Nella giurisprudenza di legittimità, la pronuncia in commento è una delle prime ad occuparsi nello specifico della reversione degli utili, rimedio introdotto nell’ordinamento italiano dal d.lgs. n. 140/2006 in attuazione della direttiva 2004/48/CE. La Corte di Cassazione chiarisce che si tratta di uno strumento con funzione restitutoria, autonomo dal risarcimento del danno tradizionalmente inteso, nonostante, nel settore della proprietà intellettuale, il profitto del danneggiante costituisca anche un parametro di quantificazione del pregiudizio (art. 125, comma 1, cod. propr. ind. e art. 158, comma 2, l. dir. aut.). Non occorre dunque accertare la sussistenza di un danno, né è richiesta la colpevolezza dell’autore della violazione. Poiché anche il contraffattore incolpevole può essere condannato alla reversione degli utili, la misura non ha nemmeno carattere punitivo. Tuttavia, considerato il notevole potere deterrente della misura, sorge il quesito se l’elemento soggettivo abbia un ruolo nell’individuazione dell’utile da restituire, in particolare nel momento di selezione dei costi che possono essere scomputati. Infine, la differente scelta adottata nella disciplina del diritto d’autore, dove il profitto del danneggiante è considerato solo nella quantificazione del danno, induce a interrogarsi sulle attuali potenzialità applicative della reversione degli utili al di fuori della proprietà industriale, mediante la sua applicazione analogica.
I fondamentali della reversione degli utili nel canone della Corte di legittimità
Gatti, Stefano
2022-01-01
Abstract
Nella giurisprudenza di legittimità, la pronuncia in commento è una delle prime ad occuparsi nello specifico della reversione degli utili, rimedio introdotto nell’ordinamento italiano dal d.lgs. n. 140/2006 in attuazione della direttiva 2004/48/CE. La Corte di Cassazione chiarisce che si tratta di uno strumento con funzione restitutoria, autonomo dal risarcimento del danno tradizionalmente inteso, nonostante, nel settore della proprietà intellettuale, il profitto del danneggiante costituisca anche un parametro di quantificazione del pregiudizio (art. 125, comma 1, cod. propr. ind. e art. 158, comma 2, l. dir. aut.). Non occorre dunque accertare la sussistenza di un danno, né è richiesta la colpevolezza dell’autore della violazione. Poiché anche il contraffattore incolpevole può essere condannato alla reversione degli utili, la misura non ha nemmeno carattere punitivo. Tuttavia, considerato il notevole potere deterrente della misura, sorge il quesito se l’elemento soggettivo abbia un ruolo nell’individuazione dell’utile da restituire, in particolare nel momento di selezione dei costi che possono essere scomputati. Infine, la differente scelta adottata nella disciplina del diritto d’autore, dove il profitto del danneggiante è considerato solo nella quantificazione del danno, induce a interrogarsi sulle attuali potenzialità applicative della reversione degli utili al di fuori della proprietà industriale, mediante la sua applicazione analogica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.