Prefazione Riccardo Pozzo «Il concetto, l’organizzazione e il funzionamento dei musei sono categorie completamente da innovare per rispondere adeguatamente all’attuale domanda sociale di fruizione delle risorse culturali» . Così recita la descrizione del quinto sottoprogetto, «Museologia e museografia», del Progetto Finalizzato CNR per i Beni Culturali approvato dal CIPE il 28 giugno 1995 con un finanziamemtno di 115 miliardi di lire per il quinquennio 1996-2000. Non a caso, dunque, il presente volume curato da Marco Realini nasce nel quadro della collaborazione strategica tra il CNR e il Laboratorio Museotecnico Goppion Spa, siglata dall’accordo di ricerca congiunta del 14 ottobre 2013 per l’analisi dei rischi connessi alla conservazione del patrimonio in ambiente espositivo. Ogni contributo dà conto dello stato dell’arte, nella convinzione che il corretto progetto di una vetrina da museo debba partire dai dati scientifici che assicurano la conservazione del patrimonio stesso. «Innovazione sociale e culturale» è un sintagma divenuto di uso corrente negli ultimi anni per via del nome scelto dallo European Strategy Forum Research Infrastructures per il gruppo di lavoro che si occupa delle infrastrutture per le scienze umane e sociali . In sé e per sé, l’innovazione significa creazione di nuovi prodotti e servizi che portano sul mercato una nuova idea. Oggi si è d’accordo che la ricerca di base sia sì curiosity driven, ma abbia al contempo un impatto traslazionale, poiché è il trasferimento di conoscenze a rendere possibile l’innovazione, che è product driven, in quanto genera nuovi prodotti e linee di produzione. L’innovazione è competenza dei consigli delle ricerche di tutto il mondo, che sono assai diversi dalle università e dalle accademie, che risalgono rispettivamente al Medioevo e le accademie al Rinascimento. Le università hanno come missione l’insegnamento e i professori sono però liberi di insegnare e fare ricerca su cosa piace loro di più; mentre le accademie furono istituite dai re che volevano che degli scienziati vivessero a corte averli per avere risposte su questioni di loro, dei re, interesse. I consigli delle ricerche, invece, furono istituiti attorno alla prima guerra mondiale per ottenere risultati di rilevanza strategica per i loro paesi. Le scienze umane e sociali si studiano al CNR da poco più di mezzo secolo, dalla riforma degli enti di ricerca firmata dal romanista Riccardo Orestano, Decreto Legge 2 marzo 1963, n. 283. Da quel momento il CNR ha reso possibile una travolgente evoluzione del contesto scientifico delle scienze umane e sociali, che ha messo capo a importanti scoperte tecnologiche, un esempio per tutti sono le biblioteche digitali, che al CNR sono attive dal 1964, e ad altrettanto importanti applicazioni industriali, e qui l’esempio da fare riguarda l’evoluzione delle tecniche di restauro degli artefatti con la quale il CNR permise al paese di reagire con efficacia ai disastri provocati al patrimonio culturale dall’alluvione di Firenze del 1966. È il caso di ricordare che il CNR nel 1971, con il Professor Sabatino Moscati, fece partire il progetto finalizzato ai beni culturali e che da allora noi al CNR abbiamo prestato un appoggio e una passione a 360 gradi sulla questione dei beni culturali. Importa sottolineare che al centro di queste ricerche è stato l’oggetto sociale, materiale o immateriale, ma sempre posto da una persona, cosa che richiede oggi un ripensamento rispetto agli sviluppi della tecnologia. Non si tratta di verificare se le macchine funzionino, si tratta di vedere invece quali siano le domande che l’essere umano pone nel suo cammino sulla via humanitatis. La conoscenza, la conservazione e la fruizione del patrimonio non solo sono funzionali alle politiche d’integrazione, ma promuovono anche la crescita culturale, economica e sociale. Si pensi alla conoscenza e alla conservazione di contesti culturali e di artefatti, all’archeologia post-bellica, alla realtà virtuale e alla museografia sostenibile , l’impatto delle quali dà come risultati: a) rendere il patrimonio culturale lo strumento per azioni di diplomazia scientifica e culturale; b) proteggere e promuovere la diversità culturale; c) documentare, conservare, monitorare, fruire il patrimonio, e infine e) proteggerlo da minacce ambientale e antropiche nel Medio Oriente e nel Nord Africa. La Milan Declaration on Culture as an Instrument of Dialogue among Peoples adottata all’unanimità dai ministri della cultura di ottanta paesi a conclusione della conferenza internazionale del 31 luglio-4 agosto 2015 organizzata dal MiBACT in Expo2015 a Milano afferma che: «Cultural Heritage is the mirror of history, civilization and of the society, which is expected to protect it. Cultural Heritage, both tangible and intangible, is also the essence of identity, the memory of peoples and their past and present civilizations. It expresses, at the same time, universally recognized values of tolerance, dialogue, and mutual understanding…the work of man and his extraordinary talent must be protected and preserved for the benefit of future generations» . A Bruxelles, l’approccio strategico alla diplomazia culturale ha fatto valere la diversità culturale come parte integrante dei valori dell’Unione Europea. La Joint Communication to the European Parliament and the Council: Towards an EU Strategy for International Cultural Relations (8 giugno 2016) dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza indica i seguenti cinque principi guida: «(a) Promote cultural diversity and respect for human rights. (b) Foster mutual respect and intercultural dialogue. (c) Ensure respect for complementarity and subsidiarity. (d) Encourage a cross-cutting approach to culture. (e) Promote culture through existing frameworks for cooperation» . L’attuale crisi dei migranti e dei rifugiati ha chiarito con terrificante efficacia quanto sia urgente per le amministrazioni locali, regionali, nazionali e internazionali metter mano a politiche di innovazione sociale e culturale a vantaggio dei nuovi cittadini, per accoglierli con piena dignità. La grande sfida è il passaggio dalla data science alle data humanities. L’Unione Europea ha riconosciuto la necessitò di fornire strutture avanzate per ricerca di frontiera sull’innovazione sociale e culturale. L’obiettivo principale è considerare gli aspetti scientifici e tecnologici del settore, offrendo soluzioni innovative alle sfide sociali del nuovo millennio. Di fatto, peraltro, anche i ricercatori delle scienze umane e sociali sono confrontati ogni giorno con masse enormi di dati e con una crescente complessità in contesti altamente interdisciplinari. Pensiamo a tecnologie abilitanti quali: «NFC-Near Field Communication; CRM-Content Rights Management; contents-aware networks (fruition and enjoyment); low-latency networks (warning and security); and huge-bandwidth networks (augmented reality)». L’obiettivo del volume curato da Marco Realini è mettere a disposizione di lettori, esperti, e tecnici soluzioni top-rate per museografia sostenibile e sistemi espositivi avanzati. Al momento, sei infrastrutture di ricerca per «Social and Cultural Innovation» sono pronte e funzionanti e tra queste, E-RIHS (European Research Infrastructure for Heritage Science), che crea sinergie per un approccio multidisciplinare all’interpretazione, conservazione, documentazione e management del patrimonio culturale . Il volume è un contributo di sostanza e qualità per la realizzazione del grande progetto italiano di guidare la ricerca europea per la scienza del patrimonio culturale.

