Il concetto di cittadinanza è attualmente al centro di un ampio dibattito che coinvolge politologi e scienziati sociali. Recenti contributi teorici forniscono una definizione sempre più ampia e articolata di cittadinanza, svincolandola dalle tradizionali dimensioni nazionali e politiche. In modo particolare, da tale dibattito emerge, seppure con contorni teorici ancora non pienamente messi a fuoco, l’idea di “cittadinanza psicologica”, intesa quale senso soggettivo di appartenenza. E sempre si appartiene a una specifica realtà. Ne consegue che il sentirsi membro di un’entità sociale è qualcosa che va oltre una mera attribuzione di status. Concerne invece la soggettiva cura di tale status, che si sostanzia in termini di doveri, diritti, legami e responsabilità. Detta in altri termini, riguarda la capacità dei singoli di partecipare al tessuto sociale della comunità di appartenenza. Nel nostro Paese, per i migranti l’esercizio di tale capacità può comportare il dover compromettere elementi importanti della propria identità. Perché arduo è il processo di accettazione nella comunità ospitante. Dove il senso d’appartenenza e il riconoscimento vengono a definirsi, strutturarsi, negoziarsi e rimodellarsi attraverso l’interazione quotidiana. E la comunità ristretta – famiglia, amicizie, vicinato – costituisce un ambito d’osservazione privilegiato per comprendere le dinamiche di inclusione/esclusione, senso di appartenenza/non appartenenza.

Cittadinanza psicologica e ostracismi quotidiani: Essere il partner straniero di coppie miste in Italia

MENEGATTO, Marialuisa;
2011-01-01

Abstract

Il concetto di cittadinanza è attualmente al centro di un ampio dibattito che coinvolge politologi e scienziati sociali. Recenti contributi teorici forniscono una definizione sempre più ampia e articolata di cittadinanza, svincolandola dalle tradizionali dimensioni nazionali e politiche. In modo particolare, da tale dibattito emerge, seppure con contorni teorici ancora non pienamente messi a fuoco, l’idea di “cittadinanza psicologica”, intesa quale senso soggettivo di appartenenza. E sempre si appartiene a una specifica realtà. Ne consegue che il sentirsi membro di un’entità sociale è qualcosa che va oltre una mera attribuzione di status. Concerne invece la soggettiva cura di tale status, che si sostanzia in termini di doveri, diritti, legami e responsabilità. Detta in altri termini, riguarda la capacità dei singoli di partecipare al tessuto sociale della comunità di appartenenza. Nel nostro Paese, per i migranti l’esercizio di tale capacità può comportare il dover compromettere elementi importanti della propria identità. Perché arduo è il processo di accettazione nella comunità ospitante. Dove il senso d’appartenenza e il riconoscimento vengono a definirsi, strutturarsi, negoziarsi e rimodellarsi attraverso l’interazione quotidiana. E la comunità ristretta – famiglia, amicizie, vicinato – costituisce un ambito d’osservazione privilegiato per comprendere le dinamiche di inclusione/esclusione, senso di appartenenza/non appartenenza.
2011
immigrazione; ostracismo sociale; coppie miste
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/869990
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