Nella storia dell’arte Jacopo Tintoretto è spesso rappresentato come un artista innovatore, importatore del canone tosco-romano nell’arte veneziana del Cinquecento. La presente tesi capovolge l’immagine canonica di Jacopo Robusti, restituendogli il legame con la tradizione arcaica di Venezia. Vista la mancanza, nella città lagunare, dell’eredità classica, abbondantemente compensata dai manufatti della maniera greca, sia trasportati da Bisanzio che prodotti in loco, il lavoro si concentra sul rapporto della produzione tintorettiana con l’arte bizantina, lasciando spazio anche ad altri elementi retrospettivi nella sua pittura religiosa, che rientrano nella categoria degli arcaismi. Prendendo in considerazione la relativa marginalità del problema dei bizantinismi ed arcaismi di Tintoretto, si mira innanzitutto a ricostruire la storiografia di tali elementi nei suoi dipinti. L’indagine storiografica rileva due linee interpretative riguardo agli elementi retrospettivi negli studi tintorettiani. La prima tende a scoprire delle imitazioni stilistiche nell’arte del Robusti, che però non trovano quasi mai un’argomentazione storico-artistica che la legittimi; la seconda, che ci sembra invece produttiva, vede nei bizantinismi e arcaismi tintorettiani delle allusioni al tipo iconografico. La necessità degli artisti e dei committenti di ricorrere all’arte del sacro passato si giustifica attraverso le specifiche esigenze dettate dall’età tridentina e post-tridentina. La seconda parte del primo capitolo raccoglie le testimonianze cinquecentesche che definiscono lo status dei manufatti bizantini nella Venezia dell’epoca. La ricezione cinquecentesca rivela un atteggiamento negativo verso lo stile bizantino, contrastato però dallo status cultuale dei manufatti stessi. Inoltre, l’arte bizantina a Venezia, anche se definita come della maniera greca, viene tuttavia spesso contaminata con l’arte gotica medievale, e ciò rende la categoria degli elementi bizantini dinamica, definibile in termini cronologici più che stilistici. Il riferimento ad un manufatto bizantino all’interno di un nuovo dipinto va quindi interpretato come allusione al sacro passato, collegato alla storia mitica dell’origine dello Stato Veneto. Nel secondo capitolo si esplora il “pattern” che crea la relazione con l’arte del passato all’interno di un dipinto narrativo di Tintoretto. La Discesa al Limbo di San Cassiano costruisce un legame con il passato mitico veneziano presentando dei paralleli iconografici diretti con l'omonimo mosaico marciano e con l'icona bizantina quattro- o cinquecentesca di ugual soggetto. Il moderno dipinto di Tintoretto non solo si appropria del loro valore cultuale e ideologico (l’autoidentificazione di Venezia era in gran parte costruita sull’appropriazione dell’eredità bizantina), ma coglie anche l’occasione per adempiere le nuove richieste poste dalla Riforma Cattolica. La Discesa al Limbo tintorettiana si rifà ai dipinti veneziani del culto in quanto ritenuti documenti visivi dell’ortodossia cattolica originaria, e ciò al fine di ripristinare il valore dogmatico del purgatorio e della preghiera per i morti, duramente messo sotto accusa dai protestanti. Sullo sfondo di complesse composizioni dinamiche, tipiche della sua maniera, Tintoretto elabora costruzioni figurative intenzionalmente semplificate, che sembrano portatrici di un ii significato particolare. La Madonna con il Bambino adorata dai ss. Marco e Luca costituisce un buon esempio di tale estrema semplificazione formale: la Madonna appare sotto forma di visione celeste, priva della dimensione terrestre. Il paragone con le immagini medievali della Madonna dell’Umiltà che, in seguito al nuovo culto, erano state riproposte nel Cinquecento non più in versione “terrena” bensì elevate verso il cielo, fa della Madonna di Tintoretto una nuova icona mimetica postridentina. Ulteriori esempi di relazione con le immagini medievali della Madonna rivelano come esse possano essere integrate in diversi modi nei dipinti moderni. Il mosaico con la Madonna con il Bambino in gloria con tutti i santi, realizzato sul cartone della bottega tintorettiana, rappresenta, sotto forma di apparizione, una sacra immagine veneziana di Maria Vergine; ciò ricollega la cappella Lando, per la quale fu commissionata la decorazione musiva, alla Basilica di San Marco, dove si trovava l’icona originaria, e così anche al corpo dello Stato Veneto e al suo mito di origine. L’indagine condotta rivela quindi il ruolo determinante delle immagini sacre medievali per la comprensione dell’arte religiosa di Jacopo Robusti. La tensione tra iconografia arcaica e stile espressivamente moderno creava, all’interno di un dipinto, un forte contrasto temporale, voluto dai committenti e recepito dal pubblico coevo, visto lo status cultuale delle immagini-fonti di Tintoretto. I pattern della riflessione artistica di Tintoretto sulle immagini arcaiche religiose contribuiscono a capovolgere l’immagine lineare evoluzionistica dell’arte cinquecentesca: essi rendono un dipinto sacro una sorta di “costellazione dei vettori temporali”, proiettandolo simultaneamente nel passato sacro e nel futuro, e confermando così il suo valore sacrale e la sua ortodossia.

