Metodi Questo studio retrospettivo ha esaminato l’esperienza di due centri di riferimento (Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona; Ospedale “Carlo Poma” di Mantova) e ha eseguito una revisione sistematica della letteratura in un periodo di 22 anni (da gennaio 2001 ad aprile 2023). La ricerca bibliografica è stata effettuata attraverso i seguenti motori di ricerca: PubMed, CINAHL e Scopus. Questa revisione sistematica è stata condotta in conformità con il “Cochrane Handbook for Systematic Reviews” e la dichiarazione “Preferred Reporting Items for Systematic Reviews and Meta-Analyses”. Sono stati inclusi tutti i manoscritti in lingua inglese che riportavano almeno un caso di agenesia del dotto venoso diagnosticato in epoca prenatale. Tutti gli articoli inclusi sono stati sottoposti ad una rigorosa riesamina utilizzando il “Joanna Briggs Institute critical appraisal tool”. Sono stati individuati 220 articoli e sulla base dei criteri di inclusione ed esclusione, sono stati considerati idonei 50 articoli. Nell’ambito di questa analisi, sono stati esaminati 288 casi di agenesia del dotto venoso diagnosticati in epoca prenatale, di cui 3 pazienti afferenti ai nostri centri e 285 casi identificati attraverso una revisione sistematica della letteratura. Nella nostra analisi, un feto è stato considerato affetto da ritardo di crescita intrauterino se la diagnosi era stata eseguita in utero oppure se il peso alla nascita risultava inferiore al terzo percentile per l’età gestazionale secondo i nomogrammi della “Fetal Medicine Foundation fetal and neonatal population weight charts”. I risultati sono stati presentati come media e mediana per le variabili quantitative, mediante frequenze assolute e percentuali per le variabili categoriche. Le variabili categoriche sono state confrontate utilizzando il test del chi-quadro e il test esatto di Fisher. La significatività statistica è stata fissata a 0.05. Risultati L’età gestazionale media al momento della diagnosi è stata di 23 settimane, mentre l’età gestazionale media al momento del parto di 36 settimane. L’84% delle pazienti che ha partorito per via vaginale era a termine di gravidanza (≥ 37 settimane di gestazione), mentre il 41% delle donne che ha effettuato un taglio cesareo era a termine. Un esito sfavorevole (definito come morte fetale intrauterina, morte neonatale o infantile) è stato rilevato nel 16% dei feti a termine e nel 39% dei feti prematuri. Il tasso complessivo di sopravvivenza neonatale è risultato essere del 76%. Il 94% dei casi di feti con outcome sfavorevole aveva multiple malformazioni associate. L’84% dei feti con un’anomalia genetica aveva anche altre malformazioni associate. Il 21% dei feti con un cariotipo normale hanno avuto un esito infausto, versus il 41% di quelli con associati difetti genetici. La presenza di un’anomalia genetica è quindi correlata ad un esito neonatale sfavorevole. Una morte fetale intrauterina è avvenuta nel 7% dei casi di agenesia del dotto venoso, di questi l’81% aveva altre anomalie rilevate ecograficamente e nel 69% dei casi era presente uno shunt extraepatico. Le anomalie cardiache si sono dimostrate essere le più frequentemente associate all’agenesia del dotto venoso (55%), seguite da malformazioni vascolari (31%), idrope fetale (30%), ritardo di crescita fetale (19%), malformazioni gastrointestinali (10%), scheletriche (10%), neurologiche (8%), genitourinarie DIAGNOSI DELLE MALFORMAZIONI FETALI 141 (8%), toraciche (2%) ed addominali (1%). Il 71% dei casi associati ad altre anomalie aveva uno shunt extraepatico, mentre il 29% intraepatico. È stata trovata una correlazione statisticamente significativa tra “malformazioni cardiache” e “shunt extraepatico”, e tra “shunt extraepatico” e “restrizione di crescita intrauterina”. Il 76% dei feti con restrizione di crescita ed agenesia del dotto venoso aveva uno shunt extraepatico, mentre il 24% intraepatico. Conclusioni In accordo con la letteratura precedente, questo studio dimostra che la presenza di idrope, anomalie congenite, genetiche, o parto prematuro peggiorano l’outcome fetale dei feti affetti da agenesia del dotto venoso. Nonostante alcune limitazioni (studio retrospettivo, dati limitati sugli esiti a lungo termine ed informazioni mancanti di anamnesi ostetrica), dall’analisi emerge che i feti con shunt extraepatico sono più inclini ad avere altre malformazioni associate, soprattutto cardiache, ed un ritardo di crescita intrauterino. Ciò potrebbe essere dovuto ad un’architettura vascolare più distorta, responsabile di un importante rebound cardiaco ed un rallentamento della crescita. Di conseguenza, questi feti hanno una maggiore probabilità di prognosi infausta. Gli autori sottolineano, pertanto, l’importanza di eseguire uno studio vascolare ecografico nel sospetto di agenesia del dotto venoso per una migliore diagnosi differenziale del tipo di shunt.