Prefazione a Marco Realini (a cura di), La scienza delle vetrine: Analisi dei rischi della conservazione (Roma: CNR Press, 2016)

POZZO, Riccardo
2016-01-01

Abstract

Prefazione Riccardo Pozzo «Il concetto, l’organizzazione e il funzionamento dei musei sono categorie completamente da innovare per rispondere adeguatamente all’attuale domanda sociale di fruizione delle risorse culturali» . Così recita la descrizione del quinto sottoprogetto, «Museologia e museografia», del Progetto Finalizzato CNR per i Beni Culturali approvato dal CIPE il 28 giugno 1995 con un finanziamemtno di 115 miliardi di lire per il quinquennio 1996-2000. Non a caso, dunque, il presente volume curato da Marco Realini nasce nel quadro della collaborazione strategica tra il CNR e il Laboratorio Museotecnico Goppion Spa, siglata dall’accordo di ricerca congiunta del 14 ottobre 2013 per l’analisi dei rischi connessi alla conservazione del patrimonio in ambiente espositivo. Ogni contributo dà conto dello stato dell’arte, nella convinzione che il corretto progetto di una vetrina da museo debba partire dai dati scientifici che assicurano la conservazione del patrimonio stesso. «Innovazione sociale e culturale» è un sintagma divenuto di uso corrente negli ultimi anni per via del nome scelto dallo European Strategy Forum Research Infrastructures per il gruppo di lavoro che si occupa delle infrastrutture per le scienze umane e sociali . In sé e per sé, l’innovazione significa creazione di nuovi prodotti e servizi che portano sul mercato una nuova idea. Oggi si è d’accordo che la ricerca di base sia sì curiosity driven, ma abbia al contempo un impatto traslazionale, poiché è il trasferimento di conoscenze a rendere possibile l’innovazione, che è product driven, in quanto genera nuovi prodotti e linee di produzione. L’innovazione è competenza dei consigli delle ricerche di tutto il mondo, che sono assai diversi dalle università e dalle accademie, che risalgono rispettivamente al Medioevo e le accademie al Rinascimento. Le università hanno come missione l’insegnamento e i professori sono però liberi di insegnare e fare ricerca su cosa piace loro di più; mentre le accademie furono istituite dai re che volevano che degli scienziati vivessero a corte averli per avere risposte su questioni di loro, dei re, interesse. I consigli delle ricerche, invece, furono istituiti attorno alla prima guerra mondiale per ottenere risultati di rilevanza strategica per i loro paesi. Le scienze umane e sociali si studiano al CNR da poco più di mezzo secolo, dalla riforma degli enti di ricerca firmata dal romanista Riccardo Orestano, Decreto Legge 2 marzo 1963, n. 283. Da quel momento il CNR ha reso possibile una travolgente evoluzione del contesto scientifico delle scienze umane e sociali, che ha messo capo a importanti scoperte tecnologiche, un esempio per tutti sono le biblioteche digitali, che al CNR sono attive dal 1964, e ad altrettanto importanti applicazioni industriali, e qui l’esempio da fare riguarda l’evoluzione delle tecniche di restauro degli artefatti con la quale il CNR permise al paese di reagire con efficacia ai disastri provocati al patrimonio culturale dall’alluvione di Firenze del 1966. È il caso di ricordare che il CNR nel 1971, con il Professor Sabatino Moscati, fece partire il progetto finalizzato ai beni culturali e che da allora noi al CNR abbiamo prestato un appoggio e una passione a 360 gradi sulla questione dei beni culturali. Importa sottolineare che al centro di queste ricerche è stato l’oggetto sociale, materiale o immateriale, ma sempre posto da una persona, cosa che richiede oggi un ripensamento rispetto agli sviluppi della tecnologia. Non si tratta di verificare se le macchine funzionino, si tratta di vedere invece quali siano le domande che l’essere umano pone nel suo cammino sulla via humanitatis. La conoscenza, la conservazione e la fruizione del patrimonio non solo sono funzionali alle politiche d’integrazione, ma promuovono anche la crescita culturale, economica e sociale. Si pensi alla conoscenza e alla conservazione di contesti culturali e