Il piombo è uno degli inquinanti di maggiore preoccupazione per la sua ampia diffusione, persistenza nell’ambiente ed elevata tossicità. In particolare l’uso per quasi un secolo di piombo tetraetile (TEL) come antidetonante nelle benzine ha provocato un inquinamento ubiquitario, sia in Pb inorganico che nel piu’ tossico Pb organico, con contaminazioni più gravi a livello produttivo per cui la bonifica risulta necessaria. Interessante alternativa o complemento ai metodi di bonifica fisici-chimici utilizzati, costosi e distruttivi, è fornita dalla Bioremediation, basata sull’impiego di microrganismi e/o piante in grado di degradare, detossificare e/o accumulare il contaminante. In particolare l'approccio Phytoremediation coadiuvata da microrganismi, basato sull'utilizzo di piante in sinergia con i microrganismi, è economico, eco-compatibile ed applicabile in situ sia per il risanamento che ripristino di suoli contaminati. In questo contesto nel presente studio di Dottorato è stato preso in esame il caso reale di un suolo altamente contaminato da piombo organico ed inorganico, nella zona industriale dismessa Ex-SLOI a Trento, dove SLOI produsse TEL per quasi 40 anni, sino alla fine degli anni ’70. Questo studio può essere suddiviso in due parti principali, in cui la prima è focalizzata sullo studio e caratterizzazione della comunità batterica autoctona selezionatasi nel suolo dell’area Ex-SLOI, con lo scopo di studiarne la biodiversità e composizione, e di valutare sia l’impatto della contaminazione sulla comunità pedologica, che la resistenza e potenzialità della stessa in relazione alla contaminazione presente. Lo studio si è volto inoltre ad isolare e caratterizzare componenti della comunità microbica in esame, in relazione alla loro resistenza e capacità di promozione della crescita vegetale, esaminando caratteri Plant Growth Promoting (PGP). Nella seconda parte lo studio si e’ incentrato sull'interazione tra la suddetta microflora e specie vegetali, in relazione alla contaminazione in esame e nel contesto di un approccio di Phytoremediation. In particolare 2 specie vegetali sono state esaminate: Brassica juncea - specie coltivata ad elevata produzione di biomassa, nota per la capacita’ di accumulare vari metalli- ed Apocynum cannabinum - proposta per un approccio di phytoextraction da Pb organico ed inorganico sebbene solo pochi dati ne siano riportati in letteratura. Il termine Phytoextraction si riferisce in particolare all’utilizzo di piante in grado di accumulare e traslocare il contaminante nella propria parte area, facilmente asportabile, e l'efficienza di un processo di Phytoremediation/Phytoextraction risulta proporzionale sia alla produzione di biomassa che all’accumulo di contaminante nella pianta. In questo contesto sono state quindi condotte una prova lab-scale e field-scale, al fine di valutare l'interazione e possibile ruolo sinergico della microflora autoctona nel sistema Pianta-microflora, e studiare la tolleranza e potenzialità di Phytoremediation delle 2 specie vegetali in relazione alla contaminazione in esame. Nel contesto della caratterizzazione della microflora autoctona, i risultati ottenuti indicano come l'elevata contaminazione presente nell’area Ex-SLOI abbia esercitato una pressione selettiva sulla cenosi batterica autoctona verso una comunità più tollerante, caratterizzata da una struttura eterogenica, elevata biodiversità (per un suolo perturbato), resistenza e potenzialita biodegradativa. In particolare entrambi gli approcci culture-dependent e -independent condotti, hanno evidenziato la prevalenza del phylum Proteobacteria, a cui si riconducono la maggioranza delle OTUs isolate direttamente dai punti di indagine maggiormente contaminati, e la totalità dei ceppi isolati nelle condizioni più restrittive delle colture di arricchimento allestite con TEL come unica fonte di carbonio, per isolare ceppi maggiormente resistenti e metabolicamente interessanti. Questo