In the history of art, Jacopo Tintoretto was always seen as an innovator, who incorporated Tosco-Roman Canon in the Venetian Cinquecento art. My dissertation aims to update the established image of Jacopo Robusti and repristinate his connection to the archaic Venetian tradition. First of all, my thesis reconstructs the historiography of Tintoretto’s byzantine and archaic elements. The historiographic research reveals two main interpretative lines, concerning the retrospective elements in the studies of Tintoretto’s art. I argue that his presumed stylistic imitation of byzantine style was never confirmed by substantial evidence, whereas the iconographic citations of byzantine and archaic paintings were justified by the specific requirements of the tridentine and post-tridentine era. The second part of the first chapter defines the reception of the byzantine and archaic art in the 16th century Venice. The inquiry shows that both categories never had strict borders, but instead were dynamic, thus allowing us to analyze them not stylistically, but chronologically as belonging to the sacred past. The second chapter explores the pattern of the relationship of Tintoretto’s art to the past, focusing on one of his narrative pictures. I argue that the Descent into hell constructed its connection to the past through iconographic citations from the byzantine icon, present in Venice at the time, as well as from St. Marc’s mosaic on the same subject. The modern Tintoretto’s painting appropriated the sacral and ideological value of the archaic images in order to fulfill the requirements of the Tridentine Reform. The archaic images, considered by the beholder as visual documents of the sacred subjects they represented, when incorporated in the new paintings reaffirmed the catholic dogmas, threatened at the time by the Protestant Reform. The third chapter is dedicated to Tintoretto’s representation of Virgin Mary and Child and its traditional elements. Madonna contemplated by St. Marc and Luke was created as a vision, deprived from the terrestrial dimension and thus resulting particularly simple in form as compared to painter’s other images of the Marian subject. As opposed to the medieval representations of Madonna on the crescent moon, which were “transported” from earth to heaven during the Cinquecento renovation, the Berlin Madonna shows how Tintoretto managed to create a new mimetic post-tridentine icon. Further examples of the relation of Tintoretto’s paintings to the medieval images explicate how the old images were incorporated in the new form. The mosaic of the Madonna in Glory with All Saints, created from the Tintoretto’s workshop cartone, represented in the form of vision the sacred old venetian image of the Madonna. It connected the new mosaic to the St. Marc’s Basilica, where the icon was preserved as well as to the body of Venetian State and its mythical origin. The research reveals that the sacred old imagery of Venice played a determinative role in Tintoretto’s art. The contrast between old iconography and his pronouncedly modern style created the tension of time in the painting, recognized by the public in the context of the cult status of Tintoretto’s sources. The patterns of Tintoretto’s artistic reflection on the old sacred images contributed to the transformation of the linear evolutionistic paradigm of the Cinquecento art as they allowed to see the Tintoretto’s images as a constellation of different time vectors, which simultaneously projected them in the sacred past and future, confirming their sacred value and their orthodoxy.