di artefatti, all’archeologia post-bellica, alla realtà virtuale e alla museografia sostenibile , l’impatto delle quali dà come risultati: a) rendere il patrimonio culturale lo strumento per azioni di diplomazia scientifica e culturale; b) proteggere e promuovere la diversità culturale; c) documentare, conservare, monitorare, fruire il patrimonio, e infine e) proteggerlo da minacce ambientale e antropiche nel Medio Oriente e nel Nord Africa. La Milan Declaration on Culture as an Instrument of Dialogue among Peoples adottata all’unanimità dai ministri della cultura di ottanta paesi a conclusione della conferenza internazionale del 31 luglio-4 agosto 2015 organizzata dal MiBACT in Expo2015 a Milano afferma che: «Cultural Heritage is the mirror of history, civilization and of the society, which is expected to protect it. Cultural Heritage, both tangible and intangible, is also the essence of identity, the memory of peoples and their past and present civilizations. It expresses, at the same time, universally recognized values of tolerance, dialogue, and mutual understanding…the work of man and his extraordinary talent must be protected and preserved for the benefit of future generations» . A Bruxelles, l’approccio strategico alla diplomazia culturale ha fatto valere la diversità culturale come parte integrante dei valori dell’Unione Europea. La Joint Communication to the European Parliament and the Council: Towards an EU Strategy for International Cultural Relations (8 giugno 2016) dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza indica i seguenti cinque principi guida: «(a) Promote cultural diversity and respect for human rights. (b) Foster mutual respect and intercultural dialogue. (c) Ensure respect for complementarity and subsidiarity. (d) Encourage a cross-cutting approach to culture. (e) Promote culture through existing frameworks for cooperation» . L’attuale crisi dei migranti e dei rifugiati ha chiarito con terrificante efficacia quanto sia urgente per le amministrazioni locali, regionali, nazionali e internazionali metter mano a politiche di innovazione sociale e culturale a vantaggio dei nuovi cittadini, per accoglierli con piena dignità. La grande sfida è il passaggio dalla data science alle data humanities. L’Unione Europea ha riconosciuto la necessitò di fornire strutture avanzate per ricerca di frontiera sull’innovazione sociale e culturale. L’obiettivo principale è considerare gli aspetti scientifici e tecnologici del settore, offrendo soluzioni innovative alle sfide sociali del nuovo millennio. Di fatto, peraltro, anche i ricercatori delle scienze umane e sociali sono confrontati ogni giorno con masse enormi di dati e con una crescente complessità in contesti altamente interdisciplinari. Pensiamo a tecnologie abilitanti quali: «NFC-Near Field Communication; CRM-Content Rights Management; contents-aware networks (fruition and enjoyment); low-latency networks (warning and security); and huge-bandwidth networks (augmented reality)». L’obiettivo del volume curato da Marco Realini è mettere a disposizione di lettori, esperti, e tecnici soluzioni top-rate per museografia sostenibile e sistemi espositivi avanzati. Al momento, sei infrastrutture di ricerca per «Social and Cultural Innovation» sono pronte e funzionanti e tra queste, E-RIHS (European Research Infrastructure for Heritage Science), che crea sinergie per un approccio multidisciplinare all’interpretazione, conservazione, documentazione e management del patrimonio culturale . Il volume è un contributo di sostanza e qualità per la realizzazione del grande progetto italiano di guidare la ricerca europea per la scienza del patrimonio culturale.
2016
9788880802174
Museologia
Goppion Spa
Museografia
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
volume musei.pdf

accesso aperto

Descrizione: Prefazione Scienza delle vetrine
Tipologia: Documento in Post-print
Licenza: Dominio pubblico
Dimensione 10.11 MB
Formato Adobe PDF
10.11 MB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/954080
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact