Il 14 dicembre 1841 Kierkegaard raccontava all’amico Boesen che «Schelling raccoglie ormai uno straordinario uditorio. Fa valere la scoperta per cui si danno due filosofie, una negativa e una positiva. Hegel non è nessuna delle due, è un raffinato spinozismo. La filosofia negativa è data dalla filosofia dell’identità, la positiva la darà ora e con questo aiuterà la scienza a raggiungere la sua vera altezza. Come vedi, si dà un avanzamento su tutto. Si può ora diventar maestro nell’una e nell’altra filosofia». A Berlino, Kierkegaard era arrivato a fine ottobre 1841 e il corso che Schelling tenne nel semestre invernale sulla Filosofia della rivelazione lo trascrisse fin dall’inizio, il 15 novembre, e però non fino alla conclusione, poiché gli appunti si fermano al 3 febbraio 1842. Scrivendo al fratello Peter il 27 febbraio, Kierkegaard osservava che «Schelling chiacchiera in modo del tutto insopportabile […]. Io sono troppo vecchio per stare a sentire lezioni, ma Schelling è troppo vecchio per tenerle. Tutta la sua teoria delle potenze rivela la più grande impotenza. Quindi al più presto lascerò Berlino per tornare a Copenhagen». E infatti, il 6 marzo lasciò Berlino per tornare in patria. A Ingrid Basso spetta il merito notevole di aver saputo ricostruire un momento di contatto tra due filosofi nel modo auspicabilmente più originale e completo a fronte delle risorse bibliografiche e lessicali che oggi sono a disposizione. Impeccabile la sua traduzione italiana con testo a fronte del kierkegaardiano Referat af Schellings Foraeslinger i Berlin (pp. 1-229), corredata da un’ampia introduzione (pp. VII-XCV), dall’indicazione di tutti i passi citati da Schelling lezione per lezione dal testo della Philosophie der Offenbarung nella traduzione di Bausola con testo originale a fronte (pp. 231-527), da due pagine di parole chiave (pp. 529-530) e da un’ampia bibliografia (pp. 531-549). Ancora più grande il merito della valutazione di questo incontro, al quale Ingrid Basso ha dedicato la sua tesi di dottorato presso la Scuola Internazionale di Alti Studi della Fondazione Collegio San Carlo di Modena, apparsa in volume nella collana “Itinerari filosofici” di Mimesis e dalla quale passo a citare nel seguito. Scopo del lavoro è cercare nel discorso filosofico kierkegaardiano uno Schelling assorbito e utilizzato in funzione “antihegeliana” e però anche “positivamente”, per se stesso, «seppur talvolta, e forse anche con una certa frequenza, non in modo esplicito»; indagine su quanto non è stato espresso che, a detta dell’autrice, sarebbe poi «quella più feconda» e che è l’oggetto del capitolo finale (pp. 39s.). Detto questo, è anche molto apprezzabile lo sforzo di esplorare nei dettagli il «retroterra filosofico-culturale nel quale il pensatore Kierkegaard iniziò a muovere i suoi primi passi e dal quale dovette aver tratto le prime impressioni – e pertanto delle precise aspettative – circa la filosofia schellinghiana» (p. 40). Si tratta insomma di valutare «quanto e come Kierkegaard poté aver colto e compreso della filosofia di Schelling» (p. 41). Cosa tanto più interessante, perché qui non abbiamo la semplice lettura di un testo, abbiamo una sua riscrittura e abbiamo allo stesso tempo un resoconto «tra i più dettagliati che siano rimasti tuttora in circolazione» della viva voce di Schelling a lezione (p. 42). I temi fondamentali del corso vengono tutti spiegati dall’autrice con grande perspicuità (pp. 71ss.). Il genere letterario del Referat kierkegaardiano è dunque quello di una trascrizione di lezioni. Ma già qui si notano delle difficoltà. Referat vale in danese come reportatio in latino, si pensi per esempio alle Reportationes Parisienes di Duns Scoto. Ma quella di Kierkegaard non era una Mitschrift, come lo furono gli appunti presi da Herder in presa diretta e senza elaborazione ulteriore alle lezioni di Kant, e neanche di una Nachschrift, un testo elaborato e definitivo costruito dagli studenti sulla base dei loro appunti, talvolta collazionando più appunti dello stesso corso, talvolta addirittura integrando appunti da corsi precedenti o successivi, e le sezioni Vorlesungen delle edizioni di Kant e di Hegel offrono molti esempi di tutte le possibili varianti. Si tratta, invece, di una riscrittura in bella copia (dunque di una Reinschrift, non di una Mitschrift) e in un’altra lingua. Caso, questo, in effetti raro. Ottima la ricostruzione dell’autrice della vita universitaria, scientifica, culturale e ministeriale della Berlino (pp. 50ss.) e della Copenhagen di quegli anni (pp. 87ss.). Nel capitolo conclusivo di questo duplice pregevole contributo, Ingrid Basso affronta la questione della risposta filosofica data da Kierkegaard all’ultimo Schelling, che sosteneva, appunto, che la filosofia negativa avrebbe consegnato alla filosofia l’ente vero, l’essere che non può derivare da una precedenza potenza, l’actus purus, l’essere che è tale prima di ogni pensiero. Questo sarebbe per Kierkegaard, suggerisce Ingrid Basso, lo spazio nel quale non è data la possibilità di un passaggio, ma nel quale si tratta invece «di saltare con timore e tremore in virtù della fede, fede che però non significa abbandono della ragione, ma solamente abbandono della convinzione dell’autonomia dell’essente» (p. 217).

