Corposa silloge che per prima informò l’Europa su botanica, zoologia e mineralogia del Nuovo Mondo e oggi libro importante tra i più rari (diciassette esemplari al mondo, come si risulta dal censimento realizzato da Ebe Antetomaso, pagg. 93-132), il cosiddetto Tesoro messicano, il cui vero titolo recita Rerum medicarum Novae Hispaniae thesaurus, uscì nella sua versione definitiva in 951 pagine in quarto a Roma nel 1651 per i tipi di Vitale Mascardi. Era una delle prime applicazioni dell’ideale collaborativo di osservare direttamente i naturalia teorizzato da Federico Cesi, fondatore, nel 1603, dell’Accademia dei Lincei. Il contenuto del volume si basa su sedici cuerpos de libros grandes e relativi esemplari di arcana naturae raccolti da Francisco Hernandez, protomedico generale di tutte le Indie, che per conto di Filippo II guidò tra il 1570 e il 1576 una missione naturalistica volta all’indagine del territorio del Messico, descrivendone piante, animali e pietre e facendo preparare specimina e illustrazioni. Dopo varie difficoltà legate al disordine e all’abbondanza del materiale raccolto, i materiali arrivarono sotto gli occhi di Cesi, che ne propose la redazione definitiva a un gruppo di accademici tra i quali erano Johannes Schreck, Johannes Faber, Cassiano dal Pozzo, Francesco Stelluti e Iosse de Ricke (come spiega Marco Guardo a proposito dell’officina del Tesoro messicano, pagg. 67-93). Quarant’anni lavorarono i Lincei al progetto, che si concluse, appunto, nel 1651, quando della prima Accademia erano rimasti solo Cassiano e Stelluti. Nel 1992, l’Accademia Nazionale dei Lincei ripubblicò in edizione anastatica il testo del volume con il frontespizio del 1649; e tra pochi mesi apparirà la riproduzione fotografica in formato tiff (ad alta definizione), come secondo contributo (dopo La cena de le Ceneri di Giordano Bruno) della Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana alla World Digital Library, in collaborazione con l’Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee del CNR. Evidentemente, il Tesoro messicano ha bisogno di guide autorevoli: Maria Eugenia Cadeddu e Marco Guardo hanno fatto dunque in modo che per la prima volta venisse analizzato e spiegato a trecentosessanta gradi da storici, storici della scienza, storici dell’economia, botanici, zoologi e mineralologi, quali, tra gli altri, Ernesto Capanna, Giuseppe Galasso, Alberto Quadrio Curzio, Lucio Villari e Annibale Mottana, tutti Lincei. Guardando all’Expo 2015, salta agli occhi l’opportunità di fare del Tesoro messicano il perno di uno spazio espositivo dedicato alla storia dell’agro-biodiversità e delle tradizioni etnobotaniche. Poiché nella storia del mondo è sempre capitato che dei migranti si siano spostati con le loro piante e i loro animali. Si tratta di mostrare la correlazione tra le tradizioni etnobotaniche delle minoranze migranti con l’utilizzo dell’agro-biodiversità, anche per verificare quanto resti dell’originaria cultura dei migranti a seguito dell’integrazione, secondo una prospettiva che può essere indagata solo in modo interdisciplinare, considerando i dati demografici e più largamente economici, come anche quelli propri del settore giuridico, educativo e linguistico, e stabilendo fra tali dati reali interconnessioni. E infatti il progetto di portare all’Expo 2015 il Tesoro messicano è allo studio del Progetto Migrazioni del CNR. È dal 2008 che Tullio Gregory e Maria Eugenia Cadeddu guidano sessanta e più ricercatori del CNR in un’analisi dei fenomeni migratori in senso lato, ossia come trasferimenti di conoscenze ed esperienze culturali in differenti contesti storici, non solo come mobilità di persone da un luogo all’altro. Nel ventunesimo secolo, le identità culturali non sono competenza delle sole scienze umane e i fenomeni migratori non delle sole scienze sociali. Migrare significa trasferire in contesti diversi esperienze precedenti, conferire significati nuovi ad antichi schemi di valore. Né è un caso, infine, che il volume curato da Cadeddu e Guardo appaia come volume centoventesimo della collana «Lessico Intellettuale Europeo». Non basta che un libro di uno studioso italiano di storia della scienza sia un buon libro di storia della scienza. Deve essere anche fondato su una solida indagine lessicale. Il futuro dei ricercatori italiani, ammesso sappiano greco, latino e almeno quattro lingue moderne, è lavorare sullo sviluppo dei lessici disciplinari, lessici che si sono costituiti per mantenere la continuità di una tradizione culturale a fronte dell’urgenza di trascriverli in nuovi contesti. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il Tesoro Messicano. Libri e saperi tra Europa e Nuovo Mondo, a cura di Maria Eugenia Cadeddu e Marco Guardo, Lessico Intellettuale Europeo, vol. 120, Olschki, Firenze 2013, pagg. 314, € 33,00

