La vita religiosa in Occidente sta perdendo la sua centralità anche dal punto di vista sociale. Molti pensano, infatti, che non sia necessario essere credenti per vivere una vita compiuta e ricca di senso; una conseguenza di ciò può essere che la religione ha perso di interesse anche per la pedagogia, che negli ultimi decenni si è concentrata su altri temi, più di carattere contenutistico e metodologico. Il problema di fondo che tale situazione presenta può essere interpretato ricercandone due cause: è la religione in quanto tale che non ha più valore, oppure la crisi religiosa esiste perché riguarda non tanto i contenuti religiosi ma la consapevolezza della presenza di una grande distanza tra vita umana odierna, in particolare quella dell’adulto, ed esperienza religiosa? Se la risposta alla prima interpretazione della crisi religiosa odierna fosse che la religione non è senza senso, ma continua ad essere parte costitutiva della vita umana, essa sarebbe fondamentale anche per la riflessione pedagogica; tuttavia rimarrebbe comunque non risolto il problema posto dalla seconda interpretazione; forse è su questo secondo punto che la pedagogia può dare il suo contributo importante e per certi aspetti decisivo. Il contributo pedagogico può essere in primo luogo di carattere metodologico, perché riguarda l’individuazione del modo più adatto per “stare” nella distanza tra vita umana ed esperienza religiosa, non essendo tale distanza mai pienamente superabile o colmabile. Oggi non sembra proponibile metodologicamente un modello di pensiero che parta dai principi generali (cioè dai fondamenti teologici della religione) per far derivare da questi le ragioni per vivere la religione nella vita concreta; più vicino alla sensibilità culturale e all’esperienza individuale del nostro tempo sembra essere un paradigma di pensiero che parte dall’esperienza quotidiana dell’adulto e riconosca in essa le tracce esistenziali, quindi pienamente comprensibili anche dall’adulto non credente, della dimensione spirituale e di quella religiosa. La vita degli adulti, tra le altre fasi della vita umana, forse rappresenta quella più favorevole per questo riconoscimento. Ci sono, infatti, nella vita di ogni adulto, delle esperienze concrete, come i “passaggi di vita” o le “fasi apicali”, che, se fatte oggetto di riflessione attenta, possono rappresentare per gli adulti una “via educativa” all’esperienza religiosa proprio perché parte della loro esperienza esistenziale.

La dimensione religiosa nel corso della vita adulta: implicazioni pedagogiche

LORO, Daniele
2015-01-01

Abstract

La vita religiosa in Occidente sta perdendo la sua centralità anche dal punto di vista sociale. Molti pensano, infatti, che non sia necessario essere credenti per vivere una vita compiuta e ricca di senso; una conseguenza di ciò può essere che la religione ha perso di interesse anche per la pedagogia, che negli ultimi decenni si è concentrata su altri temi, più di carattere contenutistico e metodologico. Il problema di fondo che tale situazione presenta può essere interpretato ricercandone due cause: è la religione in quanto tale che non ha più valore, oppure la crisi religiosa esiste perché riguarda non tanto i contenuti religiosi ma la consapevolezza della presenza di una grande distanza tra vita umana odierna, in particolare quella dell’adulto, ed esperienza religiosa? Se la risposta alla prima interpretazione della crisi religiosa odierna fosse che la religione non è senza senso, ma continua ad essere parte costitutiva della vita umana, essa sarebbe fondamentale anche per la riflessione pedagogica; tuttavia rimarrebbe comunque non risolto il problema posto dalla seconda interpretazione; forse è su questo secondo punto che la pedagogia può dare il suo contributo importante e per certi aspetti decisivo. Il contributo pedagogico può essere in primo luogo di carattere metodologico, perché riguarda l’individuazione del modo più adatto per “stare” nella distanza tra vita umana ed esperienza religiosa, non essendo tale distanza mai pienamente superabile o colmabile. Oggi non sembra proponibile metodologicamente un modello di pensiero che parta dai principi generali (cioè dai fondamenti teologici della religione) per far derivare da questi le ragioni per vivere la religione nella vita concreta; più vicino alla sensibilità culturale e all’esperienza individuale del nostro tempo sembra essere un paradigma di pensiero che parte dall’esperienza quotidiana dell’adulto e riconosca in essa le tracce esistenziali, quindi pienamente comprensibili anche dall’adulto non credente, della dimensione spirituale e di quella religiosa. La vita degli adulti, tra le altre fasi della vita umana, forse rappresenta quella più favorevole per questo riconoscimento. Ci sono, infatti, nella vita di ogni adulto, delle esperienze concrete, come i “passaggi di vita” o le “fasi apicali”, che, se fatte oggetto di riflessione attenta, possono rappresentare per gli adulti una “via educativa” all’esperienza religiosa proprio perché parte della loro esperienza esistenziale.
2015
adultità, vita religiosa, crisi, simbolo
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23 (2015) Dimensione religiosa nella vita adulta, NS Ricerca, n. 10 giugno.pdf

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