La ricerca s’inserisce nell’attuale dibattito sulla filosofia della praxis di Antonio Labriola, individuando per la prima volta il documento storico da cui l’autore venne spinto a adottare l’espressione: una recensione del 1897, in cui Charles Andler lamenta l’assenza di attenzione, nei primi Saggi sul materialismo storico, per il problema gnoseologico interno alla concezione di Marx. L’utilizzazione dell’enunciato nel Discorrendo non discende quindi da un’elaborazione delle Tesi su Feuerbach, che intenzionalmente trascurate fino al 1897, non furono commentate nemmeno in seguito. Posto di fronte al rimprovero di non aver colto il valore delle glosse, Labriola anzi reagì, mostrando che il concetto filosofico di praxis dovesse essere tolto dalla trattazione scolastico-gnoseologica e ricondotto a un diverso contesto argomentativo. Alla luce di queste considerazioni, nel paragrafo centrale sono spiegati i caratteri particolari attribuiti dall’autore alla filosofia della praxis (1 - genesi sociale dei bisogni; 2 - struttura relazionale della soggettività; 3 – ‘nesso di storicità’, ovvero interazione di energia psichica e oggettivazioni storiche), e viene dichiarato il nesso strutturale che lega tali caratteri alla concezione morfologica e subordinatamente dialettica della storia. Di fronte alla ripresa del motivo gnoseologico-metafisico del marxismo da parte di Giovanni Gentile, Labriola espresse un dissenso assoluto e ironico: nella trasfigurazione idealistica del concetto di praxis coglieva il pericolo di un arresto complessivo della cultura, di una disarticolazione del rapporto esistente tra filosofia e scienze e, in ultimo, di un arretramento dell’impegno filosofico rispetto alla storia politica del secolo nuovo.
La filosofia della praxis di Antonio Labriola
Davide Bondì
2024-01-01
Abstract
La ricerca s’inserisce nell’attuale dibattito sulla filosofia della praxis di Antonio Labriola, individuando per la prima volta il documento storico da cui l’autore venne spinto a adottare l’espressione: una recensione del 1897, in cui Charles Andler lamenta l’assenza di attenzione, nei primi Saggi sul materialismo storico, per il problema gnoseologico interno alla concezione di Marx. L’utilizzazione dell’enunciato nel Discorrendo non discende quindi da un’elaborazione delle Tesi su Feuerbach, che intenzionalmente trascurate fino al 1897, non furono commentate nemmeno in seguito. Posto di fronte al rimprovero di non aver colto il valore delle glosse, Labriola anzi reagì, mostrando che il concetto filosofico di praxis dovesse essere tolto dalla trattazione scolastico-gnoseologica e ricondotto a un diverso contesto argomentativo. Alla luce di queste considerazioni, nel paragrafo centrale sono spiegati i caratteri particolari attribuiti dall’autore alla filosofia della praxis (1 - genesi sociale dei bisogni; 2 - struttura relazionale della soggettività; 3 – ‘nesso di storicità’, ovvero interazione di energia psichica e oggettivazioni storiche), e viene dichiarato il nesso strutturale che lega tali caratteri alla concezione morfologica e subordinatamente dialettica della storia. Di fronte alla ripresa del motivo gnoseologico-metafisico del marxismo da parte di Giovanni Gentile, Labriola espresse un dissenso assoluto e ironico: nella trasfigurazione idealistica del concetto di praxis coglieva il pericolo di un arresto complessivo della cultura, di una disarticolazione del rapporto esistente tra filosofia e scienze e, in ultimo, di un arretramento dell’impegno filosofico rispetto alla storia politica del secolo nuovo.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
La filosofia della praxis di Antonio Labriola.pdf
solo utenti autorizzati
Licenza:
Dominio pubblico
Dimensione
8.43 MB
Formato
Adobe PDF
|
8.43 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.