L’A. esamina il rinnovato “sistema” europeo per la tutela penale degli interessi finanziari dell’Unione, muovendo dalla recente Direttiva PIF del 2017, che sostituisce la omonima Convenzione risalente al 1995, ancora basata sulle limitate competenze del c.d. Terzo Pilastro, analizzando innanzitutto la questione della sua base giuridica, individuata dal Parlamento e dal Consiglio – in contrasto con la proposta della Commissione – nell’ art. 83, par. 2 TFUE anziché in quella più specifica ed adeguata dell’ art. 325. Quindi vengono presi in considerazione, nel dettaglio, i contenuti degli obblighi di incriminazione penale previsti dal nuovo strumento, a partire dalle norme di carattere generale concernenti la stessa definizione di “ interessi finanziari europei” nonché la soglia di rilevanza delle frodi all’IVA, la definizione di “funzionario pubblico” , l’incriminazione generica delle condotte di “partecipazione” e di tentativo, la inedita armonizzazione (seppur minimale) della disciplina della prescrizione e la previsione della responsabilità “da reato” delle persone giuridiche. Successivamente l’analisi si sposta sulle singole incriminazione, a partire dalle (poche) novità introdotte nella nozione di “frode” a danno degli interessi finanziari europei, per passare poi all’esame degli “altri reati” che li offendono, vale a dire la corruzione, l’appropriazione indebita (o peculato) ed il riciclaggio. Non vengono tralasciati i profili sanzionatori e la questione del raccordo con le competenze del neo-istituito Procuratore europeo, che completa il quadro del nuovo “sistema” europeo di tutela penale, cui seguono osservazioni conclusive dirette a trarre un primo bilancio degli aspetti positivi e di quelli negativi di tale complessiva riforma.

La protezione penale degli interessi finanziari dell'Unione Europea nell'era post-Lisbona: la direttiva PIF nel contesto di una riforma di "sistema"

PICOTTI L.
2018-01-01

Abstract

L’A. esamina il rinnovato “sistema” europeo per la tutela penale degli interessi finanziari dell’Unione, muovendo dalla recente Direttiva PIF del 2017, che sostituisce la omonima Convenzione risalente al 1995, ancora basata sulle limitate competenze del c.d. Terzo Pilastro, analizzando innanzitutto la questione della sua base giuridica, individuata dal Parlamento e dal Consiglio – in contrasto con la proposta della Commissione – nell’ art. 83, par. 2 TFUE anziché in quella più specifica ed adeguata dell’ art. 325. Quindi vengono presi in considerazione, nel dettaglio, i contenuti degli obblighi di incriminazione penale previsti dal nuovo strumento, a partire dalle norme di carattere generale concernenti la stessa definizione di “ interessi finanziari europei” nonché la soglia di rilevanza delle frodi all’IVA, la definizione di “funzionario pubblico” , l’incriminazione generica delle condotte di “partecipazione” e di tentativo, la inedita armonizzazione (seppur minimale) della disciplina della prescrizione e la previsione della responsabilità “da reato” delle persone giuridiche. Successivamente l’analisi si sposta sulle singole incriminazione, a partire dalle (poche) novità introdotte nella nozione di “frode” a danno degli interessi finanziari europei, per passare poi all’esame degli “altri reati” che li offendono, vale a dire la corruzione, l’appropriazione indebita (o peculato) ed il riciclaggio. Non vengono tralasciati i profili sanzionatori e la questione del raccordo con le competenze del neo-istituito Procuratore europeo, che completa il quadro del nuovo “sistema” europeo di tutela penale, cui seguono osservazioni conclusive dirette a trarre un primo bilancio degli aspetti positivi e di quelli negativi di tale complessiva riforma.
2018
978-88-3318-038-0
Interessi finanziari europei; Tutela penale; Procura Europea; Direttiva PIF 2017; Riforma di sistema;
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