phylum inoltre include le 8 OTUs in cui lo studio molecolare ha evidenziato la presenza di determinanti genetici per la resistenza a metalli pesanti, tra cui un ceppo della specie Cupriavidus campinensis con 4 determinanti rispettivamente codificanti per le resistenze a Pb, Hg, Cr e Cd-Zn-Co. Considerando inoltre lo studio in relazione a tratti PGP, alle classi Beta e Gamma dei Proteobatteri appartengono le 3 OTUs (Delftia sp.,Pseudomonas putida e Stenotrophomonas maltophilia) che presentano sia determinanti per la resistenza a metalli pesanti che tratti PGP, pertanto di particolare interesse in un approccio di Phytoremediation. Lo studio condotto ha indicato quindi la selezione imposta dall’elevata contaminazione nell’area di una cenosi microbica resistente, con componenti di particolare potenzialità, sia nell’ambito della resistenza che di promozione della crescita vegetale, appartenenti al phylum maggiormente rappresentato dei Proteobatteri. Per quanto riguarda lo studio dell’interazione della microflora autoctona con le piante in esame, i risultati della prova lab-scale (allestita in parallelo con il suolo dell’area in esame tal quale e con il medesimo terreno sterilizzato) hanno evidenziato per entrambe un'influenza positiva della microflora autoctona sia sulla crescita vegetale che sull'efficienza del processo di Phytoremediation, incrementando in B.juncea anche l’assorbimento di Pb nei tessuti epigei. Analisi condotte sulla speciazione del Pb nel suolo nella prova lab-scale con B.juncea hanno altresì attestato la progressiva degradazione del Pb organico, suggerendo la promozione della sua mineralizzazione al meno tossico e mobile Pb inorganico da parte del sistema pianta-microflora. Per entrambe le specie vegetali in studio, i dati attestano una buona tolleranza e resistenza verso la contaminazione in esame, raggiungendo concentrazione piuttosto elevate di Pb nei loro tessuti, nonostante sia un metallo scarsamente biodisponibile. Tuttavia A.cannabinum ha mostrato una più lenta e minore produzione di biomassa; e nonostante abbia raggiunto nei propri tessuti le concentrazioni di Pb più elevate registrate, esso mostra un netto accumulo preferenziale nelle radici, con una diminuzione di un ordine di grandezza nelle concentrazioni in Pb raggiunte nei tessuti aerei in pieno campo. Tuttavia in field-trial per entrambe le piante si sono ottenuti valori nettamente superiori sia per la produzione di biomassa che, conseguentemente, di accumulo di Pb: definito come µg Pb/pianta e indice del contaminante effettivamente estratto e quindi dell’efficienza del processo, calcolato come prodotto della concentrazione in Pb raggiunta nei tessuti per la biomassa prodotta. Confrontando le due specie vegetali, B.juncea ha mostrato una maggiore efficienza di fitoestrazione, raggiungendo comparabili valori di accumulo di Pb nella porzione aerea - parametro di maggiore importanza in un processo di fitoestrazione - sia in lab-scale che in field-scale, ma in un tempo molto più breve. I valori ottenuti inoltre indicano come, nonostante non applicabile alle elevate contaminazioni rilevate nell’area Ex-SLOI, un processo Phytoremediation con la specie vegetale B.juncea risulti interessante per contaminazioni moderate/poco profonde e in un approccio combinato con metodiche chimico-fisiche. Principali svantaggi della Phytoremediation sono infatti la durata e bassa efficienza, legate alla bassa biodisponibilità del contaminante nel suolo e alla ridotta traslocazione nelle piante. Crescente attenzione è volta pertanto all’applicazione di microrganismi PGP, in grado di promuovere la crescita ovvero l’assorbimento del contaminante nelle piante, e all’utilizzo di piante arboree quali Populus sp.. Interessante prospettiva, e sperimentazione in corso, è infatti l'applicazione di tale pianta arborea in un protocollo di biaugmentation con ceppi isolati dalla microflora autoctona selezionatasi all'interno nell’area Ex-SLOI.

