Il saggio esplora le argomentazioni finali proposte dal Socrate dell'"Apologia" platonica circa la morte: di essa vengono avanzate le due ipotesi che poi la tradizione occidentale di riflessione tanatologica ha fatto sue, cioè che la morte sia la fine di tutto, oppure che sia ipotizzabile una sopravvivenza. Né nell'uno né nell'altro caso, argomenta il Socrate platonico, essa pare essere il male che tutti crediamo e temiamo. Egli non arriva ad argomentare un'immortalità dell'anima, ma semplicemente a formulare una "grande" e "buona" speranza (cioè una speranza fondata) che la morte non sia male. Egli mostra che però, per arrivare a una tale conclusione, occorre continuare a dialogare sull'evento morte, non - come nell'Occidente odierno è invalso fare - nasconderne la presenza reale e naturale nella nostra vita. Questo dialogo, questa messa in parola dell'evento che più temiamo, anticipa in qualche modo "il paradiso" post mortem da Socrate immaginato per chi sappia dialogare: quello che, lungi dall'essere un male, pare configurarsi anzi, per noi uomini portatori di lògos, come "il culmine della felicità"possibile (amèchanon eudaimonìas).
La "grande" e "buona" speranza di Socrate
NAPOLITANO Linda
2017-01-01
Abstract
Il saggio esplora le argomentazioni finali proposte dal Socrate dell'"Apologia" platonica circa la morte: di essa vengono avanzate le due ipotesi che poi la tradizione occidentale di riflessione tanatologica ha fatto sue, cioè che la morte sia la fine di tutto, oppure che sia ipotizzabile una sopravvivenza. Né nell'uno né nell'altro caso, argomenta il Socrate platonico, essa pare essere il male che tutti crediamo e temiamo. Egli non arriva ad argomentare un'immortalità dell'anima, ma semplicemente a formulare una "grande" e "buona" speranza (cioè una speranza fondata) che la morte non sia male. Egli mostra che però, per arrivare a una tale conclusione, occorre continuare a dialogare sull'evento morte, non - come nell'Occidente odierno è invalso fare - nasconderne la presenza reale e naturale nella nostra vita. Questo dialogo, questa messa in parola dell'evento che più temiamo, anticipa in qualche modo "il paradiso" post mortem da Socrate immaginato per chi sappia dialogare: quello che, lungi dall'essere un male, pare configurarsi anzi, per noi uomini portatori di lògos, come "il culmine della felicità"possibile (amèchanon eudaimonìas).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.