Søren Kierkegaard, Appunti delle lezioni berlinesi di Schelling sulla “Filosofia della Rivelazione” [1841-1842], ed. Ingrid Basso (Milano: Bompiani, 2008)

POZZO, Riccardo
2009-01-01

Abstract

Il 14 dicembre 1841 Kierkegaard raccontava all’amico Boesen che «Schelling raccoglie ormai uno straordinario uditorio. Fa valere la scoperta per cui si danno due filosofie, una negativa e una positiva. Hegel non è nessuna delle due, è un raffinato spinozismo. La filosofia negativa è data dalla filosofia dell’identità, la positiva la darà ora e con questo aiuterà la scienza a raggiungere la sua vera altezza. Come vedi, si dà un avanzamento su tutto. Si può ora diventar maestro nell’una e nell’altra filosofia». A Berlino, Kierkegaard era arrivato a fine ottobre 1841 e il corso che Schelling tenne nel semestre invernale sulla Filosofia della rivelazione lo trascrisse fin dall’inizio, il 15 novembre, e però non fino alla conclusione, poiché gli appunti si fermano al 3 febbraio 1842. Scrivendo al fratello Peter il 27 febbraio, Kierkegaard osservava che «Schelling chiacchiera in modo del tutto insopportabile […]. Io sono troppo vecchio per stare a sentire lezioni, ma Schelling è troppo vecchio per tenerle. Tutta la sua teoria delle potenze rivela la più grande impotenza. Quindi al più presto lascerò Berlino per tornare a Copenhagen». E infatti, il 6 marzo lasciò Berlino per tornare in patria. A Ingrid Basso spetta il merito notevole di aver saputo ricostruire un momento di contatto tra due filosofi nel modo auspicabilmente più originale e completo a fronte delle risorse bibliografiche e lessicali che oggi sono a disposizione. Impeccabile la sua traduzione italiana con testo a fronte del kierkegaardiano Referat af Schellings Foraeslinger i Berlin (pp. 1-229), corredata da un’ampia introduzione (pp. VII-XCV), dall’indicazione di tutti i passi citati da Schelling lezione per lezione dal testo della Philosophie der Offenbarung nella traduzione di Bausola con testo originale a fronte (pp. 231-527), da due pagine di parole chiave (pp. 529-530) e da un’ampia bibliografia (pp. 531-549). Ancora più grande il merito della valutazione di questo incontro, al quale Ingrid Basso ha dedicato la sua tesi di dottorato presso la Scuola Internazionale di Alti Studi della Fondazione Collegio San Carlo di Modena, apparsa in volume nella collana “Itinerari filosofici” di Mimesis e dalla quale passo a citare nel seguito. Scopo del lavoro è cercare nel discorso filosofico kierkegaardiano uno Schelling assorbito e utilizzato in funzione “antihegeliana” e però anche “positivamente”, per se stesso, «seppur talvolta, e forse anche con una certa frequenza, non in modo esplicito»; indagine su quanto non è stato espresso che, a detta dell’autrice, sarebbe poi «quella più feconda» e che è l’oggetto del capitolo finale (pp. 39s.). Detto questo, è anche molto apprezzabile lo sforzo di esplorare nei dettagli il «retroterra filosofico-culturale nel quale il pensatore Kierkegaard iniziò a muovere i suoi primi passi e dal quale dovette aver tratto le prime impressioni – e pertanto delle precise aspettative – circa la filosofia schellinghiana» (p. 40). Si tratta insomma di valutare «quanto e come Kierkegaard poté aver colto e compreso della filosofia di Schelling» (p. 41). Cosa tanto più interessante, perché qui non abbiamo la semplice lettura di un testo, abbiamo una sua riscrittura e abbiamo allo stesso tempo un resoconto «tra i più dettagliati che siano rimasti tuttora in circolazione» della viva voce di Schelling a lezione (p. 42). I temi fondamentali del corso vengono tutti spiegati dall’autrice con grande perspicuità (pp. 71ss.). Il genere letterario del Referat kierkegaardiano è dunque quello di una trascrizione di lezioni. Ma già qui si notano delle difficoltà. Referat vale in danese come reportatio in latino, si pensi per esempio alle Reportationes Parisienes di Duns Scoto. Ma quella di Kierkegaard non era una Mitschrift, come lo furono gli appunti presi da Herder in presa diretta e senza elaborazione ulteriore alle lezioni di Kant, e neanche di una Nachschrift, un testo elaborato e definitivo costruito dagli studenti sulla base dei loro appunti, talvolta collazionando più appunti dello stesso corso, talvolta addirittura integrando appunti da corsi precedenti o successivi, e le sezioni Vorlesungen delle edizioni di Kant e di Hegel offrono molti esempi di tutte le possibili varianti. Si tratta, invece, di una riscrittura in bella copia (dunque di una Reinschrift, non di una Mitschrift) e in un’altra lingua. Caso, questo, in effetti raro. Ottima la ricostruzione dell’autrice della vita universitaria, scientifica, culturale e ministeriale della Berlino (pp. 50ss.) e della Copenhagen di quegli anni (pp. 87ss.). Nel capitolo conclusivo di questo duplice pregevole contributo, Ingrid Basso affronta la questione della risposta filosofica data da Kierkegaard all’ultimo Schelling, che sosteneva, appunto, che la filosofia negativa avrebbe consegnato alla filosofia l’ente vero, l’essere che non può derivare da una precedenza potenza, l’actus purus, l’essere che è tale prima di ogni pensiero. Questo sarebbe per Kierkegaard, suggerisce Ingrid Basso, lo spazio nel quale non è data la possibilità di un passaggio, ma nel quale si tratta invece «di saltare con timore e tremore in virtù della fede, fede che però non significa abbandono della ragione, ma solamente abbandono della convinzione dell’autonomia dell’essente» (p. 217).
2009
9788845260605
Kierkegaard; Schelling; filosofia della religione
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