Lead is worldwide one of the pollutants of major concern due to its widespread diffusion, persistence and toxicity. In particular Tetra-ethyl lead (TEL) has been used for almost a century as anti-knocking additive for petrol, leaving an ubiquitous pollution of both inorganic and more toxic organic Pb in low concentrations and more severe contaminations at manufacturing level, implying the need for remediation. An interesting alternative or complement to the expensive and invasive physical-chemical remediation conventional technologies is the Bioremediation – the use of microorganisms and/or plant to degrade, remove or detoxify the contaminants. In particular Phytoremediation enhanced by microorganisms - based on the use of plant in synergy with microorganisms – offers a low cost in-situ applicable method to remediate and restore contaminated areas. In this context the present PhD study - which can be divided in two main sections - dealt with a real case of a soil highly contaminated by both organic and inorganic lead in a former industrial area in Trento, where the company SLOI produced TEL for almost 40 years till the end of the ’70. The first section of the study focused on the soil autochthonous bacterial community selected in the Ex-SLOI area with the aim of evaluating its biodiversity and composition, resistance, bioremediation potential and the impact of the long-term Pb contamination; it also aimed at isolating and characterizing community members in relation to their resistance and plant growth promoting (PGP) potential. On the other side the second section of the PhD study focused on the interaction of the examined autochthonous soil micro flora and plants in relation to Pb contamination in a Phytoremediation approach, examining 2 plants:Brassica juncea - crop plant with high biomass production known to accumulate various metals - and Apocynum cannabinum - suggested for both organic and inorganic Pb phytoextraction although only few literature data are available. The term Phytoextraction specifically refers to the use of pollutant-accumulating plants able to extract and translocate contaminants to the harvestable aerial portion, which can then be removed from the site; the efficiency of a phytoremediation/phytoextraction process depends directly on both biomass production and accumulation of the contaminant by the plant. Therefore both a lab-scale and a field-scale trial were performed to evaluate the interaction and possible synergistic role of the examined soil autochthonous micro flora in a Phytoremediation approach, and to study the tolerance and basic phytoremediation potential of the 2 plants in relation to the examined contamination. In the context of the characterization of the soil autochthonous bacterial community the results obtained indicated that the high Pb contamination in the Ex-SLOI area exerted a selection for a tolerant and well adapted community, characterized by a heterogenic structure and - for a perturbed soil - rich biodiversity, resistance and degrading potential. In particular both the molecular and the culture-dependent study performed indicated the predominance of the gram-negative Proteobacteria phylum, which included the majority of OTUs directly isolated from the most contaminated examined sampling points and accounted for the totality of strains isolated in the strictest condition of Enrichment culture - performed with TEL as sole carbon source, to select most resistant and metabolically potential strains. This phylum also included all 8 strains which displayed - in a molecular analysis - heavy metal (HM) resistance determinants, including a strain of Cupriavidus campinensis with 4 determinants (for resistance to Pb, Hg, Cr and Cd-Zn-Co). Considering also the PGP traits examined, 3 OTUs - of the Gamma and Beta Proteobacteria classes - reported both HM resistance determinants and PGP traits, namely Delftia sp., Pseudomonas putida and Stenotrophomonas maltophilia, consequently particularly interesting even in a Phytoremediation perspective with a biaugmentation protocol. The study performed indicated therefore the selection imposed by the contamination of a resistant microbial cenosis, with members of particular high resistance and PGP potential belonging to the most represented Proteobacteria phylum. Examining the interaction of indigenous micro flora with the plants B.juncea and A.cannabinum in the lab-scale study - performed in parallel with the soil from the Ex-SLOI area untreated and sterilized - the results pointed out the micro flora positive influence on both plant species, improving plant growth and the Phytoremediation efficiency; in B.juncea it also positively affected Pb uptake. Moreover, the analyses performed on the speciation of the organic Pb compounds in soil along the lab-scale trial with B.juncea pointed out a progressive degradation of organic lead during the phytoremediation process, suggesting the promotion