The law of March 23, 1981, n. 91 (Rules on the subject of relations between companies and athletes) goes through the constitutional process of a gradual and radical affirmation of gender equality in the social and labor sphere. Due to this situation, the law is becoming subject to reform proposals. The evolution of the legal system has made the norm obsolete with regard to the question of the «gender defect». Furthermore, there is no ad hoc discipline for female sports professionalism, with negative repercussions on contractual, health, insurance and pension matters. The lack of this reform involves both men’s and women’s sporting activities but the consequent prejudice appears more serious for the latter, historically exposed to limitations, preconceptions, and vetoes. If sports culture is still dominated by men, the fundamental defects do not lie in the lack of legislation but in the mentality that produces and preserves them, refusing to recognize women as having the full and equal right to compete.

Schiacciata da quasi quarant’anni di vigenza, la legge 23 marzo 1981, n. 91 («Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti») è invecchiata a margine del processo costituzionale di graduale ma radicale affermazione dell’eguaglianza di genere e del godimento delle pari opportunità in ambito sociale e lavorativo, divenendo un bersaglio scontato delle attuali proposte di riforma. L’evoluzione ordinamentale ha reso obsoleta la norma non solo con riguardo alla questione pressante del ‘difetto di genere’ e della conseguente insussistenza di una disciplina ad hoc per il professionismo sportivo femminile, ma anche con riferimento alla mancata inclusione nella sfera del professionismo stesso della quasi totalità degli sport maschili, con analoghe, negative ricadute in materia contrattuale, sanitaria, assicurativa e pensionistica. Se è vero che l’esito della mancata riforma investe, quasi parimenti, l’attività sportiva maschile e femminile, il pregiudizio che ne consegue appare di gran lunga più grave per quest’ultima, storicamente esposta a limitazioni, preconcetti e veti. Se la cultura sportiva è e resta, ancora oggi, una cultura a dominanza maschile, il difetto fondamentale non sta nelle carenze della legislazione, ma nella mentalità che le produce e le conserva, rifiutando di riconoscere alle donne il pieno e paritario diritto di competere.

Solo per gioco… Il dilettantismo sportivo come indice della diseguaglianza di genere: una breve nota fra storia e attualità

CECILIA PEDRAZZA GORLERO
2019-01-01

Abstract

The law of March 23, 1981, n. 91 (Rules on the subject of relations between companies and athletes) goes through the constitutional process of a gradual and radical affirmation of gender equality in the social and labor sphere. Due to this situation, the law is becoming subject to reform proposals. The evolution of the legal system has made the norm obsolete with regard to the question of the «gender defect». Furthermore, there is no ad hoc discipline for female sports professionalism, with negative repercussions on contractual, health, insurance and pension matters. The lack of this reform involves both men’s and women’s sporting activities but the consequent prejudice appears more serious for the latter, historically exposed to limitations, preconceptions, and vetoes. If sports culture is still dominated by men, the fundamental defects do not lie in the lack of legislation but in the mentality that produces and preserves them, refusing to recognize women as having the full and equal right to compete.
2019
gender inequality
sports professionalism
diseguaglianza di genere
professionismo sportivo
Schiacciata da quasi quarant’anni di vigenza, la legge 23 marzo 1981, n. 91 («Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti») è invecchiata a margine del processo costituzionale di graduale ma radicale affermazione dell’eguaglianza di genere e del godimento delle pari opportunità in ambito sociale e lavorativo, divenendo un bersaglio scontato delle attuali proposte di riforma. L’evoluzione ordinamentale ha reso obsoleta la norma non solo con riguardo alla questione pressante del ‘difetto di genere’ e della conseguente insussistenza di una disciplina ad hoc per il professionismo sportivo femminile, ma anche con riferimento alla mancata inclusione nella sfera del professionismo stesso della quasi totalità degli sport maschili, con analoghe, negative ricadute in materia contrattuale, sanitaria, assicurativa e pensionistica. Se è vero che l’esito della mancata riforma investe, quasi parimenti, l’attività sportiva maschile e femminile, il pregiudizio che ne consegue appare di gran lunga più grave per quest’ultima, storicamente esposta a limitazioni, preconcetti e veti. Se la cultura sportiva è e resta, ancora oggi, una cultura a dominanza maschile, il difetto fondamentale non sta nelle carenze della legislazione, ma nella mentalità che le produce e le conserva, rifiutando di riconoscere alle donne il pieno e paritario diritto di competere.
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