Lo studio prende in considerazione il poeta protestante Jacques Grévin, nato nel 1538, e il periodo che va dal suo esilio nell'Inghilterra di Elisabetta I fino al suo rifugio, nel 1567, alla corte torinese di Margherita di Francia, luogo di pace dove egli trascorrerà gli ultimi anni della sua travagliata esistenza e dove morirà all'età di 32 anni. Sono qui indagati i contatti con Ochino (la cui traduzione appare nel 1561) come l'attenzione che il poeta medico ha sempre rivolto al popolo, una caritas che certo non rimase indifferente a Margherita e le cui tracce sono individuate nei poemi torinesi, spesso critici verso il potere. La vanitas e la fragilità umana sono colti come gli elementi ricorrenti di una produzione che riconosce i limiti del linguaggio poetico: la Gélodacrye (anni 1560-61), che unisce già nel titolo le lacrime al riso, è l'opera che testimonia di questa nuova poetica. Il contributo qui presentato vuole analizzare gli elementi di una radicalizzazione del pensiero e dello stile di Grévin: 'imitatore' di Marot e di Lubin, amico di Florent Chrestien e traduttore di Buchanan, Grévin mostra ancor più negli ultimi anni un'attenzione alla condizione umana non solo nella sua poesia ma anche nella sua opera scientifica.
La nuit de l’exil : les Muses anglaises de Jacques Grévin
GORRIS, Rosanna
2017-01-01
Abstract
Lo studio prende in considerazione il poeta protestante Jacques Grévin, nato nel 1538, e il periodo che va dal suo esilio nell'Inghilterra di Elisabetta I fino al suo rifugio, nel 1567, alla corte torinese di Margherita di Francia, luogo di pace dove egli trascorrerà gli ultimi anni della sua travagliata esistenza e dove morirà all'età di 32 anni. Sono qui indagati i contatti con Ochino (la cui traduzione appare nel 1561) come l'attenzione che il poeta medico ha sempre rivolto al popolo, una caritas che certo non rimase indifferente a Margherita e le cui tracce sono individuate nei poemi torinesi, spesso critici verso il potere. La vanitas e la fragilità umana sono colti come gli elementi ricorrenti di una produzione che riconosce i limiti del linguaggio poetico: la Gélodacrye (anni 1560-61), che unisce già nel titolo le lacrime al riso, è l'opera che testimonia di questa nuova poetica. Il contributo qui presentato vuole analizzare gli elementi di una radicalizzazione del pensiero e dello stile di Grévin: 'imitatore' di Marot e di Lubin, amico di Florent Chrestien e traduttore di Buchanan, Grévin mostra ancor più negli ultimi anni un'attenzione alla condizione umana non solo nella sua poesia ma anche nella sua opera scientifica.File | Dimensione | Formato | |
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