La tutela dell’ambiente, della biodiversità e delle generazioni future è un tema di cruciale importanza nell’attuale contesto politico, giuridico e sociale, che solo con la modifica apportata dalla legge n. 1/2022 ha trovato esplicito riconoscimento costituzionale nell’art. 9, comma 3, Cost. In tale contesto, la risorsa naturale più vitale e al contempo vulnerabile è l’acqua. Le conseguenze del surriscaldamento globale - la prolungata siccità che si protrae dal 2022 nelle regioni nord-occidentali seguita da gravi alluvioni - dimostrano che non si tratta più di un’emergenza temporanea, ma di una condizione permanente di scarsità della risorsa, che genera conflitti sia nella governance sia nella distribuzione e regolazione dei suoi utilizzi. Quanto al primo profilo, per contenere la crisi idrica ad oggi è stato fatto ampio ricorso alle categorie giuridiche dell’“amministrazione dell’emergenza”, di cui il recente d.l. 14 aprile 2023, n. 39 (“Decreto siccità”) è un esempio. Tale modalità non appare una risposta adeguata in una prospettiva di lungo termine, in quanto suscettibile di produrre “esternalità negative” a discapito degli utenti, dovute alla mancata regolazione e al mancato controllo delle amministrazioni territorialmente competenti. Il Pnrr, d’altra parte, ha apportato timidi cambiamenti alla governance del servizio idrico integrato, principalmente finalizzati a superare la frammentarietà delle gestioni autonome comunali e garantire la piena operatività degli Enti di governo d’ambito (Egato), ma senza condurre a un effettivo potenziamento degli stessi. La risposta auspicabile è intervenire a livello strutturale e organizzativo sul servizio idrico integrato: la scarsità della risorsa deve essere regolata attraverso le categorie giuridiche del “diritto dell’acqua”, trasferendo maggiori funzioni alle Autorità di bacino distrettuali e agli Egato, quali soggetti istituzionalmente preposti alla tutela del territorio e delle comunità servite. Il rafforzamento della governance è funzionale non solo alla sostenibilità ambientale del servizio, ma anche alla sua accessibilità, universalità e continuità. La crisi idrica induce a riflettere su un secondo profilo di rilievo: la regolazione e gestione della risorsa a scopo agricolo. Tale uso della risorsa è strutturalmente e giuridicamente indipendente dal pubblico servizio di distribuzione di acqua potabile. Invero, detta attività attinge l’acqua attraverso le concessioni di derivazione da fonti superficiali di cui sono titolari le imprese agricole, o attraverso i consorzi di bonifica. In condizioni ordinarie, l’attività agricola richiede l’utilizzo di una significativa quantità d’acqua, rispetto a volumi idrici molto contenuti e solo in parte soddisfatti dalle reti di distribuzione dell’acqua potabile. Nei periodi di scarsità della risorsa, l’art. 167 del t.u. ambiente stabilisce che venga data priorità, dopo il consumo umano, a quello agricolo. Il diritto dei concessionari si configura come precario, in quanto condizionato dalla compatibilità con l’interesse generale alla distribuzione dell’acqua ad uso personale. Eppure, le conseguenze della scarsità idrica sulla filiera agricola hanno ricadute su tutta la collettività, non solo sui produttori. A fronte di una condizione ormai endemica di siccità, la tutela dell’utilizzo agricolo e irriguo dell’acqua assume la portata di interesse generale da promuovere e tutelare secondo nuovi paradigmi. Si profila quindi necessario, mutando i bisogni della collettività, interrogarsi sulla possibilità di istituire anche la suddetta attività come servizio pubblico e così armonizzare la disciplina sugli usi delle acque.
Organizzazione e gestione sostenibile della risorsa idrica. Profili evolutivi.
V. Padovani
In corso di stampa
Abstract
La tutela dell’ambiente, della biodiversità e delle generazioni future è un tema di cruciale importanza nell’attuale contesto politico, giuridico e sociale, che solo con la modifica apportata dalla legge n. 1/2022 ha trovato esplicito riconoscimento costituzionale nell’art. 9, comma 3, Cost. In tale contesto, la risorsa naturale più vitale e al contempo vulnerabile è l’acqua. Le conseguenze del surriscaldamento globale - la prolungata siccità che si protrae dal 2022 nelle regioni nord-occidentali seguita da gravi alluvioni - dimostrano che non si tratta più di un’emergenza temporanea, ma di una condizione permanente di scarsità della risorsa, che genera conflitti sia nella governance sia nella distribuzione e regolazione dei suoi utilizzi. Quanto al primo profilo, per contenere la crisi idrica ad oggi è stato fatto ampio ricorso alle categorie giuridiche dell’“amministrazione dell’emergenza”, di cui il recente d.l. 14 aprile 2023, n. 39 (“Decreto siccità”) è un esempio. Tale modalità non appare una risposta adeguata in una prospettiva di lungo termine, in quanto suscettibile di produrre “esternalità negative” a discapito degli utenti, dovute alla mancata regolazione e al mancato controllo delle amministrazioni territorialmente competenti. Il Pnrr, d’altra parte, ha apportato timidi cambiamenti alla governance del servizio idrico integrato, principalmente finalizzati a superare la frammentarietà delle gestioni autonome comunali e garantire la piena operatività degli Enti di governo d’ambito (Egato), ma senza condurre a un effettivo potenziamento degli stessi. La risposta auspicabile è intervenire a livello strutturale e organizzativo sul servizio idrico integrato: la scarsità della risorsa deve essere regolata attraverso le categorie giuridiche del “diritto dell’acqua”, trasferendo maggiori funzioni alle Autorità di bacino distrettuali e agli Egato, quali soggetti istituzionalmente preposti alla tutela del territorio e delle comunità servite. Il rafforzamento della governance è funzionale non solo alla sostenibilità ambientale del servizio, ma anche alla sua accessibilità, universalità e continuità. La crisi idrica induce a riflettere su un secondo profilo di rilievo: la regolazione e gestione della risorsa a scopo agricolo. Tale uso della risorsa è strutturalmente e giuridicamente indipendente dal pubblico servizio di distribuzione di acqua potabile. Invero, detta attività attinge l’acqua attraverso le concessioni di derivazione da fonti superficiali di cui sono titolari le imprese agricole, o attraverso i consorzi di bonifica. In condizioni ordinarie, l’attività agricola richiede l’utilizzo di una significativa quantità d’acqua, rispetto a volumi idrici molto contenuti e solo in parte soddisfatti dalle reti di distribuzione dell’acqua potabile. Nei periodi di scarsità della risorsa, l’art. 167 del t.u. ambiente stabilisce che venga data priorità, dopo il consumo umano, a quello agricolo. Il diritto dei concessionari si configura come precario, in quanto condizionato dalla compatibilità con l’interesse generale alla distribuzione dell’acqua ad uso personale. Eppure, le conseguenze della scarsità idrica sulla filiera agricola hanno ricadute su tutta la collettività, non solo sui produttori. A fronte di una condizione ormai endemica di siccità, la tutela dell’utilizzo agricolo e irriguo dell’acqua assume la portata di interesse generale da promuovere e tutelare secondo nuovi paradigmi. Si profila quindi necessario, mutando i bisogni della collettività, interrogarsi sulla possibilità di istituire anche la suddetta attività come servizio pubblico e così armonizzare la disciplina sugli usi delle acque.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.