Un prezioso, completo e illuminante controbuto sulla questione che oggi scherzosamente si definisce della Whatness of Bookness (come dall’omonimo intervento di Philip Smith del 1996), la «cosità della libritudine», che però altro non è se non la questione kantiana: che cos’è un libro? Il fatto è che oggi non basta più dire che un libro è composto da un corpus mysticum, il contenuto intellettuale, e da un corpus mechanicum, il supporto materiale, e che, per tornare a Kant, «è uno scritto» scritto da uno scrittore che «nel suo proprio nome parla al pubblico», avvalendosi delle competenze di chi «discorre pubblicamente per mezzo di uno scritto nel nome di un altro», che è poi l’editore. L’organizzazione internazionale delle associazioni bibliotecarie (IFLA) in una relazione (pubblicata nel 1997 e via via aggiornata) dedicata ai Functional Requirements for Bibliographic Records ha dovuto riconoscere l’inopportunità di parlare direttamente di libri, autori e soggetti. Oggi si parla di entità del gruppo 1: non solo libri, ma anche musiche, film, opere teatrali ecc.; entità del gruppo 2: persone, ma anche enti, che sono legate alle entità del gruppo 1 da relazioni diverse come certamente quella di autore, ma anche traduttore, editore, illustratore ecc.; e entità del gruppo 3, concetti, oggetti, eventi, luoghi, ma anche persone o enti, ossia entità del gruppo 2 oppure opere di vario genere, che sono entità del gruppo 1. Il mondo dei testi e della lettura sta vivendo una quarta rivoluzione. La prima era il passaggio dall’oralità alla scrittura, la seconda il passaggio dal rotolo al volume, la terza dal manoscritto ai tipi mobili, e la quarta, appunto, dalla carta al digitale. Certo, non è facile dire cosa stia per succedere. Roncaglia spiega molto chiaramente cosa non sia un libro elettronico e lo fa in otto tesi, che riassumo: 1) non è un formato alternativo per visualizzare un testo sullo schermo di un computer tradizionale; il libro elettronico deve poter esser letto usando dispositivi che per dimensioni, peso e portabilità sono più vicini al libro che al computer; 2) non si basa su formati chiusi e proprietari e deve essere invece supportato da tutti i dispositivi di lettura; 3) non nasce per essere stampato su carta; se sentiamo il bisogno di stamparlo, non stiamo leggendo un libro elettronico; 4) non deve essere un oggetto volatile, che rischia di scomparire ogni volta che si cambiano dispositivi di lettura o sistemi operativi; meccanismi di protezione sono indispensabili; 5) non può essere acquistato pay per view, come film, giornali e riviste e deve invece venire offerto con piena e continua disponibilità; 6) non deve essere un oggetto chiuso; deve poter essere commentato, annotato, prestato e regalato; 7) né deve essere pensato come strumento destinato unicamente alle lettura di informazioni testuali; devono essere previste illustrazioni, tabelle, formule scientifiche e matematiche; e infine, 8) non deve servire solo alla visualizzazione e lettura di testi lineari e neppure alla lettura di ipertesti multimediali; deve invece essere aperto a entrambe le possibilità, permettendo all’autore di presentare il proprio testo nel modo che gli pare più conveniente e esplorare, appunto, nuove forme di organizzazione dei contenuti. Si tratta di dare una risposta alla sfida lanciata dallo storico del libro Robert Darnton: potremmo aspettarci che l’evoluzione e la diffusione del libro elettronico porti a opere saggistiche e di ricerca caratterizzate da un’organizzazione del testo non necessariamente lineare, ma modulare e stratificata con schemi e indici costruiti attraverso diagrammi riorganizzabili che consentano percorsi diversi di navigazione del testo stesso, a seconda degli interessi e delle esigenze del lettore. Ipotesi che appare molto sensata, ma perché stenta a decollare? Si tratta di rispondere alla domanda su quali siano le condizioni di possibilità di un libro ipertestuale. Attualmente sono tre i modelli: il primo è quello che vede il libro elettronico come una stratificazione piramidale di testi, che inizia da un livello apicale semplicissimo e generalissimo e scende via via nei dettagli; il secondo è la federazione di piattaforme, dalle guide turistiche ai cataloghi delle biblioteche; il terzo, infine, sono i libri di testo dinamici proposti dagli editori come complemento o alternativa alla carta e che hanno il vantaggio di venire aggiornati in tempo reale. Gino Roncaglia, La quarta rivoluzione: Sei lezioni sul futuro del libro, Laterza, Roma-Bari 2010, 287 p., ISBN 9788842092995.
