Fin dal secondo dopoguerra, la consulenza scientifica negli Stati Uniti ha trovato un’incarnazione istituzionale nella figura del science advisor, divenuta punto di snodo del modello americano di science policy. A lungo ispirato dalle idee di Vannevar Bush, quest’ultimo si è contraddistinto per la fiducia in una scienza speaking truth to power, in grado di fornire solide verità alla politica e di garantire pertanto la legittimità delle policy. Nato come un alter ego del presidente per tutte le questioni relative alla scienza e, in particolare, per quelle legate alla difesa e all’esplorazione spaziale, il chief scientist ha però visto il suo ruolo mutare e ridimensionarsi. In un confronto costante – e talora aspro – con le priorità e le personalità dei presidenti che si sono succeduti nel corso dei decenni, il consigliere ha infatti assunto gradualmente compiti di tipo amministrativo e finanziario. Pur restando il rappresentante più visibile della scienza al tavolo delle decisioni politiche, in alcuni casi recenti il science advisor ha mantenuto un basso profilo, allineandosi acriticamente alle iniziative presidenziali anche quando erano duramente contestate dalla comunità scientifica. In effetti, se una consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo istituzionale si è manifestata in varie occasioni, solo di rado i consiglieri – perlopiù di formazione fisica – hanno dimostrato di possedere una consapevolezza di concetti come quello di post-normal science (PNS) o degli avanzamenti della ricerca nel campo dei Science and Technology Studies (STS). Dopo una breve retrospettiva su queste vicende, l’articolo le cala nell’attualità della pandemia di COVID-19. La necessità di un’apertura democratica e di un coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni sono infatti diventate un tema cruciale nel corso degli ultimi due anni. Fin dall’inizio dell’emergenza, si è inoltre determinata una svolta per la consulenza scientifica sotto l’amministrazione Trump. Anthony Fauci, direttore del NIAID e immunologo di lungo corso, ha conquistato la scena come consulente – e antagonista – del presidente e rappresentante della solidità delle istituzioni. Ereditando una tradizione di dialogo con i cittadini che agenzie scientifiche come NIAID, CDC e FDA hanno saputo consolidare nel corso degli anni, Fauci ha dimostrato piena coscienza delle buone pratiche della science policy in una società democratica. Il suo stile comunicativo ha dato rilievo alle incertezze e alle incognite e ha mirato alla mobilitazione e al coinvolgimento di cittadini considerati come soggetti adulti e consapevoli, ai quali non andavano nascoste le inevitabili correzioni di rotta determinate dall’evolversi delle conoscenze scientifiche. L’alto tasso di fiducia nei suoi confronti prova la necessità di abbandonare la radicata concezione di una scienza autonoma, autoregolata e portatrice di verità, per accogliere invece contributi diversi e forme di conoscenza alternative. Un insegnamento che sembra essere stato colto anche dal nuovo presidente Biden, che ha affidato ad Alondra Nelson, sociologa sensibile alla prospettiva STS, la nuova carica di consigliere scientifico per le questioni di scienza e società.

La science policy radicata: il science advisor negli Stati Uniti e l’esperienza COVID-19 [The well-established science policy: the science advisor in the United States and the COVID-19 experience]

Forgione Fabio
2021-01-01

Abstract

Fin dal secondo dopoguerra, la consulenza scientifica negli Stati Uniti ha trovato un’incarnazione istituzionale nella figura del science advisor, divenuta punto di snodo del modello americano di science policy. A lungo ispirato dalle idee di Vannevar Bush, quest’ultimo si è contraddistinto per la fiducia in una scienza speaking truth to power, in grado di fornire solide verità alla politica e di garantire pertanto la legittimità delle policy. Nato come un alter ego del presidente per tutte le questioni relative alla scienza e, in particolare, per quelle legate alla difesa e all’esplorazione spaziale, il chief scientist ha però visto il suo ruolo mutare e ridimensionarsi. In un confronto costante – e talora aspro – con le priorità e le personalità dei presidenti che si sono succeduti nel corso dei decenni, il consigliere ha infatti assunto gradualmente compiti di tipo amministrativo e finanziario. Pur restando il rappresentante più visibile della scienza al tavolo delle decisioni politiche, in alcuni casi recenti il science advisor ha mantenuto un basso profilo, allineandosi acriticamente alle iniziative presidenziali anche quando erano duramente contestate dalla comunità scientifica. In effetti, se una consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo istituzionale si è manifestata in varie occasioni, solo di rado i consiglieri – perlopiù di formazione fisica – hanno dimostrato di possedere una consapevolezza di concetti come quello di post-normal science (PNS) o degli avanzamenti della ricerca nel campo dei Science and Technology Studies (STS). Dopo una breve retrospettiva su queste vicende, l’articolo le cala nell’attualità della pandemia di COVID-19. La necessità di un’apertura democratica e di un coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni sono infatti diventate un tema cruciale nel corso degli ultimi due anni. Fin dall’inizio dell’emergenza, si è inoltre determinata una svolta per la consulenza scientifica sotto l’amministrazione Trump. Anthony Fauci, direttore del NIAID e immunologo di lungo corso, ha conquistato la scena come consulente – e antagonista – del presidente e rappresentante della solidità delle istituzioni. Ereditando una tradizione di dialogo con i cittadini che agenzie scientifiche come NIAID, CDC e FDA hanno saputo consolidare nel corso degli anni, Fauci ha dimostrato piena coscienza delle buone pratiche della science policy in una società democratica. Il suo stile comunicativo ha dato rilievo alle incertezze e alle incognite e ha mirato alla mobilitazione e al coinvolgimento di cittadini considerati come soggetti adulti e consapevoli, ai quali non andavano nascoste le inevitabili correzioni di rotta determinate dall’evolversi delle conoscenze scientifiche. L’alto tasso di fiducia nei suoi confronti prova la necessità di abbandonare la radicata concezione di una scienza autonoma, autoregolata e portatrice di verità, per accogliere invece contributi diversi e forme di conoscenza alternative. Un insegnamento che sembra essere stato colto anche dal nuovo presidente Biden, che ha affidato ad Alondra Nelson, sociologa sensibile alla prospettiva STS, la nuova carica di consigliere scientifico per le questioni di scienza e società.
2021
Humans
Italy
Public Policy
SARS-CoV-2
United States
COVID-19
Science
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/1057167
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