by the plant-micro flora system of the mineralization of organic Pb to the less toxic and mobile inorganic lead. Obtained data also indicated tolerance and resistance of both plant species towards inorganic and organic Pb, reaching good Pb concentrations in their tissues, despite Pb is a challenging metal which tightly bind to soils particles and plant materials. However A. cannabinum showed a much lower and slower shoot biomass production and, although it reached the highest detected Pb concentration within its tissues, it displayed a sharp preferential Pb accumulation within roots, while accumulation in the harvestable shoots is the main objective in a phytoextraction process. Besides almost one order of magnitude decrease was detected in its shoot Pb concentrations in field conditions. However in field-trial performed at the Ex-SLOI area both species showed higher values of biomass production and consequently of Pb phytoextracted - defined as µg Pb/plant and calculated as the product of Pb concentrations reached in plant tissues and biomass produced - which evaluates the actual Phytoremediation efficiency. Comparing the 2 plant species, B.juncea showed a higher Phytoextraction efficiency accumulating a comparable amount of Pb in the harvestable shoot both in lab-scale mesocosms and in open field conditions, but in a much shorter time. Values obtained indicated that, despite not applicable at the high contaminations as those detected at the examined points within the Ex-SLOI, a Phytoremediation process with B.juncea could be interesting at lower/shallow inorganic/organic Pb contamination and in a combined approach with physical-chemical techniques. Accordingly to literature the main drawbacks of Phytoremediation are the need of time and low efficiency - associated to pollutant fixation by soil particles and low absorption and/or transportation by plants - and growing interest has been drawn by microorganisms with PGP activity, able to increase plant biomass and/or metal uptake, and by the use of higher plants such as Poplar (Populus sp.). Interesting prospective - and trial in progress - is in fact the application of this arboreal plant – with extensive root system and great biomass production - in a biaugmentation protocol with strains isolated from the examined indigenous micro flora selected within the Ex-SLOI area.

Organic and inorganic Pb affects autochthonous bacterial communities and phytoextraction potentials of plant species grown in a formerly industrial soil contaminated by tetraethyl-lead

FERRARI, ANITA
2011-01-01

Abstract

Lead is worldwide one of the pollutants of major concern due to its widespread diffusion, persistence and toxicity. In particular Tetra-ethyl lead (TEL) has been used for almost a century as anti-knocking additive for petrol, leaving an ubiquitous pollution of both inorganic and more toxic organic Pb in low concentrations and more severe contaminations at manufacturing level, implying the need for remediation. An interesting alternative or complement to the expensive and invasive physical-chemical remediation conventional technologies is the Bioremediation – the use of microorganisms and/or plant to degrade, remove or detoxify the contaminants. In particular Phytoremediation enhanced by microorganisms - based on the use of plant in synergy with microorganisms – offers a low cost in-situ applicable method to remediate and restore contaminated areas. In this context the present PhD study - which can be divided in two main sections - dealt with a real case of a soil highly contaminated by both organic and inorganic lead in a former industrial area in Trento, where the company SLOI produced TEL for almost 40 years till the end of the ’70. The first section of the study focused on the soil autochthonous bacterial community selected in the Ex-SLOI area with the aim of evaluating its biodiversity and composition, resistance, bioremediation potential and the impact of the long-term Pb contamination; it also aimed at isolating and characterizing community members in relation to their resistance and plant growth promoting (PGP) potential. On the other side the second section of the PhD study focused on the interaction of the examined autochthonous soil micro flora and plants in relation to Pb contamination in a Phytoremediation approach, examining 2 plants:Brassica juncea - crop plant with high biomass production known to accumulate various metals - and Apocynum cannabinum - suggested for both organic and inorganic Pb phytoextraction although only few literature data are available. The term Phytoextraction specifically refers to the use of pollutant-accumulating plants able to extract and translocate contaminants to the harvestable aerial portion, which can then be removed from the site; the efficiency of a phytoremediation/phytoextraction process depends directly on both biomass production and accumulation of the contaminant by the