L’ekphrasis tragica è un tema abbondantemente studiato soprattutto in riferimento ad Eschilo ed Euripide, autori nei quali ricorrono descrizioni di manufatti di vario genere. Per Eschilo, la critica si è concentrata soprattutto sulle descrizioni degli scudi dei condottieri nei Sette contro Tebe, mentre per Euripide sono state studiate le descrizioni di architetture templari, armi e navi. Una tale modalità descrittiva appare invece marginale se non del tutto assente in Sofocle (cfr. ad es. Torrance 2013: “none are found in extant Sophocles” ). Le prime occorrenze di ekphrasis nel mondo antico rimandano tuttavia a un’accezione più ampia di tale nozione, volta a ricomprendere qualsivoglia forma di descrizione “chiara” e “vivida”. Tale accezione, formulata esplicitamente nei Progymnasmata di età imperiale (ad es. Elio Teone, Progymn. 118, 7: “L’ekphrasis è un discorso descrittivo che pone sotto gli occhi in modo vivido l’oggetto che viene mostrato”) è tale da ricomprendere al suo interno persone, luoghi, tempi ed eventi (cfr. soprattutto Webb 1999, 13: “[l’ekphrasis] è una forma di evocazione talmente vivida da poter rappresentare qualsiasi cosa – un’azione, una persona, un luogo, una battaglia, persino un coccodrillo”). Il presente intervento si propone di mostrare come tale modalità descrittiva sia riscontrabile non soltanto in Eschilo ed Euripide, ma anche in Sofocle. Attraverso un’analisi comparata di tre celebri ekphraseis tratte dai Persiani di Eschilo (vv. 175-195), l’Elettra di Sofocle (vv. 679-762) e le Supplici di Euripide (vv. 648-731) si mostrerà come l’ekphrasis tragica non si limiti a descrivere manufatti artistici, ma si proponga di rendere presenti circostanze, eventi e vicende assenti. Analogamente alle modalità riscontrabili nei manuali di retorica di età imperiale e nei testi della Seconda sofistica risulterà come nei passi presi in esame la rappresentazione ecfrastica debba la propria capacità di “porre sotto agli occhi della mente” ciò che non si dà nella realtà grazie alla “chiarezza” (sapheneia) e alla “vividezza” (enargeia) del processo descrittivo.

Rendere presente l’assente: ekphrasis, sapheneia ed enargeia nella tragedia

Alessandro Stavru
2023-01-01

Abstract

L’ekphrasis tragica è un tema abbondantemente studiato soprattutto in riferimento ad Eschilo ed Euripide, autori nei quali ricorrono descrizioni di manufatti di vario genere. Per Eschilo, la critica si è concentrata soprattutto sulle descrizioni degli scudi dei condottieri nei Sette contro Tebe, mentre per Euripide sono state studiate le descrizioni di architetture templari, armi e navi. Una tale modalità descrittiva appare invece marginale se non del tutto assente in Sofocle (cfr. ad es. Torrance 2013: “none are found in extant Sophocles” ). Le prime occorrenze di ekphrasis nel mondo antico rimandano tuttavia a un’accezione più ampia di tale nozione, volta a ricomprendere qualsivoglia forma di descrizione “chiara” e “vivida”. Tale accezione, formulata esplicitamente nei Progymnasmata di età imperiale (ad es. Elio Teone, Progymn. 118, 7: “L’ekphrasis è un discorso descrittivo che pone sotto gli occhi in modo vivido l’oggetto che viene mostrato”) è tale da ricomprendere al suo interno persone, luoghi, tempi ed eventi (cfr. soprattutto Webb 1999, 13: “[l’ekphrasis] è una forma di evocazione talmente vivida da poter rappresentare qualsiasi cosa – un’azione, una persona, un luogo, una battaglia, persino un coccodrillo”). Il presente intervento si propone di mostrare come tale modalità descrittiva sia riscontrabile non soltanto in Eschilo ed Euripide, ma anche in Sofocle. Attraverso un’analisi comparata di tre celebri ekphraseis tratte dai Persiani di Eschilo (vv. 175-195), l’Elettra di Sofocle (vv. 679-762) e le Supplici di Euripide (vv. 648-731) si mostrerà come l’ekphrasis tragica non si limiti a descrivere manufatti artistici, ma si proponga di rendere presenti circostanze, eventi e vicende assenti. Analogamente alle modalità riscontrabili nei manuali di retorica di età imperiale e nei testi della Seconda sofistica risulterà come nei passi presi in esame la rappresentazione ecfrastica debba la propria capacità di “porre sotto agli occhi della mente” ciò che non si dà nella realtà grazie alla “chiarezza” (sapheneia) e alla “vividezza” (enargeia) del processo descrittivo.
2023
Ekphrasis, sapheneia, enargeia, Eschilo, Sofocle, Euripide
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