La ricerca indaga il rapporto fra il sistema politico italiano e la disciplina del sistema di elezione dei parlamentari europei spettanti all’Italia. Il punto di partenza è la legge n. 18/1979, che prevedeva un sistema proporzionale puro basato su liste concorrenti, il quale consentiva a tutti i partiti nazionali di essere rappresentati al Parlamento europeo: un sistema concepito per un organo elettivo che, non godendo di poteri reali, avrebbe dovuto svolgere essenzialmente una funzione di rappresentanza, ma soprattutto per la società politica italiana, in cui era dominante la cultura proporzionalistica, figlia dell’eterogeneità politico-sociale che ha caratterizzato la prima fase della vita repubblicana. Tale sistema favoriva la frammentazione del quadro politico nazionale, ma non veniva avvertito come un’anomalia perché, anche dopo l’introduzione di sistemi elettorali in prevalenza maggioritari (leggi n. 276/1993 e n. 277/1993), era inserito all’interno di un sistema politico-istituzionale che tendeva a includere tutti i gruppi. Nella nuova situazione creatasi dopo le elezioni politiche del 2008, per effetto della decisione dei partiti più grandi (il Popolo della Libertà e il Partito Democratico) di semplificare il quadro politico rifiutando ampie coalizioni, esso viene invece percepito come un elemento dissonante, che potrebbe ostacolare il processo di modernizzazione del sistema politico nazionale. Di qui la decisione di correggerlo con una soglia di sbarramento del 4%. Per effetto dell'applicazione di tale soglia, introdotta dalla legge n. 10/2009 — di cui viene ricostruita la genesi —, la rappresentanza italiana al Parlamento europeo è assai meno frazionata, in sostanziale corrispondenza con il mutamento della rappresentanza politica in Italia. L’esito delle elezioni europee ha, dunque, consolidato il processo di “semplificazione” del sistema politico nazionale. Ciò, tuttavia, non anche nel senso della creazione di un sistema politico tendenzialmente bipartitico, come auspicato dai leaders dei due maggiori partiti al momento dell'accordo sulla modifica della legge elettorale, essendo stato negativo per entrambi il risultato, che ha invece premiato i loro alleati.

La «semplificazione» del sistema politico italiano e la modifica della legge sull'elezione dei parlamentari europei

FERRI, Giampietro
Writing – Original Draft Preparation
2009-01-01

Abstract

La ricerca indaga il rapporto fra il sistema politico italiano e la disciplina del sistema di elezione dei parlamentari europei spettanti all’Italia. Il punto di partenza è la legge n. 18/1979, che prevedeva un sistema proporzionale puro basato su liste concorrenti, il quale consentiva a tutti i partiti nazionali di essere rappresentati al Parlamento europeo: un sistema concepito per un organo elettivo che, non godendo di poteri reali, avrebbe dovuto svolgere essenzialmente una funzione di rappresentanza, ma soprattutto per la società politica italiana, in cui era dominante la cultura proporzionalistica, figlia dell’eterogeneità politico-sociale che ha caratterizzato la prima fase della vita repubblicana. Tale sistema favoriva la frammentazione del quadro politico nazionale, ma non veniva avvertito come un’anomalia perché, anche dopo l’introduzione di sistemi elettorali in prevalenza maggioritari (leggi n. 276/1993 e n. 277/1993), era inserito all’interno di un sistema politico-istituzionale che tendeva a includere tutti i gruppi. Nella nuova situazione creatasi dopo le elezioni politiche del 2008, per effetto della decisione dei partiti più grandi (il Popolo della Libertà e il Partito Democratico) di semplificare il quadro politico rifiutando ampie coalizioni, esso viene invece percepito come un elemento dissonante, che potrebbe ostacolare il processo di modernizzazione del sistema politico nazionale. Di qui la decisione di correggerlo con una soglia di sbarramento del 4%. Per effetto dell'applicazione di tale soglia, introdotta dalla legge n. 10/2009 — di cui viene ricostruita la genesi —, la rappresentanza italiana al Parlamento europeo è assai meno frazionata, in sostanziale corrispondenza con il mutamento della rappresentanza politica in Italia. L’esito delle elezioni europee ha, dunque, consolidato il processo di “semplificazione” del sistema politico nazionale. Ciò, tuttavia, non anche nel senso della creazione di un sistema politico tendenzialmente bipartitico, come auspicato dai leaders dei due maggiori partiti al momento dell'accordo sulla modifica della legge elettorale, essendo stato negativo per entrambi il risultato, che ha invece premiato i loro alleati.
2009
Parlamento europeo, Italia, sistema elettorale, clausola di sbarramento, sistema politico italiano, partiti politici
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