Accenni al cibo sono diffusi in tutta l’opera ciceroniana. Qui verrà analizzato un particolare valore presente nelle Ad familiares: la metafora politica. Il collegamento di una precisa pietanza con un determinato personaggio viene utilizzato per prendersi gioco di quest’ultimo. In fam. 7, 26 Cicerone descrive fortissimi disturbi intestinali causatigli da una cena le cui portate erano, in rispetto alla legge suntuaria di Cesare, a base di bietole e malva: l’episodio offre lo spunto per criticare tale provvedimento che, invece di regolare gli eccessi limitando il consumo di carni, creerebbe solo dolori di stomaco. Fam. 9, 18 gioca sull’ambiguità di pavo, animale allora pregiato ma ritenuto simbolo di vanità, e su ius, “diritto”, ma anche “brodo”: i cesariani Irzio e Dolabella sarebbero pavoni che sguazzano, ignari, nel brodo preparato da Cicerone, loro maestro di retorica. La parsimonia della tavola di Peto in fam. 9, 16 e 9, 18 è un’occasione per criticare la soluzione dei debiti adottata da Cesare. Un caso particolare è fam. 9, 24: l’aruspice Spurinna, che intimò a Cesare di non recarsi in senato alle Idi di Marzo, inviterebbe Peto, con amaro capovolgimento ironico, a frequentare nuovamente i banchetti degli amici.

Il cibo come metafora politica nelle Ad familiares di Cicerone

Ginelli, Francesco
2016-01-01

Abstract

Accenni al cibo sono diffusi in tutta l’opera ciceroniana. Qui verrà analizzato un particolare valore presente nelle Ad familiares: la metafora politica. Il collegamento di una precisa pietanza con un determinato personaggio viene utilizzato per prendersi gioco di quest’ultimo. In fam. 7, 26 Cicerone descrive fortissimi disturbi intestinali causatigli da una cena le cui portate erano, in rispetto alla legge suntuaria di Cesare, a base di bietole e malva: l’episodio offre lo spunto per criticare tale provvedimento che, invece di regolare gli eccessi limitando il consumo di carni, creerebbe solo dolori di stomaco. Fam. 9, 18 gioca sull’ambiguità di pavo, animale allora pregiato ma ritenuto simbolo di vanità, e su ius, “diritto”, ma anche “brodo”: i cesariani Irzio e Dolabella sarebbero pavoni che sguazzano, ignari, nel brodo preparato da Cicerone, loro maestro di retorica. La parsimonia della tavola di Peto in fam. 9, 16 e 9, 18 è un’occasione per criticare la soluzione dei debiti adottata da Cesare. Un caso particolare è fam. 9, 24: l’aruspice Spurinna, che intimò a Cesare di non recarsi in senato alle Idi di Marzo, inviterebbe Peto, con amaro capovolgimento ironico, a frequentare nuovamente i banchetti degli amici.
2016
978-989-26-1190-7
Cicerone, Epistole, Cibo, Metafora, Politica
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