Edith Stein e Gerda Walther spingono la Fenomenologia dentro la settima stanza del castello interiore di Teresa d’Avila, portando alla luce un nesso molto stretto tra la profondità dei legami intersoggettivi e la qualità della vita spirituale. Nel loro itinerario, pur con tutte le differenze, il vissuto mistico si offre come esperienza effettiva e affettiva del reale, nella quale il desiderio non viene spento, gli affetti non vanno sotto traccia, i pensieri non arretrano e i gesti si fanno esorbitanti senza diventare esclusivi ed esoterici. Si materializza allora un senso inedito e inesauribile, che conduce a modificare il proprio rapporto con il mondo, con gli altri e con le cose, sprigionando una forza e una sapienza da condividere. L’ascolto del fenomeno permette così di intercettare anche un’«inapparenza» che, paradossalmente, riguarda chiunque. Ne viene provocata ogni filosofia interessata a capire come la verità di qualcuno, per quanto inappropriabile ed estranea, possa diventare comune e farsi pratica di cambiamento. Nelle due autrici, una sapienza di relazioni diventa passaggio per verità umane e divine, buone per un’etica in cui le ferite degli uni toccano tutti gli altri.
La fenomenologia nella settima stanza: Gerda Walther ed Edith Stein
Lucia Vantini
2019-01-01
Abstract
Edith Stein e Gerda Walther spingono la Fenomenologia dentro la settima stanza del castello interiore di Teresa d’Avila, portando alla luce un nesso molto stretto tra la profondità dei legami intersoggettivi e la qualità della vita spirituale. Nel loro itinerario, pur con tutte le differenze, il vissuto mistico si offre come esperienza effettiva e affettiva del reale, nella quale il desiderio non viene spento, gli affetti non vanno sotto traccia, i pensieri non arretrano e i gesti si fanno esorbitanti senza diventare esclusivi ed esoterici. Si materializza allora un senso inedito e inesauribile, che conduce a modificare il proprio rapporto con il mondo, con gli altri e con le cose, sprigionando una forza e una sapienza da condividere. L’ascolto del fenomeno permette così di intercettare anche un’«inapparenza» che, paradossalmente, riguarda chiunque. Ne viene provocata ogni filosofia interessata a capire come la verità di qualcuno, per quanto inappropriabile ed estranea, possa diventare comune e farsi pratica di cambiamento. Nelle due autrici, una sapienza di relazioni diventa passaggio per verità umane e divine, buone per un’etica in cui le ferite degli uni toccano tutti gli altri.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.