Il contributo esprime una proposta attributiva riguardo il dipinto “da stanza” del Museo di Castelvecchio raffigurante Atalanta e Meleagro alla caccia del cinghiale calidonio, che per le sue componenti di cultura emiliana, con richiamo a Dosso Dossi, e un “anticlassicismo” complesso, era stato finora assegnato all’ambito di Filippo da Verona, poi a quello di un Marcello Fogolino degli anni Trenta inoltrati. La nuova soluzione, risolta invece a favore di Francesco da Milano, è supportata dalla recente estensione del suo catalogo con l’aggiunta, alla sequenza delle pale d’altare, di dipinti biblici o mitologici che offrono una diretta comparazione stilistica e tipologica. Del pittore si affrontano specialmente gli sviluppi degli anni Trenta, marcati da un linguaggio derivante dal Pordenone con esito simile a quello di Pomponio Amalteo suo diretto collaboratore, e contemporaneamente l’inatteso sperimentalismo “anticlassico” che si avvale di diversificate fonti raffaellesche come nel caso degli affreschi della plebanale di Castello Roganzuolo. Posta sotto la giurisdizione del Patriarcato di Aquileia. L’approfondimento del suo riferirsi al Pordenone, e nel contempo alle fonti raffaellesche, consente inoltre l’ulteriore e più significativa aggiunta al suo catalogo: la spettacolare Conversione di Saulo di collezione privata, in anni recenti proposta come di Fogolino e, per le componenti raffaellesche, ritenuta in grado di tenere aperta l’ipotesi di dirette esperienze romane. La cultura espressa dalle nuove opere riconosciutegli si rapporta alla congiuntura locale dettata dal cardinale Marino Grimani, vescovo di Ceneda e Patriarca di Aquileia, dal quale possono derivare le testimonianze riconducibili a Raffaello presenti nella celebre collezione di famiglia.
Francesco da Milano a Castelvecchio: interpretazioni pordenoniane e suggestioni raffaellesche all'insegna dei Grimani
Fossaluzza Giorgio
2024-01-01
Abstract
Il contributo esprime una proposta attributiva riguardo il dipinto “da stanza” del Museo di Castelvecchio raffigurante Atalanta e Meleagro alla caccia del cinghiale calidonio, che per le sue componenti di cultura emiliana, con richiamo a Dosso Dossi, e un “anticlassicismo” complesso, era stato finora assegnato all’ambito di Filippo da Verona, poi a quello di un Marcello Fogolino degli anni Trenta inoltrati. La nuova soluzione, risolta invece a favore di Francesco da Milano, è supportata dalla recente estensione del suo catalogo con l’aggiunta, alla sequenza delle pale d’altare, di dipinti biblici o mitologici che offrono una diretta comparazione stilistica e tipologica. Del pittore si affrontano specialmente gli sviluppi degli anni Trenta, marcati da un linguaggio derivante dal Pordenone con esito simile a quello di Pomponio Amalteo suo diretto collaboratore, e contemporaneamente l’inatteso sperimentalismo “anticlassico” che si avvale di diversificate fonti raffaellesche come nel caso degli affreschi della plebanale di Castello Roganzuolo. Posta sotto la giurisdizione del Patriarcato di Aquileia. L’approfondimento del suo riferirsi al Pordenone, e nel contempo alle fonti raffaellesche, consente inoltre l’ulteriore e più significativa aggiunta al suo catalogo: la spettacolare Conversione di Saulo di collezione privata, in anni recenti proposta come di Fogolino e, per le componenti raffaellesche, ritenuta in grado di tenere aperta l’ipotesi di dirette esperienze romane. La cultura espressa dalle nuove opere riconosciutegli si rapporta alla congiuntura locale dettata dal cardinale Marino Grimani, vescovo di Ceneda e Patriarca di Aquileia, dal quale possono derivare le testimonianze riconducibili a Raffaello presenti nella celebre collezione di famiglia.File | Dimensione | Formato | |
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