Per Scheler l’eros rende visibile il mondo in quanto distoglie il nostro sguardo dalla immediata utilizzabilità. Nella reazione automatica stimolo-risposta il sistema organico rimane cieco: associando immediatamente allo stimolo la propria possibile reazione l’istinto «vede» solo il proprio appagamento. Nella logica istintiva gli «occhi» del sistema organico non hanno il minimo interesse a «guardare»: il raggio di rilevanza di tale sguardo è solo quello dell’utile e del dannoso, qui c’è solo l’«occhio» dell’animale che scandaglia il proprio mondo-ambiente alla ricerca dei riflessi dei propri istinti. In tutti questi casi non solo non si vede l’altro ma non si raggiunge neppure una visione oggettiva del mondo circostante. Proprio come osserva Plotino, eros sembra strettamente connesso al verbo orao (vedere): eros è nato «come un occhio pieno, come visione che ha in sé la sua immagine; e forse la sua denominazione deriva dal fatto che egli ottiene la sua esistenza dalla visione». Più volte Plotino afferma che eros è l’occhio nato dal desiderio, che eros «è l’occhio del desiderio che permette all’amante di vedere l’oggetto desiderato, correndo egli stesso per primo dinanzi e riempiendosi di questa visione ancor prima di aver dato all’amante la facoltà di vedere col suo organo». Ed è forse in questo senso che si può intendere anche il verso di Schiller secondo cui solo attraverso il portale della bellezza si accede alla terra della conoscenza: nella scansione temporale determinata dall’eros l’appagamento viene distanziato in un oggetto da desiderare e tale desiderare consente di vedere il vedere e di aprire per sempre le porte al mondo visivo e della conoscenza. Posticipando l'appagamento immediato e ponendo l'energia pulsionale al servizio dell’attività percettiva, l’eros si palesa come il vero artefice dell’occhio umano.

Le ali dell’eros. Per una riconsiderazione dell’antropologia filosofica di Max Scheler

CUSINATO, Guido
1999-01-01

Abstract

Per Scheler l’eros rende visibile il mondo in quanto distoglie il nostro sguardo dalla immediata utilizzabilità. Nella reazione automatica stimolo-risposta il sistema organico rimane cieco: associando immediatamente allo stimolo la propria possibile reazione l’istinto «vede» solo il proprio appagamento. Nella logica istintiva gli «occhi» del sistema organico non hanno il minimo interesse a «guardare»: il raggio di rilevanza di tale sguardo è solo quello dell’utile e del dannoso, qui c’è solo l’«occhio» dell’animale che scandaglia il proprio mondo-ambiente alla ricerca dei riflessi dei propri istinti. In tutti questi casi non solo non si vede l’altro ma non si raggiunge neppure una visione oggettiva del mondo circostante. Proprio come osserva Plotino, eros sembra strettamente connesso al verbo orao (vedere): eros è nato «come un occhio pieno, come visione che ha in sé la sua immagine; e forse la sua denominazione deriva dal fatto che egli ottiene la sua esistenza dalla visione». Più volte Plotino afferma che eros è l’occhio nato dal desiderio, che eros «è l’occhio del desiderio che permette all’amante di vedere l’oggetto desiderato, correndo egli stesso per primo dinanzi e riempiendosi di questa visione ancor prima di aver dato all’amante la facoltà di vedere col suo organo». Ed è forse in questo senso che si può intendere anche il verso di Schiller secondo cui solo attraverso il portale della bellezza si accede alla terra della conoscenza: nella scansione temporale determinata dall’eros l’appagamento viene distanziato in un oggetto da desiderare e tale desiderare consente di vedere il vedere e di aprire per sempre le porte al mondo visivo e della conoscenza. Posticipando l'appagamento immediato e ponendo l'energia pulsionale al servizio dell’attività percettiva, l’eros si palesa come il vero artefice dell’occhio umano.
1999
Platone; Plotino; Scheler; eros; antropologia filosofica
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