plant. Therefore both a lab-scale and a field-scale trial were performed to evaluate the interaction and possible synergistic role of the examined soil autochthonous micro flora in a Phytoremediation approach, and to study the tolerance and basic phytoremediation potential of the 2 plants in relation to the examined contamination. In the context of the characterization of the soil autochthonous bacterial community the results obtained indicated that the high Pb contamination in the Ex-SLOI area exerted a selection for a tolerant and well adapted community, characterized by a heterogenic structure and - for a perturbed soil - rich biodiversity, resistance and degrading potential. In particular both the molecular and the culture-dependent study performed indicated the predominance of the gram-negative Proteobacteria phylum, which included the majority of OTUs directly isolated from the most contaminated examined sampling points and accounted for the totality of strains isolated in the strictest condition of Enrichment culture - performed with TEL as sole carbon source, to select most resistant and metabolically potential strains. This phylum also included all 8 strains which displayed - in a molecular analysis - heavy metal (HM) resistance determinants, including a strain of Cupriavidus campinensis with 4 determinants (for resistance to Pb, Hg, Cr and Cd-Zn-Co). Considering also the PGP traits examined, 3 OTUs - of the Gamma and Beta Proteobacteria classes - reported both HM resistance determinants and PGP traits, namely Delftia sp., Pseudomonas putida and Stenotrophomonas maltophilia, consequently particularly interesting even in a Phytoremediation perspective with a biaugmentation protocol. The study performed indicated therefore the selection imposed by the contamination of a resistant microbial cenosis, with members of particular high resistance and PGP potential belonging to the most represented Proteobacteria phylum. Examining the interaction of indigenous micro flora with the plants B.juncea and A.cannabinum in the lab-scale study - performed in parallel with the soil from the Ex-SLOI area untreated and sterilized - the results pointed out the micro flora positive influence on both plant species, improving plant growth and the Phytoremediation efficiency; in B.juncea it also positively affected Pb uptake. Moreover, the analyses performed on the speciation of the organic Pb compounds in soil along the lab-scale trial with B.juncea pointed out a progressive degradation of organic lead during the phytoremediation process, suggesting the promotion by the plant-micro flora system of the mineralization of organic Pb to the less toxic and mobile inorganic lead. Obtained data also indicated tolerance and resistance of both plant species towards inorganic and organic Pb, reaching good Pb concentrations in their tissues, despite Pb is a challenging metal which tightly bind to soils particles and plant materials. However A. cannabinum showed a much lower and slower shoot biomass production and, although it reached the highest detected Pb concentration within its tissues, it displayed a sharp preferential Pb accumulation within roots, while accumulation in the harvestable shoots is the main objective in a phytoextraction process. Besides almost one order of magnitude decrease was detected in its shoot Pb concentrations in field conditions. However in field-trial performed at the Ex-SLOI area both species showed higher values of biomass production and consequently of Pb phytoextracted - defined as µg Pb/plant and calculated as the product of Pb concentrations reached in plant tissues and biomass produced - which evaluates the actual Phytoremediation efficiency. Comparing the 2 plant species, B.juncea showed a higher Phytoextraction efficiency accumulating a comparable amount of Pb in the harvestable shoot both in lab-scale mesocosms and in open field conditions, but in a much shorter time. Values obtained indicated that, despite not applicable at the high contaminations as those detected at the examined points within the Ex-SLOI, a Phytoremediation process with B.juncea could be interesting at lower/shallow inorganic/organic Pb contamination and in a combined approach with physical-chemical techniques. Accordingly to literature the main drawbacks of Phytoremediation are the need of time and low efficiency - associated to pollutant fixation by soil particles and low absorption and/or transportation by plants - and growing interest has been drawn by microorganisms with PGP activity, able to increase plant biomass and/or metal uptake, and by the use of higher plants such as Poplar (Populus sp.). Interesting prospective - and trial in progress - is in fact the application of this arboreal plant – with extensive root system and great biomass production - in a biaugmentation protocol with strains isolated from the examined indigenous micro flora selected within the Ex-SLOI area.
