Il contributo prende in considerazione l’intero ciclo delle opere di Goethe che ha per protagonista Wihelm Meister: dalla Theatralische Sendung (1777-1785), ai Lehrjahre (1795-1796), ai Wanderjahre (1821-1829), mettendo in evidenza come Johann Wolfgang von Goethe dia qui forma concreta, tangibile, alla rappresentazione dell’intera vita: quel mondo di unità dell’intera natura che va necessariamente persa, per poterla riconquistare in modo consapevole, con coscienza profonda. Unendo prosa e poesia, descrizione e sentimento, egli mostra nei fatti come tutto sia costituito da tantissime parti, da tantissimi particolari: è un mondo composito e differenziato che solo visto nell’insieme forma un intero, dove ogni “differenza” ha un proprio ruolo e significato specifico. Non c’è nessun “punto di vista” che possa pretendere di giudicare la vita; tutto fa parte della necessità della vita. L’unità interiore dell’opera, che nasce da una moltitudine di personaggi visti in modi diversi, deriva dal semplice racconto di “ciò che è”, ciò che accade, con tutta una svariata ricchezza di rapporti, di nessi, di significati, dove si mostra in ogni momento il profondo rispetto dello stesso Goethe per ogni creatura e la sua ferma convinzione nell’educabilità dell’essere umano: da se stessi, alla cerchia familiare, alla dimensione civica. Emerge, inoltre, la considerazione “positiva” del limite, della misura: quell’entsagen che pervade l’ultima opera e che è temperanza; circoscrivere, delimitare il proprio ambito di azione, in opposizione (e composizione) con il contemporaneo streben di Faust.
Rispetto, educazione, limite: una lettura del Wilhelm Meister di Goethe
Maria Cecilia Barbetta
2017-01-01
Abstract
Il contributo prende in considerazione l’intero ciclo delle opere di Goethe che ha per protagonista Wihelm Meister: dalla Theatralische Sendung (1777-1785), ai Lehrjahre (1795-1796), ai Wanderjahre (1821-1829), mettendo in evidenza come Johann Wolfgang von Goethe dia qui forma concreta, tangibile, alla rappresentazione dell’intera vita: quel mondo di unità dell’intera natura che va necessariamente persa, per poterla riconquistare in modo consapevole, con coscienza profonda. Unendo prosa e poesia, descrizione e sentimento, egli mostra nei fatti come tutto sia costituito da tantissime parti, da tantissimi particolari: è un mondo composito e differenziato che solo visto nell’insieme forma un intero, dove ogni “differenza” ha un proprio ruolo e significato specifico. Non c’è nessun “punto di vista” che possa pretendere di giudicare la vita; tutto fa parte della necessità della vita. L’unità interiore dell’opera, che nasce da una moltitudine di personaggi visti in modi diversi, deriva dal semplice racconto di “ciò che è”, ciò che accade, con tutta una svariata ricchezza di rapporti, di nessi, di significati, dove si mostra in ogni momento il profondo rispetto dello stesso Goethe per ogni creatura e la sua ferma convinzione nell’educabilità dell’essere umano: da se stessi, alla cerchia familiare, alla dimensione civica. Emerge, inoltre, la considerazione “positiva” del limite, della misura: quell’entsagen che pervade l’ultima opera e che è temperanza; circoscrivere, delimitare il proprio ambito di azione, in opposizione (e composizione) con il contemporaneo streben di Faust.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.