La dottrina dei costumi di Christian Thomasius apparve in due volumi a Halle tra il 1692 e il 1696, intitolati rispettivamente Einleitung zur Sitten-Lehre e Ausübung der Sitten-Lehre, secondo uno schema giä sperimentato da Thomasius nella logica, in due volumi apparsi sempre a Halle nel 1691, intitolati Einleitung in die Vernunft-Lehre e Ausübung der Vernunft-Lehre. Si tratta di uno schema che raccoglie l’eredità della distinzione scolastica tra logica docens e logica utens e prepara la distinzione wolffiana tra logica theoretica e logica practica mettendo però fortemente l’accento sulla finalità pratica della logica come dell’etica. Ricorda molto a ragione Raffaele Ciafardone nella sua introduzione, che per Thomasius la facoltà più nobile dell’uomo non è l’intelletto, ma la volontà (p. XII – cfr. peraltro, dello stesso Ciafardone, l’articolo Über das Primat der praktischen Vernunft vor der theoretischen bei Thomasius und Crusius mit Beziehung auf Kant, in “Studia leibnitiana” 14 [1982], pp. 127-135). Va ricordato che Christian Thomasius era figlio di un celebre professore di filosofia aristotelica a Lipsia, Jakob Thomasius, che fu maestro di Gottfried Leibniz e autore di due manuali di logica e metafisica, gli Erotemata logica pro incipientibus e gli Ero¬temata metaphysica pro incipientibus, apparsi in seconda edizione a Lipsia nel 1678, dunque a ridosso di quelli del figlio. Perché sempre di manuali si tratta, anche se al tempo della pubblicazione dei volumi qui recensiti, Christian Thomasius non era stato ancora chiamato all’università che avrebbe reso celebre, l’Academia Fridericiana di Halle, che venne fondata solo nel 1694. La principale differenza tra il padre e il figlio va vista nell’uso della lingua, con il padre ancora fermo al latino e al pubblico degli studenti, e il figlio pronto invece a sperimentare il tedesco e aperto anche al pubblico colto. Dopo i grandi sforzi di creatività linguistica di Martin Luther, Valentin Weigel e Jakob Böhme, la terminologia filosofica tedesca si formava grazie a un confronto diretto con la terminologia filosofica latina nei cento anni che separano, appunto, Christian Thomasius da Immanuel Kant – passando attraverso Johann Georg Walch, Christian Wolff e Georg Friedrich Meier, tutti autori di libri apparsi in duplice versione latina e tedesca (si vedano le indagini lessicografiche pubblicate da Dagmar von Wille nel suo Lessico filosofico della Frühaufklärung (LIE, vol. 54, Ateneo, Roma 1991). Alla questione dell’uso del tedesco, Ciafardone dedica una lunga e attenta nota dell’introduzione (n. 10, pp. XV-XVII). Va sottolineata l’indipendenza di Thomasius figlio, che arricchisce la lingua filosofica tedesca non solo di traduzioni e calchi dal greco e dal latino, ma anche dal francese (due esempi solo a p. LIII: Raison, employren). Ciafardone spiega che, così come la logica thomasiana si pone nel solco della canonica epicurea assumendo una “posizione marcatamente empiristica” e un conseguente rifiuto delle dottrine aristoteliche del sillogismo e della dimostrazione (p. VIII), anche l’etica thomasiana è dichiaratamente antiaristotelica e rimanda alla posizione di Pierre Gassendi il quale, “riprendendo il progetto dell’etica epicurea vola a perseguire la tranquillità dell’animo per mezzo dell’uso moderato delle passioni, aveva concepito la voluttà non come quiete o come torrente impetuoso, bensì come l’acqua di un fiume che scorre placido e silenzioso” (p. X). Thomasius ripone la felicità dell’uomo nella “tranquillità dell’animo” (Gemüths-Ruhe), definita come “un tranquillo diletto, consistente nel fatto che l’uomo non sente né dolori né gioia per qualcosa e in questo stato tende a unirsi ad altri uomini che possiedono una siffatta tranquillità dell’animo” (II, § 65, p. 85s). Per Thomasius, la natura dell’uomo, conclude Ciafardone, “come quella di tutte le cose consiste in un movimento continuo il quale ha ricevuto da Dio una certa misura, una certa meta e un certo modo che consentono all’uomo di passare da un essere imperfetto a un essere perfetto” (p. X). Le Ausgewählte Schriften di Thomasius curate da Werner Schneiders per i tipi di Olms sono tuttora in via di pubblicazione (il primo volume uscì nel 1968). Non si tratta di un’edizione di opere complete, ma pur sempre di un corpus filosofico di tutto rispetto. La traduzione italiana con testo a fronte di un’opera thomasiana è un grande arricchimento. La traduzione è di livello eccellente, ma va segnalato un piccolo infortunio dovuto alle intricate vicende della storia tedesca: il titolo che segue di “Chur-Brandenburgischen Raths und Professoris zu Halle”, che segue il nome dell’autore sul frontespizio non legge “Consigliere della Coira e del Brandeburgo e Professore in Halle” (p. XXIV), bensì “Consigliere dell’Elettorato di Brandenburgo e Professor a Halle”.

