i filosofi francesi dell’ultimo secolo. Almeno a partire dalla famosa affermazione di Bergson in poi (quella secondo la quale ogni filosofo, per così dire, gioca sempre su due tavoli e concepisce contemporaneamente due filosofie: la propria e quella di Spinoza) oltralpe l’interesse per la speculazione del marrano di Amsterdam è andata incrementando senza sosta, finendo per segnare un vero e proprio picco negli anni immediatamente seguenti il 1968, data della pubblicazione delle due grandi monografie di Gilles Deleuze e di Martial Gueroult. Per questo non ci sarebbe nulla di strano nel fatto che Sartre voglia fare un omaggio spinoziano in un passaggio per altro decisivo della sua opera narrativa maggiore. D’altra parte, anche a scorrere soltanto qualcuno dei volumi che ricostruiscono la fortuna di Spinoza nel XX secolo, ciò che salta agli occhi è che, tra le correnti di pensiero che hanno dominato la filosofia francese, quella che probabilmente non ha contribuito in nessun modo ad arricchire la letteratura critica su Spinoza è stata proprio quella fenomenologica, in cui il giovane Sartre indubbiamente si riconosceva. E questo ci potrebbe far sospettare che il “qualcuno” in questione non sia Spinoza e la “mostarda” di Roquentin non sia la substantia dell’Etica.
La scrittura della sostanza: Sartre, Spinoza e il nouveau roman
TUPPINI, Tommaso
2007-01-01
Abstract
Spinoza è molto popolare tra i filosofi francesi dell’ultimo secolo. Almeno a partire dalla famosa affermazione di Bergson in poi (quella secondo la quale ogni filosofo, per così dire, gioca sempre su due tavoli e concepisce contemporaneamente due filosofie: la propria e quella di Spinoza) oltralpe l’interesse per la speculazione del marrano di Amsterdam è andata incrementando senza sosta, finendo per segnare un vero e proprio picco negli anni immediatamente seguenti il 1968, data della pubblicazione delle due grandi monografie di Gilles Deleuze e di Martial Gueroult. Per questo non ci sarebbe nulla di strano nel fatto che Sartre voglia fare un omaggio spinoziano in un passaggio per altro decisivo della sua opera narrativa maggiore. D’altra parte, anche a scorrere soltanto qualcuno dei volumi che ricostruiscono la fortuna di Spinoza nel XX secolo, ciò che salta agli occhi è che, tra le correnti di pensiero che hanno dominato la filosofia francese, quella che probabilmente non ha contribuito in nessun modo ad arricchire la letteratura critica su Spinoza è stata proprio quella fenomenologica, in cui il giovane Sartre indubbiamente si riconosceva. E questo ci potrebbe far sospettare che il “qualcuno” in questione non sia Spinoza e la “mostarda” di Roquentin non sia la substantia dell’Etica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.