Nel mondo antico il dibattito intorno alle leggi non scritte (agraphoi nomoi) viene a intensificarsi tra il V e il IV secolo a.C. A partire dall’Antigone di Sofocle, passando per la celebre Orazione funebre di Pericle riportata da Tucidide e la prosopopea delle leggi nel Critone di Platone, fino alle riflessioni contenute nei Memorabili e nell’Economico di Senofonte, la questione delle leggi non scritte viene a configurarsi come un tema di fondamentale importanza per cogliere alcune specificità del rapporto intrattenuto dai Greci di svariate poleis con i rispettivi ordinamenti socio-economici (oikoi). Le leggi non scritte non appartengono al diritto positivo, ma il più delle volte vi si sovrappongono o contrappongono. Costituiscono una provocazione e una sfida all’ordinamento giuridico tradizionale: non sono esplicitamente codificate, ma possiedono una validità assoluta. Si caratterizzano per il fatto di manifestarsi unicamente in caso di trasgressione: non appartengono al diritto positivo poiché non esercitano un potere coercitivo, ma unicamente punitivo. Tale concezione si riverbera nelle interpretazioni moderne delle leggi non scritte, prima fra tutti in quella di G.W.F. Hegel, secondo la quale il conflitto tra leggi scritte e leggi non scritte segnerebbe la fine dell’epoca della polis, preannunciando l’avvento di una nuova forma statuale. Nella cultura tedesca la figura di Antigone gioca un ruolo paradigmatico: da Hölderlin a Heidegger, fino ad arrivare alla riscrittura del mito sofocleo da parte di Carl Orff (applaudita nell’ottobre del 1989 in una Berlino Est ormai prossima alla caduta del muro), la sfida lanciata da Antigone al potere statuale costituito ha rappresentato un costante punto di riferimento. Il che si può riscontrare anche nella sua ricezione da parte della letteratura femminista del ‘900: Luce Irigaray e Judith Butler rinvengono nella figlia maggiore di Edipo un imprescindibile principio di antiautoritarismo.
L’altro e l’ordine cosmico: Antigone e le leggi non scritte contro il potere costituito
stavru, alessandro
2019-01-01
Abstract
Nel mondo antico il dibattito intorno alle leggi non scritte (agraphoi nomoi) viene a intensificarsi tra il V e il IV secolo a.C. A partire dall’Antigone di Sofocle, passando per la celebre Orazione funebre di Pericle riportata da Tucidide e la prosopopea delle leggi nel Critone di Platone, fino alle riflessioni contenute nei Memorabili e nell’Economico di Senofonte, la questione delle leggi non scritte viene a configurarsi come un tema di fondamentale importanza per cogliere alcune specificità del rapporto intrattenuto dai Greci di svariate poleis con i rispettivi ordinamenti socio-economici (oikoi). Le leggi non scritte non appartengono al diritto positivo, ma il più delle volte vi si sovrappongono o contrappongono. Costituiscono una provocazione e una sfida all’ordinamento giuridico tradizionale: non sono esplicitamente codificate, ma possiedono una validità assoluta. Si caratterizzano per il fatto di manifestarsi unicamente in caso di trasgressione: non appartengono al diritto positivo poiché non esercitano un potere coercitivo, ma unicamente punitivo. Tale concezione si riverbera nelle interpretazioni moderne delle leggi non scritte, prima fra tutti in quella di G.W.F. Hegel, secondo la quale il conflitto tra leggi scritte e leggi non scritte segnerebbe la fine dell’epoca della polis, preannunciando l’avvento di una nuova forma statuale. Nella cultura tedesca la figura di Antigone gioca un ruolo paradigmatico: da Hölderlin a Heidegger, fino ad arrivare alla riscrittura del mito sofocleo da parte di Carl Orff (applaudita nell’ottobre del 1989 in una Berlino Est ormai prossima alla caduta del muro), la sfida lanciata da Antigone al potere statuale costituito ha rappresentato un costante punto di riferimento. Il che si può riscontrare anche nella sua ricezione da parte della letteratura femminista del ‘900: Luce Irigaray e Judith Butler rinvengono nella figlia maggiore di Edipo un imprescindibile principio di antiautoritarismo.File | Dimensione | Formato | |
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