2011
Phytoremediation enhanced by microorganisms; organic and inorganic Lead; soil microorganisms
Il piombo è uno degli inquinanti di maggiore preoccupazione per la sua ampia diffusione, persistenza nell’ambiente ed elevata tossicità. In particolare l’uso per quasi un secolo di piombo tetraetile (TEL) come antidetonante nelle benzine ha provocato un inquinamento ubiquitario, sia in Pb inorganico che nel piu’ tossico Pb organico, con contaminazioni più gravi a livello produttivo per cui la bonifica risulta necessaria. Interessante alternativa o complemento ai metodi di bonifica fisici-chimici utilizzati, costosi e distruttivi, è fornita dalla Bioremediation, basata sull’impiego di microrganismi e/o piante in grado di degradare, detossificare e/o accumulare il contaminante. In particolare l'approccio Phytoremediation coadiuvata da microrganismi, basato sull'utilizzo di piante in sinergia con i microrganismi, è economico, eco-compatibile ed applicabile in situ sia per il risanamento che ripristino di suoli contaminati. In questo contesto nel presente studio di Dottorato è stato preso in esame il caso reale di un suolo altamente contaminato da piombo organico ed inorganico, nella zona industriale dismessa Ex-SLOI a Trento, dove SLOI produsse TEL per quasi 40 anni, sino alla fine degli anni ’70. Questo studio può essere suddiviso in due parti principali, in cui la prima è focalizzata sullo studio e caratterizzazione della comunità batterica autoctona selezionatasi nel suolo dell’area Ex-SLOI, con lo scopo di studiarne la biodiversità e composizione, e di valutare sia l’impatto della contaminazione sulla comunità pedologica, che la resistenza e potenzialità della stessa in relazione alla contaminazione presente. Lo studio si è volto inoltre ad isolare e caratterizzare componenti della comunità microbica in esame, in relazione alla loro resistenza e capacità di promozione della crescita vegetale, esaminando caratteri Plant Growth Promoting (PGP). Nella seconda parte lo studio si e’ incentrato sull'interazione tra la suddetta microflora e specie vegetali, in relazione alla contaminazione in esame e nel contesto di un approccio di Phytoremediation. In particolare 2 specie vegetali sono state esaminate: Brassica juncea - specie coltivata ad elevata produzione di biomassa, nota per la capacita’ di accumulare vari metalli- ed Apocynum cannabinum - proposta per un approccio di phytoextraction da Pb organico ed inorganico sebbene solo pochi dati ne siano riportati in letteratura. Il termine Phytoextraction si riferisce in particolare all’utilizzo di piante in grado di accumulare e traslocare il contaminante nella propria parte area, facilmente asportabile, e l'efficienza di un processo di Phytoremediation/Phytoextraction risulta proporzionale sia alla produzione di biomassa che all’accumulo di contaminante nella pianta. In questo contesto sono state quindi condotte una prova lab-scale e field-scale, al fine di valutare l'interazione e possibile ruolo sinergico della microflora autoctona nel sistema Pianta-microflora, e studiare la tolleranza e potenzialità di Phytoremediation delle 2 specie vegetali in relazione alla contaminazione in esame. Nel contesto della caratterizzazione della microflora autoctona, i risultati ottenuti indicano come l'elevata contaminazione presente nell’area Ex-SLOI abbia esercitato una pressione selettiva sulla cenosi batterica autoctona verso una comunità più tollerante, caratterizzata da una struttura eterogenica, elevata biodiversità (per un suolo perturbato), resistenza e potenzialita biodegradativa. In particolare entrambi gli approcci culture-dependent e -independent condotti, hanno evidenziato la prevalenza del phylum Proteobacteria, a cui si riconducono la maggioranza delle OTUs isolate direttamente dai punti di indagine maggiormente contaminati, e la totalità dei ceppi isolati nelle condizioni più restrittive delle colture di arricchimento allestite con TEL come unica fonte di carbonio, per isolare ceppi maggiormente resistenti e metabolicamente