Il saggio intende dimostrare, fonti alla mano: a) che la litis contestatio, con limitato riguardo ai processi in cui si deduce in giudizio una pretesa erga omnes riferibile a uno dei nostri diritti reali, non sia di per sé sola produttiva di effetti cd. preclusivi (o, meglio, di irripetibilità), ma che questi ultimi siano da ricondurre alla cosa giudicata; b) che non sia l’esistenza del provvedimento giudiziale definitivo, in sé e per sé considerata, a determinare l’irripetibilità dell’azione, ma che questa dipenda anche da certuni contenuti ed effetti della res iudicata; c) che l’irripetibilità dell’azione reale – non determinata dalla mera identità tra res qua de agitur e res in iudicium deducta – si ha solo se dalla comparazione tra la res qua de agitur e la res iudicata risulta che sulla domanda attorea una sentenza definitiva nel merito è stata già emessa; d) che la non iterazione dell’eadem res segnalata a mezzo dell’exceptio rei iudicatae vel in iudicium deductae è subordinata a che il previo giudicato sia attualmente contrario alla decidibilità nel merito della domanda attorea, sia se a favore della parte che lo invoca, sia se contro la parte che lo invoca (sicché non è esatto sostenere che l’elevazione dell’exceptio in parola intende impedire sempre una pronunzia difforme); e) che gli effetti cd. preclusivi riconducibili alla sentenza, di regola, né si sommano né si sostituiscono a quelli della litis contestatio, né, invero, li annientano. In definitiva, se per le azioni in personam l’efficacia notoriamente descritta a mezzo dell’adagio ‘bis de eadem re ne sit actio’ opera vuoi ipso iure vuoi ope exceptionis, ma sempre giusta la litis contestatio, e, quindi, al di fuori dei casi in cui ad essere dedotto in giudizio sia un rapporto obbligatorio civile, in forza della seconda clausola dell’eccezione in parola, vale a dire quella de re in iudicium deducta (e in forza della prima clausola solo se la res iudicata copre un ambito maggiore rispetto alla res dedotta nella formula) , nelle azioni reali essa opera solo in via di eccezione: per l’esattezza, a fronte di un’actio in rem ripetuta tra le stesse parti, per la medesima cosa, nonché a fronte della stessa causa, la clausola de re in iudicium deducta di regola non avrebbe giovato concretamente al reus, attesa la rilevanza della sola res iudicata, o invocata dalla parte vittoriosa del primo giudizio o dalla parte soccombente del primo giudizio contro la parte attualmente già soddisfatta o soddisfabile in forza della sentenza : diversamente, bis de eadem re sit actio.

‘Bis de eadem re sit actio’: Osservazioni sulla ripetibilità delle azioni reali e sulla funzione dell’eccezione di cosa giudicata

PELLOSO, Carlo
2015-01-01

Abstract

Il saggio intende dimostrare, fonti alla mano: a) che la litis contestatio, con limitato riguardo ai processi in cui si deduce in giudizio una pretesa erga omnes riferibile a uno dei nostri diritti reali, non sia di per sé sola produttiva di effetti cd. preclusivi (o, meglio, di irripetibilità), ma che questi ultimi siano da ricondurre alla cosa giudicata; b) che non sia l’esistenza del provvedimento giudiziale definitivo, in sé e per sé considerata, a determinare l’irripetibilità dell’azione, ma che questa dipenda anche da certuni contenuti ed effetti della res iudicata; c) che l’irripetibilità dell’azione reale – non determinata dalla mera identità tra res qua de agitur e res in iudicium deducta – si ha solo se dalla comparazione tra la res qua de agitur e la res iudicata risulta che sulla domanda attorea una sentenza definitiva nel merito è stata già emessa; d) che la non iterazione dell’eadem res segnalata a mezzo dell’exceptio rei iudicatae vel in iudicium deductae è subordinata a che il previo giudicato sia attualmente contrario alla decidibilità nel merito della domanda attorea, sia se a favore della parte che lo invoca, sia se contro la parte che lo invoca (sicché non è esatto sostenere che l’elevazione dell’exceptio in parola intende impedire sempre una pronunzia difforme); e) che gli effetti cd. preclusivi riconducibili alla sentenza, di regola, né si sommano né si sostituiscono a quelli della litis contestatio, né, invero, li annientano. In definitiva, se per le azioni in personam l’efficacia notoriamente descritta a mezzo dell’adagio ‘bis de eadem re ne sit actio’ opera vuoi ipso iure vuoi ope exceptionis, ma sempre giusta la litis contestatio, e, quindi, al di fuori dei casi in cui ad essere dedotto in giudizio sia un rapporto obbligatorio civile, in forza della seconda clausola dell’eccezione in parola, vale a dire quella de re in iudicium deducta (e in forza della prima clausola solo se la res iudicata copre un ambito maggiore rispetto alla res dedotta nella formula) , nelle azioni reali essa opera solo in via di eccezione: per l’esattezza, a fronte di un’actio in rem ripetuta tra le stesse parti, per la medesima cosa, nonché a fronte della stessa causa, la clausola de re in iudicium deducta di regola non avrebbe giovato concretamente al reus, attesa la rilevanza della sola res iudicata, o invocata dalla parte vittoriosa del primo giudizio o dalla parte soccombente del primo giudizio contro la parte attualmente già soddisfatta o soddisfabile in forza della sentenza : diversamente, bis de eadem re sit actio.
2015
978-88-243-2399-4
ne bis in idem, actio in rem, litis contestatio
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