I sindaci dei Comuni con più di 20.000 abitanti sono ineleggibili alla carica di parlamentare (art. 7 del d.P.R. n. 361/1957 e art. 5 del d. lgs. n. 533/1993). Quanto all’ipotesi inversa dei parlamentari che aspirino a diventare sindaci di tali Comuni, nulla è previsto dalla legislazione vigente. Poiché le Camere, dopo avere ritenuto per molto tempo incompatibile la carica di parlamentare con quella di sindaco, nella XIV legislatura hanno cambiato «giurisprudenza», ammettendo, non senza contrasti interni, la possibilità di svolgere contemporaneamente il doppio mandato, si è inteso verificare se vi sia incompatibilità fra le due cariche. L'articolo incomincia indagando, in termini generali, il rapporto fra le cause di ineleggibilità e le cause di incompatibilità, evidenziando che tra le une e le altre può esservi identità di ratio e osservando che, in tal caso, sembra difficile poter negare che la previsione di una causa di ineleggibilità implichi l'incompatibilità fra le cariche. L'articolo prosegue argomentando che il divieto di eleggibilità per i sindaci è giustificato probabilmente dall'inconciliabilità non soltanto con la candidatura, ma anche con la carica di parlamentare, il che accrediterebbe la tesi dell'incompatibilità fra le cariche. Tesi che è stata accolta dalla Corte costituzionale, la quale, con la sentenza n. 277/2011, ha sancito l’illegittimità costituzionale degli artt. 1-4 della l. n. 60/1953 nella parte in cui essi non prevedono l’incompatibilità fra la carica di parlamentare e quella di sindaco di Comune con più di 20.000 abitanti, sostenendo che vi è una «naturale corrispondenza biunivoca delle cause di ineleggibilità». L'articolo rileva, poi, che la sentenza, le cui motivazioni sono analizzate criticamente, ha per certi aspetti anticipato gli effetti della l. n. 148/2011, la quale stabilisce che i parlamentari, al termine dell'attuale legislatura, non potranno ricoprire cariche pubbliche elettive di natura monocratica relative «ad organi di governo di enti pubblici territoriali» con più di 5.000 abitanti. Conclusivamente, viene espressa l'opinione che ciò non sia sufficiente a garantire che il mandato parlamentare si svolga in armonia con la libertà costituzionalmente riconosciutagli (art. 67) e in conformità del principio del buon andamento dell’attività degli organi statali (art. 97, comma 1). Sarebbe pertanto opportuna, anche ai fini di un’armonizzazione delle cause di incompatibilità, un’estensione dell’incompatibilità a quelle cariche «di governo» che, pur non essendo monocratiche, pongono seri problemi sia per quanto riguarda la capacità materiale della stessa persona di reggere congiuntamente gli impegni derivanti dall’esercizio della funzione di amministrazione dell’ente e dal mandato parlamentare, sia per quanto concerne la sussistenza di possibili conflitti di interesse.
Il mandato parlamentare e l'incompatibilità con le cariche di governo degli enti locali
FERRI, Giampietro
Writing – Original Draft Preparation
2012-01-01
Abstract
I sindaci dei Comuni con più di 20.000 abitanti sono ineleggibili alla carica di parlamentare (art. 7 del d.P.R. n. 361/1957 e art. 5 del d. lgs. n. 533/1993). Quanto all’ipotesi inversa dei parlamentari che aspirino a diventare sindaci di tali Comuni, nulla è previsto dalla legislazione vigente. Poiché le Camere, dopo avere ritenuto per molto tempo incompatibile la carica di parlamentare con quella di sindaco, nella XIV legislatura hanno cambiato «giurisprudenza», ammettendo, non senza contrasti interni, la possibilità di svolgere contemporaneamente il doppio mandato, si è inteso verificare se vi sia incompatibilità fra le due cariche. L'articolo incomincia indagando, in termini generali, il rapporto fra le cause di ineleggibilità e le cause di incompatibilità, evidenziando che tra le une e le altre può esservi identità di ratio e osservando che, in tal caso, sembra difficile poter negare che la previsione di una causa di ineleggibilità implichi l'incompatibilità fra le cariche. L'articolo prosegue argomentando che il divieto di eleggibilità per i sindaci è giustificato probabilmente dall'inconciliabilità non soltanto con la candidatura, ma anche con la carica di parlamentare, il che accrediterebbe la tesi dell'incompatibilità fra le cariche. Tesi che è stata accolta dalla Corte costituzionale, la quale, con la sentenza n. 277/2011, ha sancito l’illegittimità costituzionale degli artt. 1-4 della l. n. 60/1953 nella parte in cui essi non prevedono l’incompatibilità fra la carica di parlamentare e quella di sindaco di Comune con più di 20.000 abitanti, sostenendo che vi è una «naturale corrispondenza biunivoca delle cause di ineleggibilità». L'articolo rileva, poi, che la sentenza, le cui motivazioni sono analizzate criticamente, ha per certi aspetti anticipato gli effetti della l. n. 148/2011, la quale stabilisce che i parlamentari, al termine dell'attuale legislatura, non potranno ricoprire cariche pubbliche elettive di natura monocratica relative «ad organi di governo di enti pubblici territoriali» con più di 5.000 abitanti. Conclusivamente, viene espressa l'opinione che ciò non sia sufficiente a garantire che il mandato parlamentare si svolga in armonia con la libertà costituzionalmente riconosciutagli (art. 67) e in conformità del principio del buon andamento dell’attività degli organi statali (art. 97, comma 1). Sarebbe pertanto opportuna, anche ai fini di un’armonizzazione delle cause di incompatibilità, un’estensione dell’incompatibilità a quelle cariche «di governo» che, pur non essendo monocratiche, pongono seri problemi sia per quanto riguarda la capacità materiale della stessa persona di reggere congiuntamente gli impegni derivanti dall’esercizio della funzione di amministrazione dell’ente e dal mandato parlamentare, sia per quanto concerne la sussistenza di possibili conflitti di interesse.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.