Anche le piante migrano

POZZO, Riccardo
2014-01-01

Abstract

Corposa silloge che per prima informò l’Europa su botanica, zoologia e mineralogia del Nuovo Mondo e oggi libro importante tra i più rari (diciassette esemplari al mondo, come si risulta dal censimento realizzato da Ebe Antetomaso, pagg. 93-132), il cosiddetto Tesoro messicano, il cui vero titolo recita Rerum medicarum Novae Hispaniae thesaurus, uscì nella sua versione definitiva in 951 pagine in quarto a Roma nel 1651 per i tipi di Vitale Mascardi. Era una delle prime applicazioni dell’ideale collaborativo di osservare direttamente i naturalia teorizzato da Federico Cesi, fondatore, nel 1603, dell’Accademia dei Lincei. Il contenuto del volume si basa su sedici cuerpos de libros grandes e relativi esemplari di arcana naturae raccolti da Francisco Hernandez, protomedico generale di tutte le Indie, che per conto di Filippo II guidò tra il 1570 e il 1576 una missione naturalistica volta all’indagine del territorio del Messico, descrivendone piante, animali e pietre e facendo preparare specimina e illustrazioni. Dopo varie difficoltà legate al disordine e all’abbondanza del materiale raccolto, i materiali arrivarono sotto gli occhi di Cesi, che ne propose la redazione definitiva a un gruppo di accademici tra i quali erano Johannes Schreck, Johannes Faber, Cassiano dal Pozzo, Francesco Stelluti e Iosse de Ricke (come spiega Marco Guardo a proposito dell’officina del Tesoro messicano, pagg. 67-93). Quarant’anni lavorarono i Lincei al progetto, che si concluse, appunto, nel 1651, quando della prima Accademia erano rimasti solo Cassiano e Stelluti. Nel 1992, l’Accademia Nazionale dei Lincei ripubblicò in edizione anastatica il testo del volume con il frontespizio del 1649; e tra pochi mesi apparirà la riproduzione fotografica in formato tiff (ad alta definizione), come secondo contributo (dopo La cena de le Ceneri di Giordano Bruno) della Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana alla World Digital Library, in collaborazione con l’Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee del CNR. Evidentemente, il Tesoro messicano ha bisogno di guide autorevoli: Maria Eugenia Cadeddu e Marco Guardo hanno fatto dunque in modo che per la prima volta venisse analizzato e spiegato a trecentosessanta gradi da storici, storici della scienza, storici dell’economia, botanici, zoologi e mineralologi, quali, tra gli altri, Ernesto Capanna, Giuseppe Galasso, Alberto Quadrio Curzio, Lucio Villari e Annibale Mottana, tutti Lincei. Guardando all’Expo 2015, salta agli occhi l’opportunità di fare del Tesoro messicano il perno di uno spazio espositivo dedicato alla storia dell’agro-biodiversità e delle tradizioni etnobotaniche. Poiché nella storia del mondo è sempre capitato che dei migranti si siano spostati con le loro piante e i loro animali. Si tratta di mostrare la correlazione tra le tradizioni etnobotaniche delle minoranze migranti con l’utilizzo dell’agro-biodiversità, anche per verificare quanto resti dell’originaria cultura dei migranti a seguito dell’integrazione, secondo una prospettiva che può essere indagata solo in modo interdisciplinare, considerando i dati demografici e più largamente economici, come anche quelli propri del settore giuridico, educativo e linguistico, e stabilendo fra tali dati reali interconnessioni. E infatti il progetto di portare all’Expo 2015 il Tesoro messicano è allo studio del Progetto Migrazioni del CNR. È dal 2008 che Tullio Gregory e Maria Eugenia Cadeddu guidano sessanta e più ricercatori del CNR in un’analisi dei fenomeni migratori in senso lato, ossia come trasferimenti di conoscenze ed esperienze culturali in differenti contesti storici, non solo come mobilità di persone da un luogo all’altro. Nel ventunesimo secolo, le identità culturali non sono competenza delle sole scienze umane e i fenomeni migratori non delle sole scienze sociali. Migrare significa trasferire in contesti diversi esperienze precedenti, conferire significati nuovi ad antichi schemi di valore. Né è un caso, infine, che il volume curato da Cadeddu e Guardo appaia come volume centoventesimo della collana «Lessico Intellettuale Europeo». Non basta che un libro di uno studioso italiano di storia della scienza sia un buon libro di storia della scienza. Deve essere anche fondato su una solida indagine lessicale. Il futuro dei ricercatori italiani, ammesso sappiano greco, latino e almeno quattro lingue moderne, è lavorare sullo sviluppo dei lessici disciplinari, lessici che si sono costituiti per mantenere la continuità di una tradizione culturale a fronte dell’urgenza di trascriverli in nuovi contesti. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il Tesoro Messicano. Libri e saperi tra Europa e Nuovo Mondo, a cura di Maria Eugenia Cadeddu e Marco Guardo, Lessico Intellettuale Europeo, vol. 120, Olschki, Firenze 2013, pagg. 314, € 33,00
2014
lessicografia; Messico
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/861564
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