La crisi che, sotto diverse forme, sta caratterizzando il sistema finanziario dei paesi sviluppati dall'agosto 2007 ha, fra l'altro, causato istanze di ripensamento sui modelli di intermediazione bancaria adottati fino allo scoppio della crisi (originate to distribute, coesistenza di investment e commercial banking, creazione di intermediari di dimensioni sempre maggiori per cogliere i benefici delle economie di scala presenti nell'attività di intermediazione).Il presente lavoro si pone l'obiettivo di verificare se, fra le banche quotate europee, si riscontrino economie di scala e se queste siano presenti anche nelle classi dimensionali maggiori e nei periodi temporali più recenti. Se si vuole portare un contributo utile alla discussione circa i costi e i rischi che le asserite eccessive dimensioni delle banche pongono al sistema finanziario occorre fornire elementi di giudizio sulla presenza di economie di costo dipendenti dalla dimensione e sulla loro entità. Ove tali economie fossero provate e di dimensione cospicua, occorrerebbe peraltro valutare se i costi correlati all’esistenza di banche di grandi dimensioni (che secondo la visione too big to fail sono sia espliciti – in termini di risorse impiegate nei salvataggi – che impliciti – in termini di distorsione degli incentivi all'assunzione di rischio) fossero superiori rispetto ai benefici di scala conseguiti con la grande dimensione. Infine, si analizza se il rimedio consistente nel porre un limite alla dimensione (tale da renderla compatibile con l'eventuale fallimento) non possa essere meno desiderabile di altri rimedi che non interferiscano con la crescita dimensionale (es. requisiti di capitalizzazione contingenti, aumento del premio di assicurazione dei depositi ecc.).
Economie o diseconomie di scala: le banche europee sono troppo grandi?
BORELLO, GIULIANA;
2012-01-01
Abstract
La crisi che, sotto diverse forme, sta caratterizzando il sistema finanziario dei paesi sviluppati dall'agosto 2007 ha, fra l'altro, causato istanze di ripensamento sui modelli di intermediazione bancaria adottati fino allo scoppio della crisi (originate to distribute, coesistenza di investment e commercial banking, creazione di intermediari di dimensioni sempre maggiori per cogliere i benefici delle economie di scala presenti nell'attività di intermediazione).Il presente lavoro si pone l'obiettivo di verificare se, fra le banche quotate europee, si riscontrino economie di scala e se queste siano presenti anche nelle classi dimensionali maggiori e nei periodi temporali più recenti. Se si vuole portare un contributo utile alla discussione circa i costi e i rischi che le asserite eccessive dimensioni delle banche pongono al sistema finanziario occorre fornire elementi di giudizio sulla presenza di economie di costo dipendenti dalla dimensione e sulla loro entità. Ove tali economie fossero provate e di dimensione cospicua, occorrerebbe peraltro valutare se i costi correlati all’esistenza di banche di grandi dimensioni (che secondo la visione too big to fail sono sia espliciti – in termini di risorse impiegate nei salvataggi – che impliciti – in termini di distorsione degli incentivi all'assunzione di rischio) fossero superiori rispetto ai benefici di scala conseguiti con la grande dimensione. Infine, si analizza se il rimedio consistente nel porre un limite alla dimensione (tale da renderla compatibile con l'eventuale fallimento) non possa essere meno desiderabile di altri rimedi che non interferiscano con la crescita dimensionale (es. requisiti di capitalizzazione contingenti, aumento del premio di assicurazione dei depositi ecc.).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.