Un passo finora inosservato nelle Maraviglie dell'arte di Carlo Ridolfi (1648) sulla collezione d'arte del clan Caliari costituisce la base per l'identificazione di tre opere religiose di Matteo Ingoli praticamente sconosciute, ora nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Combinando prove documentali con notizie della letteratura specialistica rilevante, è stato possibile ricostruire il pedigree di queste rilevanti opere pittoriche. Sebbene l'esatta funzione di queste pitture di piccole dimensioni non può essere definita - forse erano concepite come modelli, oppure come ricordi -, due di queste possono essere collegate con pale ancora esistenti. La prima, oggi conservata a Maser (vicino a Treviso), ora può essere attribuita a Ingoli (precedentemente, portava un'attribuzione a Carlo Ridolfi), mentre la tradizionale attribuzione a Ingoli dell'altro dipinto (ora a Castelli Calepio, Bergamo) può essere confermata al di là di ogni dubbio. La scoperta di questi tre interessanti dipinti apre una serie di questioni relative alla dispersione della collezione d'arte degli Haeredes Pauli, ma anche, più in generale, al mercato dell'arte nella Venezia del Seicento e, inoltre , al gusto dei granduchi medicei, in particolare per quanto riguarda la scuola pittorica veneziana.

Inediti di Matteo Ingoli, dalla bottega dei Caliari alle collezioni medicee

Polati, Andrea
2013-01-01

Abstract

Un passo finora inosservato nelle Maraviglie dell'arte di Carlo Ridolfi (1648) sulla collezione d'arte del clan Caliari costituisce la base per l'identificazione di tre opere religiose di Matteo Ingoli praticamente sconosciute, ora nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Combinando prove documentali con notizie della letteratura specialistica rilevante, è stato possibile ricostruire il pedigree di queste rilevanti opere pittoriche. Sebbene l'esatta funzione di queste pitture di piccole dimensioni non può essere definita - forse erano concepite come modelli, oppure come ricordi -, due di queste possono essere collegate con pale ancora esistenti. La prima, oggi conservata a Maser (vicino a Treviso), ora può essere attribuita a Ingoli (precedentemente, portava un'attribuzione a Carlo Ridolfi), mentre la tradizionale attribuzione a Ingoli dell'altro dipinto (ora a Castelli Calepio, Bergamo) può essere confermata al di là di ogni dubbio. La scoperta di questi tre interessanti dipinti apre una serie di questioni relative alla dispersione della collezione d'arte degli Haeredes Pauli, ma anche, più in generale, al mercato dell'arte nella Venezia del Seicento e, inoltre , al gusto dei granduchi medicei, in particolare per quanto riguarda la scuola pittorica veneziana.
2013
Matteo Ingoli; Collezionismo; Pittura veneta
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/893194
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