BIZANTINISMI ED ALTRI ARCAISMI NELLA PITTURA RELIGIOSA DI JACOPO TINTORETTO

Ustyuzhaninova, Maria
2016-01-01

Abstract

In the history of art, Jacopo Tintoretto was always seen as an innovator, who incorporated Tosco-Roman Canon in the Venetian Cinquecento art. My dissertation aims to update the established image of Jacopo Robusti and repristinate his connection to the archaic Venetian tradition. First of all, my thesis reconstructs the historiography of Tintoretto’s byzantine and archaic elements. The historiographic research reveals two main interpretative lines, concerning the retrospective elements in the studies of Tintoretto’s art. I argue that his presumed stylistic imitation of byzantine style was never confirmed by substantial evidence, whereas the iconographic citations of byzantine and archaic paintings were justified by the specific requirements of the tridentine and post-tridentine era. The second part of the first chapter defines the reception of the byzantine and archaic art in the 16th century Venice. The inquiry shows that both categories never had strict borders, but instead were dynamic, thus allowing us to analyze them not stylistically, but chronologically as belonging to the sacred past. The second chapter explores the pattern of the relationship of Tintoretto’s art to the past, focusing on one of his narrative pictures. I argue that the Descent into hell constructed its connection to the past through iconographic citations from the byzantine icon, present in Venice at the time, as well as from St. Marc’s mosaic on the same subject. The modern Tintoretto’s painting appropriated the sacral and ideological value of the archaic images in order to fulfill the requirements of the Tridentine Reform. The archaic images, considered by the beholder as visual documents of the sacred subjects they represented, when incorporated in the new paintings reaffirmed the catholic dogmas, threatened at the time by the Protestant Reform. The third chapter is dedicated to Tintoretto’s representation of Virgin Mary and Child and its traditional elements. Madonna contemplated by St. Marc and Luke was created as a vision, deprived from the terrestrial dimension and thus resulting particularly simple in form as compared to painter’s other images of the Marian subject. As opposed to the medieval representations of Madonna on the crescent moon, which were “transported” from earth to heaven during the Cinquecento renovation, the Berlin Madonna shows how Tintoretto managed to create a new mimetic post-tridentine icon. Further examples of the relation of Tintoretto’s paintings to the medieval images explicate how the old images were incorporated in the new form. The mosaic of the Madonna in Glory with All Saints, created from the Tintoretto’s workshop cartone, represented in the form of vision the sacred old venetian image of the Madonna. It connected the new mosaic to the St. Marc’s Basilica, where the icon was preserved as well as to the body of Venetian State and its mythical origin. The research reveals that the sacred old imagery of Venice played a determinative role in Tintoretto’s art. The contrast between old iconography and his pronouncedly modern style created the tension of time in the painting, recognized by the public in the context of the cult status of Tintoretto’s sources. The patterns of Tintoretto’s artistic reflection on the old sacred images contributed to the transformation of the linear evolutionistic paradigm of the Cinquecento art as they allowed to see the Tintoretto’s images as a constellation of different time vectors, which simultaneously projected them in the sacred past and future, confirming their sacred value and their orthodoxy.
2016
Jacopo Tintoretto, Venezia, Cinquecento, arcaismo, anacronismo, bizantinismo, pittura religiosa, iconografia, discesa agli inferi, visione, Concilio di Trento, Riforma Cattolica, purgatorio, preghiera per i morti, mosaico, Basilica di San Marco, San Pietro di Castello, Madonna dell'Umiltà, apocalisse, Donna apocalittica, san Marco, san Luca