interessanti. Questo phylum inoltre include le 8 OTUs in cui lo studio molecolare ha evidenziato la presenza di determinanti genetici per la resistenza a metalli pesanti, tra cui un ceppo della specie Cupriavidus campinensis con 4 determinanti rispettivamente codificanti per le resistenze a Pb, Hg, Cr e Cd-Zn-Co. Considerando inoltre lo studio in relazione a tratti PGP, alle classi Beta e Gamma dei Proteobatteri appartengono le 3 OTUs (Delftia sp.,Pseudomonas putida e Stenotrophomonas maltophilia) che presentano sia determinanti per la resistenza a metalli pesanti che tratti PGP, pertanto di particolare interesse in un approccio di Phytoremediation. Lo studio condotto ha indicato quindi la selezione imposta dall’elevata contaminazione nell’area di una cenosi microbica resistente, con componenti di particolare potenzialità, sia nell’ambito della resistenza che di promozione della crescita vegetale, appartenenti al phylum maggiormente rappresentato dei Proteobatteri. Per quanto riguarda lo studio dell’interazione della microflora autoctona con le piante in esame, i risultati della prova lab-scale (allestita in parallelo con il suolo dell’area in esame tal quale e con il medesimo terreno sterilizzato) hanno evidenziato per entrambe un'influenza positiva della microflora autoctona sia sulla crescita vegetale che sull'efficienza del processo di Phytoremediation, incrementando in B.juncea anche l’assorbimento di Pb nei tessuti epigei. Analisi condotte sulla speciazione del Pb nel suolo nella prova lab-scale con B.juncea hanno altresì attestato la progressiva degradazione del Pb organico, suggerendo la promozione della sua mineralizzazione al meno tossico e mobile Pb inorganico da parte del sistema pianta-microflora. Per entrambe le specie vegetali in studio, i dati attestano una buona tolleranza e resistenza verso la contaminazione in esame, raggiungendo concentrazione piuttosto elevate di Pb nei loro tessuti, nonostante sia un metallo scarsamente biodisponibile. Tuttavia A.cannabinum ha mostrato una più lenta e minore produzione di biomassa; e nonostante abbia raggiunto nei propri tessuti le concentrazioni di Pb più elevate registrate, esso mostra un netto accumulo preferenziale nelle radici, con una diminuzione di un ordine di grandezza nelle concentrazioni in Pb raggiunte nei tessuti aerei in pieno campo. Tuttavia in field-trial per entrambe le piante si sono ottenuti valori nettamente superiori sia per la produzione di biomassa che, conseguentemente, di accumulo di Pb: definito come µg Pb/pianta e indice del contaminante effettivamente estratto e quindi dell’efficienza del processo, calcolato come prodotto della concentrazione in Pb raggiunta nei tessuti per la biomassa prodotta. Confrontando le due specie vegetali, B.juncea ha mostrato una maggiore efficienza di fitoestrazione, raggiungendo comparabili valori di accumulo di Pb nella porzione aerea - parametro di maggiore importanza in un processo di fitoestrazione - sia in lab-scale che in field-scale, ma in un tempo molto più breve. I valori ottenuti inoltre indicano come, nonostante non applicabile alle elevate contaminazioni rilevate nell’area Ex-SLOI, un processo Phytoremediation con la specie vegetale B.juncea risulti interessante per contaminazioni moderate/poco profonde e in un approccio combinato con metodiche chimico-fisiche. Principali svantaggi della Phytoremediation sono infatti la durata e bassa efficienza, legate alla bassa biodisponibilità del contaminante nel suolo e alla ridotta traslocazione nelle piante. Crescente attenzione è volta pertanto all’applicazione di microrganismi PGP, in grado di promuovere la crescita ovvero l’assorbimento del contaminante nelle piante, e all’utilizzo di piante arboree quali Populus sp.. Interessante prospettiva, e sperimentazione in corso, è infatti l'applicazione di tale pianta arborea in un protocollo di biaugmentation con ceppi isolati dalla microflora autoctona selezionatasi all'interno nell’area Ex-SLOI.
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