Christian Thomasius, Introduzione alla dottrina dei costumi (Pescara: Sigraf, 2005)

POZZO, Riccardo
2008-01-01

Abstract

La dottrina dei costumi di Christian Thomasius apparve in due volumi a Halle tra il 1692 e il 1696, intitolati rispettivamente Einleitung zur Sitten-Lehre e Ausübung der Sitten-Lehre, secondo uno schema giä sperimentato da Thomasius nella logica, in due volumi apparsi sempre a Halle nel 1691, intitolati Einleitung in die Vernunft-Lehre e Ausübung der Vernunft-Lehre. Si tratta di uno schema che raccoglie l’eredità della distinzione scolastica tra logica docens e logica utens e prepara la distinzione wolffiana tra logica theoretica e logica practica mettendo però fortemente l’accento sulla finalità pratica della logica come dell’etica. Ricorda molto a ragione Raffaele Ciafardone nella sua introduzione, che per Thomasius la facoltà più nobile dell’uomo non è l’intelletto, ma la volontà (p. XII – cfr. peraltro, dello stesso Ciafardone, l’articolo Über das Primat der praktischen Vernunft vor der theoretischen bei Thomasius und Crusius mit Beziehung auf Kant, in “Studia leibnitiana” 14 [1982], pp. 127-135). Va ricordato che Christian Thomasius era figlio di un celebre professore di filosofia aristotelica a Lipsia, Jakob Thomasius, che fu maestro di Gottfried Leibniz e autore di due manuali di logica e metafisica, gli Erotemata logica pro incipientibus e gli Ero¬temata metaphysica pro incipientibus, apparsi in seconda edizione a Lipsia nel 1678, dunque a ridosso di quelli del figlio. Perché sempre di manuali si tratta, anche se al tempo della pubblicazione dei volumi qui recensiti, Christian Thomasius non era stato ancora chiamato all’università che avrebbe reso celebre, l’Academia Fridericiana di Halle, che venne fondata solo nel 1694. La principale differenza tra il padre e il figlio va vista nell’uso della lingua, con il padre ancora fermo al latino e al pubblico degli studenti, e il figlio pronto invece a sperimentare il tedesco e aperto anche al pubblico colto. Dopo i grandi sforzi di creatività linguistica di Martin Luther, Valentin Weigel e Jakob Böhme, la terminologia filosofica tedesca si formava grazie a un confronto diretto con la terminologia filosofica latina nei cento anni che separano, appunto, Christian Thomasius da Immanuel Kant – passando attraverso Johann Georg Walch, Christian Wolff e Georg Friedrich Meier, tutti autori di libri apparsi in duplice versione latina e tedesca (si vedano le indagini lessicografiche pubblicate da Dagmar von Wille nel suo Lessico filosofico della Frühaufklärung (LIE, vol. 54, Ateneo, Roma 1991). Alla questione dell’uso del tedesco, Ciafardone dedica una lunga e attenta nota dell’introduzione (n. 10, pp. XV-XVII). Va sottolineata l’indipendenza di Thomasius figlio, che arricchisce la lingua filosofica tedesca non solo di traduzioni e calchi dal greco e dal latino, ma anche dal francese (due esempi solo a p. LIII: Raison, employren). Ciafardone spiega che, così come la logica thomasiana si pone nel solco della canonica epicurea assumendo una “posizione marcatamente empiristica” e un conseguente rifiuto delle dottrine aristoteliche del sillogismo e della dimostrazione (p. VIII), anche l’etica thomasiana è dichiaratamente antiaristotelica e rimanda alla posizione di Pierre Gassendi il quale, “riprendendo il progetto dell’etica epicurea vola a perseguire la tranquillità dell’animo per mezzo dell’uso moderato delle passioni, aveva concepito la voluttà non come quiete o come torrente impetuoso, bensì come l’acqua di un fiume che scorre placido e silenzioso” (p. X). Thomasius ripone la felicità dell’uomo nella “tranquillità dell’animo” (Gemüths-Ruhe), definita come “un tranquillo diletto, consistente nel fatto che l’uomo non sente né dolori né gioia per qualcosa e in questo stato tende a unirsi ad altri uomini che possiedono una siffatta tranquillità dell’animo” (II, § 65, p. 85s). Per Thomasius, la natura dell’uomo, conclude Ciafardone, “come quella di tutte le cose consiste in un movimento continuo il quale ha ricevuto da Dio una certa misura, una certa meta e un certo modo che consentono all’uomo di passare da un essere imperfetto a un essere perfetto” (p. X). Le Ausgewählte Schriften di Thomasius curate da Werner Schneiders per i tipi di Olms sono tuttora in via di pubblicazione (il primo volume uscì nel 1968). Non si tratta di un’edizione di opere complete, ma pur sempre di un corpus filosofico di tutto rispetto. La traduzione italiana con testo a fronte di un’opera thomasiana è un grande arricchimento. La traduzione è di livello eccellente, ma va segnalato un piccolo infortunio dovuto alle intricate vicende della storia tedesca: il titolo che segue di “Chur-Brandenburgischen Raths und Professoris zu Halle”, che segue il nome dell’autore sul frontespizio non legge “Consigliere della Coira e del Brandeburgo e Professore in Halle” (p. XXIV), bensì “Consigliere dell’Elettorato di Brandenburgo e Professor a Halle”.
2008
9788890162282
etica; prudenza; Thomasius
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/346742
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