La Corte di Cassazione si confronta per la prima volta con gli aspetti civilistici della procreazione medicalmente assistita post mortem, ovverosia realizzata dalla donna dopo il decesso del partner. Dopo avere evidenziato l’ininfluenza dell’illiceità (in Italia) della pratica sulla ricostruzione dello status filiationis del nato, la Corte stabilisce che la questione dev’essere risolta sulla scorta della disciplina speciale in materia, contenuta nella l. n. 40/2004, piuttosto che facendo ricorso alle tradizionali previsioni codicistiche in materia di filiazione, con il risultato di attribuire senz’altro al soggetto in questione, laddove la donna fosse coniugata con l’uomo che ha messo a disposizione il proprio materiale genetico per la fecondazione post mortem, lo stato di figlio nato nel matrimonio della coppia.
La condizione giuridica del soggetto nato da procreazione assistita post mortem
Mirko FACCIOLI
2019-01-01
Abstract
La Corte di Cassazione si confronta per la prima volta con gli aspetti civilistici della procreazione medicalmente assistita post mortem, ovverosia realizzata dalla donna dopo il decesso del partner. Dopo avere evidenziato l’ininfluenza dell’illiceità (in Italia) della pratica sulla ricostruzione dello status filiationis del nato, la Corte stabilisce che la questione dev’essere risolta sulla scorta della disciplina speciale in materia, contenuta nella l. n. 40/2004, piuttosto che facendo ricorso alle tradizionali previsioni codicistiche in materia di filiazione, con il risultato di attribuire senz’altro al soggetto in questione, laddove la donna fosse coniugata con l’uomo che ha messo a disposizione il proprio materiale genetico per la fecondazione post mortem, lo stato di figlio nato nel matrimonio della coppia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.