. Agenesia del dotto venoso e ritardo di crescita fetale intrauterino: esiste un legame? Evidenze da centri di riferimento e una revisione sistematica della letteratura

Simone Garzon;Ricciarda Raffaelli
2024-01-01

Abstract

Metodi Questo studio retrospettivo ha esaminato l’esperienza di due centri di riferimento (Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona; Ospedale “Carlo Poma” di Mantova) e ha eseguito una revisione sistematica della letteratura in un periodo di 22 anni (da gennaio 2001 ad aprile 2023). La ricerca bibliografica è stata effettuata attraverso i seguenti motori di ricerca: PubMed, CINAHL e Scopus. Questa revisione sistematica è stata condotta in conformità con il “Cochrane Handbook for Systematic Reviews” e la dichiarazione “Preferred Reporting Items for Systematic Reviews and Meta-Analyses”. Sono stati inclusi tutti i manoscritti in lingua inglese che riportavano almeno un caso di agenesia del dotto venoso diagnosticato in epoca prenatale. Tutti gli articoli inclusi sono stati sottoposti ad una rigorosa riesamina utilizzando il “Joanna Briggs Institute critical appraisal tool”. Sono stati individuati 220 articoli e sulla base dei criteri di inclusione ed esclusione, sono stati considerati idonei 50 articoli. Nell’ambito di questa analisi, sono stati esaminati 288 casi di agenesia del dotto venoso diagnosticati in epoca prenatale, di cui 3 pazienti afferenti ai nostri centri e 285 casi identificati attraverso una revisione sistematica della letteratura. Nella nostra analisi, un feto è stato considerato affetto da ritardo di crescita intrauterino se la diagnosi era stata eseguita in utero oppure se il peso alla nascita risultava inferiore al terzo percentile per l’età gestazionale secondo i nomogrammi della “Fetal Medicine Foundation fetal and neonatal population weight charts”. I risultati sono stati presentati come media e mediana per le variabili quantitative, mediante frequenze assolute e percentuali per le variabili categoriche. Le variabili categoriche sono state confrontate utilizzando il test del chi-quadro e il test esatto di Fisher. La significatività statistica è stata fissata a 0.05. Risultati L’età gestazionale media al momento della diagnosi è stata di 23 settimane, mentre l’età gestazionale media al momento del parto di 36 settimane. L’84% delle pazienti che ha partorito per via vaginale era a termine di gravidanza (≥ 37 settimane di gestazione), mentre il 41% delle donne che ha effettuato un taglio cesareo era a termine. Un esito sfavorevole (definito come morte fetale intrauterina, morte neonatale o infantile) è stato rilevato nel 16% dei feti a termine e nel 39% dei feti prematuri. Il tasso complessivo di sopravvivenza neonatale è risultato essere del 76%. Il 94% dei casi di feti con outcome sfavorevole aveva multiple malformazioni associate. L’84% dei feti con un’anomalia genetica aveva anche altre malformazioni associate. Il 21% dei feti con un cariotipo normale hanno avuto un esito infausto, versus il 41% di quelli con associati difetti genetici. La presenza di un’anomalia genetica è quindi correlata ad un esito neonatale sfavorevole. Una morte fetale intrauterina è avvenuta nel 7% dei casi di agenesia del dotto venoso, di questi l’81% aveva altre anomalie rilevate ecograficamente e nel 69% dei casi era presente uno shunt extraepatico. Le anomalie cardiache si sono dimostrate essere le più frequentemente associate all’agenesia del dotto venoso (55%), seguite da malformazioni vascolari (31%), idrope fetale (30%), ritardo di crescita fetale (19%), malformazioni gastrointestinali (10%), scheletriche (10%), neurologiche (8%), genitourinarie DIAGNOSI DELLE MALFORMAZIONI FETALI 141 (8%), toraciche (2%) ed addominali (1%). Il 71% dei casi associati ad altre anomalie aveva uno shunt extraepatico, mentre il 29% intraepatico. È stata trovata una correlazione statisticamente significativa tra “malformazioni cardiache” e “shunt extraepatico”, e tra “shunt extraepatico” e “restrizione di crescita intrauterina”. Il 76% dei feti con restrizione di crescita ed agenesia del dotto venoso aveva uno shunt extraepatico, mentre il 24% intraepatico. Conclusioni In accordo con la letteratura precedente, questo studio dimostra che la presenza di idrope, anomalie congenite, genetiche, o parto prematuro peggiorano l’outcome fetale dei feti affetti da agenesia del dotto venoso. Nonostante alcune limitazioni (studio retrospettivo, dati limitati sugli esiti a lungo termine ed informazioni mancanti di anamnesi ostetrica), dall’analisi emerge che i feti con shunt extraepatico sono più inclini ad avere altre malformazioni associate, soprattutto cardiache, ed un ritardo di crescita intrauterino. Ciò potrebbe essere dovuto ad un’architettura vascolare più distorta, responsabile di un importante rebound cardiaco ed un rallentamento della crescita. Di conseguenza, questi feti hanno una maggiore probabilità di prognosi infausta. Gli autori sottolineano, pertanto, l’importanza di eseguire uno studio vascolare ecografico nel sospetto di agenesia del dotto venoso per una migliore diagnosi differenziale del tipo di shunt.
2024
agenesia del dotto venoso
ritardo di crescita fetale
diagnosi prenatale
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