La complessa sentenza del 13 settembre 2005, causa C-176/03, resa dalla Corte di giustizia in materia di protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale, ripropone in tutta la sua problematicità il tema del riparto verticale delle competenze tra Stati membri ed Unione europea. Nel contributo, partendo dall’analisi della citata pronuncia per poi ripercorrere la pregressa giurisprudenza comunitaria, si cerca di argomentare quanto e come i giudici di Lussemburgo abbiano saputo e sappiano influenzare tale ripartizione di competenze, con scelte non sempre pienamente condivisibili. Ne risulta che la Corte, dibattuta tra l’intento di incentivare il processo comunitario e quello di assolvere al suo ruolo di garante del diritto, non è tuttora in grado di essere un arbitro obiettivo, capace di mantenere la separazione delle competenze sulla base di criteri oggettivi. La svolta potrebbe, però, giungere da una maggiore cooperazione tra la Corte comunitaria e le Corti costituzionali che, attraverso il rinvio pregiudiziale, potrebbero entrare in dialogo e contatto diretto: come le regole sulle competenze vengono e verranno applicate dipenderà anche dalla capacità delle Corti statali di interagire ed indirizzare la giurisprudenza comunitaria.

Il riparto delle competenze tra Stati membri ed Unione europea alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia

CARLOTTO, Ilaria
2007-01-01

Abstract

La complessa sentenza del 13 settembre 2005, causa C-176/03, resa dalla Corte di giustizia in materia di protezione dell’ambiente attraverso il diritto penale, ripropone in tutta la sua problematicità il tema del riparto verticale delle competenze tra Stati membri ed Unione europea. Nel contributo, partendo dall’analisi della citata pronuncia per poi ripercorrere la pregressa giurisprudenza comunitaria, si cerca di argomentare quanto e come i giudici di Lussemburgo abbiano saputo e sappiano influenzare tale ripartizione di competenze, con scelte non sempre pienamente condivisibili. Ne risulta che la Corte, dibattuta tra l’intento di incentivare il processo comunitario e quello di assolvere al suo ruolo di garante del diritto, non è tuttora in grado di essere un arbitro obiettivo, capace di mantenere la separazione delle competenze sulla base di criteri oggettivi. La svolta potrebbe, però, giungere da una maggiore cooperazione tra la Corte comunitaria e le Corti costituzionali che, attraverso il rinvio pregiudiziale, potrebbero entrare in dialogo e contatto diretto: come le regole sulle competenze vengono e verranno applicate dipenderà anche dalla capacità delle Corti statali di interagire ed indirizzare la giurisprudenza comunitaria.
2007
competenze; stati membri; unione europea
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