Libritudine: È navigazione nei testi
POZZO, Riccardo
2010-01-01
Abstract
Un prezioso, completo e illuminante controbuto sulla questione che oggi scherzosamente si definisce della Whatness of Bookness (come dall’omonimo intervento di Philip Smith del 1996), la «cosità della libritudine», che però altro non è se non la questione kantiana: che cos’è un libro? Il fatto è che oggi non basta più dire che un libro è composto da un corpus mysticum, il contenuto intellettuale, e da un corpus mechanicum, il supporto materiale, e che, per tornare a Kant, «è uno scritto» scritto da uno scrittore che «nel suo proprio nome parla al pubblico», avvalendosi delle competenze di chi «discorre pubblicamente per mezzo di uno scritto nel nome di un altro», che è poi l’editore. L’organizzazione internazionale delle associazioni bibliotecarie (IFLA) in una relazione (pubblicata nel 1997 e via via aggiornata) dedicata ai Functional Requirements for Bibliographic Records ha dovuto riconoscere l’inopportunità di parlare direttamente di libri, autori e soggetti. Oggi si parla di entità del gruppo 1: non solo libri, ma anche musiche, film, opere teatrali ecc.; entità del gruppo 2: persone, ma anche enti, che sono legate alle entità del gruppo 1 da relazioni diverse come certamente quella di autore, ma anche traduttore, editore, illustratore ecc.; e entità del gruppo 3, concetti, oggetti, eventi, luoghi, ma anche persone o enti, ossia entità del gruppo 2 oppure opere di vario genere, che sono entità del gruppo 1. Il mondo dei testi e della lettura sta vivendo una quarta rivoluzione. La prima era il passaggio dall’oralità alla scrittura, la seconda il passaggio dal rotolo al volume, la terza dal manoscritto ai tipi mobili, e la quarta, appunto, dalla carta al digitale. Certo, non è facile dire cosa stia per succedere. Roncaglia spiega molto chiaramente cosa non sia un libro elettronico e lo fa in otto tesi, che riassumo: 1) non è un formato alternativo per visualizzare un testo sullo schermo di un computer tradizionale; il libro elettronico deve poter esser letto usando dispositivi che per dimensioni, peso e portabilità sono più vicini al libro che al computer; 2) non si basa su formati chiusi e proprietari e deve essere invece supportato da tutti i dispositivi di lettura; 3) non nasce per essere stampato su carta; se sentiamo il bisogno di stamparlo, non stiamo leggendo un libro elettronico; 4) non deve essere un oggetto volatile, che rischia di scomparire ogni volta che si cambiano dispositivi di lettura o sistemi operativi; meccanismi di protezione sono indispensabili; 5) non può essere acquistato pay per view, come film, giornali e riviste e deve invece venire offerto con piena e continua disponibilità; 6) non deve essere un oggetto chiuso; deve poter essere commentato, annotato, prestato e regalato; 7) né deve essere pensato come strumento destinato unicamente alle lettura di informazioni testuali; devono essere previste illustrazioni, tabelle, formule scientifiche e matematiche; e infine, 8) non deve servire solo alla visualizzazione e lettura di testi lineari e neppure alla lettura di ipertesti multimediali; deve invece essere aperto a entrambe le possibilità, permettendo all’autore di presentare il proprio testo nel modo che gli pare più conveniente e esplorare, appunto, nuove forme di organizzazione dei contenuti. Si tratta di dare una risposta alla sfida lanciata dallo storico del libro Robert Darnton: potremmo aspettarci che l’evoluzione e la diffusione del libro elettronico porti a opere saggistiche e di ricerca caratterizzate da un’organizzazione del testo non necessariamente lineare, ma modulare e stratificata con schemi e indici costruiti attraverso diagrammi riorganizzabili che consentano percorsi diversi di navigazione del testo stesso, a seconda degli interessi e delle esigenze del lettore. Ipotesi che appare molto sensata, ma perché stenta a decollare? Si tratta di rispondere alla domanda su quali siano le condizioni di possibilità di un libro ipertestuale. Attualmente sono tre i modelli: il primo è quello che vede il libro elettronico come una stratificazione piramidale di testi, che inizia da un livello apicale semplicissimo e generalissimo e scende via via nei dettagli; il secondo è la federazione di piattaforme, dalle guide turistiche ai cataloghi delle biblioteche; il terzo, infine, sono i libri di testo dinamici proposti dagli editori come complemento o alternativa alla carta e che hanno il vantaggio di venire aggiornati in tempo reale. Gino Roncaglia, La quarta rivoluzione: Sei lezioni sul futuro del libro, Laterza, Roma-Bari 2010, 287 p., ISBN 9788842092995.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.