“Sedurre significa incarnare, agli occhi dell’altro, la sua attesa, e questo, nella seduzione intenzionale, implica fatalmente un travestimento” (G. Pontiggia, Il giardino delle Esperidi). Lo sa bene Don Giovanni, il re dei seduttori, l’uomo a cui nessuno può resistere. Diversamente dagli altri Don Giovanni conosce infatti la natura del desiderio e sa mutare per coglierlo. Egli ha compreso che il fascino è un gioco di specchi per cui è sempre una maschera quella che usiamo per sedurre ed è sempre una maschera che ci seduce. Che ne è però di Don Giovanni, quando si cava la maschera? Cosa resta del seduttore quando la sera tornando a casa depone le armi e smette di essere un travestito? Non ne resterà forse che un uomo? Ma è davvero un uomo ciò che resta quando questi depone la maschera, non è la mascolinità stessa una maschera? E allora che cos’è un uomo? Un’entità biologica, una verità culturale? Entrambe le cose insieme? O è forse semplicemente l’universale neutro col quale il pensiero occidentale ha poderosamente distrutto le differenze? Rispondere a queste domande significa innanzitutto e soprattutto assumere una postura politica nei confronti della tradizione, significa cioè assumere su di sé l’onere e l’onore della differenza. Quest’impresa nata con le donne e grazie alle donne, ha poi trovato uno sbocco naturale nella Queer Theory, che ha saputo muovere dalla differenza sessuale alla differenza in quanto tale. In questo movimento la questione maschile sembra essere rimasta impensata. Ma perché è proprio la mascolinità ad essere stata trascurata? Perché il maschio non ha sentito il bisogno di affermare la propria differenza? Davvero l’universale neutro del pensiero occidentale combacia così perfettamente con l’universo maschile da rendere trascurabile una riflessione dell’uomo su di sé, dell’uomo sul suo essere, appunto, un uomo?
Il divenire molteplice della differenza
andrea nicolini
2015-01-01
Abstract
“Sedurre significa incarnare, agli occhi dell’altro, la sua attesa, e questo, nella seduzione intenzionale, implica fatalmente un travestimento” (G. Pontiggia, Il giardino delle Esperidi). Lo sa bene Don Giovanni, il re dei seduttori, l’uomo a cui nessuno può resistere. Diversamente dagli altri Don Giovanni conosce infatti la natura del desiderio e sa mutare per coglierlo. Egli ha compreso che il fascino è un gioco di specchi per cui è sempre una maschera quella che usiamo per sedurre ed è sempre una maschera che ci seduce. Che ne è però di Don Giovanni, quando si cava la maschera? Cosa resta del seduttore quando la sera tornando a casa depone le armi e smette di essere un travestito? Non ne resterà forse che un uomo? Ma è davvero un uomo ciò che resta quando questi depone la maschera, non è la mascolinità stessa una maschera? E allora che cos’è un uomo? Un’entità biologica, una verità culturale? Entrambe le cose insieme? O è forse semplicemente l’universale neutro col quale il pensiero occidentale ha poderosamente distrutto le differenze? Rispondere a queste domande significa innanzitutto e soprattutto assumere una postura politica nei confronti della tradizione, significa cioè assumere su di sé l’onere e l’onore della differenza. Quest’impresa nata con le donne e grazie alle donne, ha poi trovato uno sbocco naturale nella Queer Theory, che ha saputo muovere dalla differenza sessuale alla differenza in quanto tale. In questo movimento la questione maschile sembra essere rimasta impensata. Ma perché è proprio la mascolinità ad essere stata trascurata? Perché il maschio non ha sentito il bisogno di affermare la propria differenza? Davvero l’universale neutro del pensiero occidentale combacia così perfettamente con l’universo maschile da rendere trascurabile una riflessione dell’uomo su di sé, dell’uomo sul suo essere, appunto, un uomo?File | Dimensione | Formato | |
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