Nella storia dell’arte Jacopo Tintoretto è spesso rappresentato come un artista innovatore, importatore del canone tosco-romano nell’arte veneziana del Cinquecento. La presente tesi capovolge l’immagine canonica di Jacopo Robusti, restituendogli il legame con la tradizione arcaica di Venezia. Vista la mancanza, nella città lagunare, dell’eredità classica, abbondantemente compensata dai manufatti della maniera greca, sia trasportati da Bisanzio che prodotti in loco, il lavoro si concentra sul rapporto della produzione tintorettiana con l’arte bizantina, lasciando spazio anche ad altri elementi retrospettivi nella sua pittura religiosa, che rientrano nella categoria degli arcaismi. Prendendo in considerazione la relativa marginalità del problema dei bizantinismi ed arcaismi di Tintoretto, si mira innanzitutto a ricostruire la storiografia di tali elementi nei suoi dipinti. L’indagine storiografica rileva due linee interpretative riguardo agli elementi retrospettivi negli studi tintorettiani. La prima tende a scoprire delle imitazioni stilistiche nell’arte del Robusti, che però non trovano quasi mai un’argomentazione storico-artistica che la legittimi; la seconda, che ci sembra invece produttiva, vede nei bizantinismi e arcaismi tintorettiani delle allusioni al tipo iconografico. La necessità degli artisti e dei committenti di ricorrere all’arte del sacro passato si giustifica attraverso le specifiche esigenze dettate dall’età tridentina e post-tridentina. La seconda parte del primo capitolo raccoglie le testimonianze cinquecentesche che definiscono lo status dei manufatti bizantini nella Venezia dell’epoca. La ricezione cinquecentesca rivela un atteggiamento negativo verso lo stile bizantino, contrastato però dallo status cultuale dei manufatti stessi. Inoltre, l’arte bizantina a Venezia, anche se definita come della maniera greca, viene tuttavia spesso contaminata con l’arte gotica medievale, e ciò rende la categoria degli elementi bizantini dinamica, definibile in termini cronologici più che stilistici. Il riferimento ad un manufatto bizantino all’interno di un nuovo dipinto va quindi interpretato come allusione al sacro passato, collegato alla storia mitica dell’origine dello Stato Veneto. Nel secondo capitolo si esplora il “pattern” che crea la relazione con l’arte del passato all’interno di un dipinto narrativo di Tintoretto. La Discesa al Limbo di San Cassiano costruisce un legame con il passato mitico veneziano presentando dei paralleli iconografici diretti con l'omonimo mosaico marciano e con l'icona bizantina quattro- o cinquecentesca di ugual soggetto. Il moderno dipinto di Tintoretto non solo si appropria del loro valore cultuale e ideologico (l’autoidentificazione di Venezia era in gran parte costruita sull’appropriazione dell’eredità bizantina), ma coglie anche l’occasione per adempiere le nuove richieste poste dalla Riforma Cattolica. La Discesa al Limbo tintorettiana si rifà ai dipinti veneziani del culto in quanto ritenuti documenti visivi dell’ortodossia cattolica originaria, e ciò al fine di ripristinare il valore dogmatico del purgatorio e della preghiera per i morti, duramente messo sotto accusa dai protestanti. Sullo sfondo di complesse composizioni dinamiche, tipiche della sua maniera, Tintoretto elabora costruzioni figurative intenzionalmente semplificate, che sembrano portatrici di un ii significato particolare. La Madonna con il Bambino adorata dai ss. Marco e Luca costituisce un buon esempio di tale estrema semplificazione formale: la Madonna appare sotto forma di visione celeste, priva della dimensione terrestre. Il paragone con le immagini medievali della Madonna dell’Umiltà che, in seguito al nuovo culto, erano state riproposte nel Cinquecento non più in versione “terrena” bensì elevate verso il cielo, fa della Madonna di Tintoretto una nuova icona mimetica postridentina. Ulteriori esempi di relazione con le immagini medievali della Madonna rivelano come esse possano essere integrate in diversi modi nei dipinti moderni. Il mosaico con la Madonna con il Bambino in gloria con tutti i santi, realizzato sul cartone della bottega tintorettiana, rappresenta, sotto forma di apparizione, una sacra immagine veneziana di Maria Vergine; ciò ricollega la cappella Lando, per la quale fu commissionata la decorazione musiva, alla Basilica di San Marco, dove si trovava l’icona originaria, e così anche al corpo dello Stato Veneto e al suo mito di origine. L’indagine condotta rivela quindi il ruolo determinante delle immagini sacre medievali per la comprensione dell’arte religiosa di Jacopo Robusti. La tensione tra iconografia arcaica e stile espressivamente moderno creava, all’interno di un dipinto, un forte contrasto temporale, voluto dai committenti e recepito dal pubblico coevo, visto lo status cultuale delle immagini-fonti di Tintoretto. I pattern della riflessione artistica di Tintoretto sulle immagini arcaiche religiose contribuiscono a capovolgere l’immagine lineare evoluzionistica dell’arte cinquecentesca: essi rendono un dipinto sacro una sorta di “costellazione dei vettori temporali”, proiettandolo simultaneamente nel passato sacro e nel futuro, e confermando così il suo valore sacrale e la sua ortodossia.
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