The Italian Constitution recognizes the right of citizens to assemble, and therefore to enlist in political parties taking part in democracy (art. 49). It also stipulates that categories such as magistrates are limited by law in their right to enlist in political parties (art. 98, comma 3). The first part of this essay deals with the constitutional act introducing such limitations and with Legislative Decree n. 109/2006 art. 3 h), which penalises by disciplinary regulations any participation of the magistrates to political parties. The second part of this essay deals with two Constitutional Court judgements (n. 224/2009 and n. 170/2018), which declared to be unfounded the challenge to constitutional legitimacy of Legislative Decree n. 109/2006 art. 3 h), on the ground that there is a constitutional need to avoid even the appearance of partiality. Finally, the essay looks at the marginal role of magistrates in political parties, which are currently going through a major crisis. Of far more vital importance is their independence and impartiality, which could be undermined by other factors, in particular by interests related to the management of power.

La Costituzione italiana riconosce a tutti i cittadini il diritto di associarsi, e quindi di iscriversi, ai partiti politici per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale (art. 49), ma prevede che, per alcune categorie di cittadini, tra cui i magistrati, possano con legge essere stabilite delle limitazioni all’esercizio del diritto di iscrizione ai partiti (art. 98, comma 3). Nella prima parte il saggio si occupa della norma costituzionale che consente di introdurre dette limitazioni e, poi, dell’art. 3 lett. h) del decreto legislativo n. 109/2006, che configura l’iscrizione (e la partecipazione) dei magistrati ai partiti politici come illecito disciplinare. Nella seconda parte il saggio parla delle sentenze della Corte costituzionale (la n. 224/2009 e la n. 170/2018) che hanno respinto le questioni di legittimità costituzionale riguardanti l’art. 3 lett. h) del decreto legislativo n. 109/2006, con la motivazione che vi è un’esigenza costituzionale di tutela dell’imparzialità della magistratura, anche sotto il profilo dell’apparenza. Il saggio si conclude osservando che il fenomeno dell’iscrizione dei magistrati ai partiti, che attraversano una fase di profonda crisi, è oggi pressoché inesistente, mentre occorrerebbe prestare più attenzione ai pericoli reali per l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura, che possono derivare da altri fattori e, in particolare, dagli interessi connessi alla gestione del potere.

Magistrati e iscrizione ai partiti politici

FERRI GIAMPIETRO
2018-01-01

Abstract

The Italian Constitution recognizes the right of citizens to assemble, and therefore to enlist in political parties taking part in democracy (art. 49). It also stipulates that categories such as magistrates are limited by law in their right to enlist in political parties (art. 98, comma 3). The first part of this essay deals with the constitutional act introducing such limitations and with Legislative Decree n. 109/2006 art. 3 h), which penalises by disciplinary regulations any participation of the magistrates to political parties. The second part of this essay deals with two Constitutional Court judgements (n. 224/2009 and n. 170/2018), which declared to be unfounded the challenge to constitutional legitimacy of Legislative Decree n. 109/2006 art. 3 h), on the ground that there is a constitutional need to avoid even the appearance of partiality. Finally, the essay looks at the marginal role of magistrates in political parties, which are currently going through a major crisis. Of far more vital importance is their independence and impartiality, which could be undermined by other factors, in particular by interests related to the management of power.
2018
Magistrates, party application, professional misconduct, independence, impartiality
Magistrati, partiti politici, iscrizione, indipendenza, imparzialità
La Costituzione italiana riconosce a tutti i cittadini il diritto di associarsi, e quindi di iscriversi, ai partiti politici per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale (art. 49), ma prevede che, per alcune categorie di cittadini, tra cui i magistrati, possano con legge essere stabilite delle limitazioni all’esercizio del diritto di iscrizione ai partiti (art. 98, comma 3). Nella prima parte il saggio si occupa della norma costituzionale che consente di introdurre dette limitazioni e, poi, dell’art. 3 lett. h) del decreto legislativo n. 109/2006, che configura l’iscrizione (e la partecipazione) dei magistrati ai partiti politici come illecito disciplinare. Nella seconda parte il saggio parla delle sentenze della Corte costituzionale (la n. 224/2009 e la n. 170/2018) che hanno respinto le questioni di legittimità costituzionale riguardanti l’art. 3 lett. h) del decreto legislativo n. 109/2006, con la motivazione che vi è un’esigenza costituzionale di tutela dell’imparzialità della magistratura, anche sotto il profilo dell’apparenza. Il saggio si conclude osservando che il fenomeno dell’iscrizione dei magistrati ai partiti, che attraversano una fase di profonda crisi, è oggi pressoché inesistente, mentre occorrerebbe prestare più attenzione ai pericoli reali per l’indipendenza e l’imparzialità della magistratura, che possono derivare da altri fattori e, in particolare, dagli interessi connessi alla gestione del potere.
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