Il 22 maggio 1922 nasce Wolfgang, figlio di Emma e Leo Spitzer. Per il linguista e filologo tedesco è l’occasione irripetibile di applicare le sue vastissime conoscenze alla lingua del tutto speciale che una madre usa con il proprio figlio, con l’ulteriore vantaggio, in questo caso, di poter osservare il fenomeno da una distanza autenticamente privilegiata. Giorno dopo giorno, per quattro anni, Spitzer annota così su un taccuino i nomi con cui la moglie – apparentemente ignara di questo prolungato scrutinio, ma in realtà consapevole del modo particolare con cui gli occhi del marito la seguono – chiama il piccolo Wolfgang, che in questo miracolo linguistico diventa Puck, Pückchen, Pucksi, Puxi; ma anche Bübi, Mausi, Katzi, o ancora Matschele, Kabäuschen, e Tüdülütchen e Schnützeling.I risultati di questa lunga e affettuosa osservazione – raccolti in questo saggio che è anche un memoriale partecipe di quei primi, intensi anni – mostrano come la lingua individuale di una madre diventi la lingua per eccellenza delle emozioni: l’intento, da subito dichiarato, è infatti evidenziare il modo in cui la madre evita il nome «ufficiale» del figlio per esprimere il suo amore attraverso una produzione linguistica autenticamente esuberante. Dalle variazioni più minute e quasi circospette, che giocano in modo appena avvertibile con pronuncia e accento, fino alle invenzioni più radicali, ai neologismi, ogni stato d’animo sembra richiedere la propria trasformazione linguistica, finché la lingua cessa di denotare un individuo e passa invece a connotarlo.Superficialmente lontano dai più poderosi saggi stilistici di Spitzer – come quelli dedicati a Proust, a Goethe, o alle lettere dei prigionieri di guerra italiani –, Piccolo Puxi rivela a una lettura attenta l’acribia, l’acume e la lucidità di sguardo che della lingua di Spitzer rappresentano, insieme alla ricchezza espositiva e alla felicità esemplificativa, le qualità più evidenti. Sono queste qualità, insieme all’ironia gentile e all’affetto che la compostezza dello studioso non riesce a offuscare, a fare del saggio qui raccolto un classico.
Leo Spitzer, Piccolo Puxi. Saggio sulla lingua di una madre
BABBI, Anna Maria
;SALGARO, Massimo
2015-01-01
Abstract
Il 22 maggio 1922 nasce Wolfgang, figlio di Emma e Leo Spitzer. Per il linguista e filologo tedesco è l’occasione irripetibile di applicare le sue vastissime conoscenze alla lingua del tutto speciale che una madre usa con il proprio figlio, con l’ulteriore vantaggio, in questo caso, di poter osservare il fenomeno da una distanza autenticamente privilegiata. Giorno dopo giorno, per quattro anni, Spitzer annota così su un taccuino i nomi con cui la moglie – apparentemente ignara di questo prolungato scrutinio, ma in realtà consapevole del modo particolare con cui gli occhi del marito la seguono – chiama il piccolo Wolfgang, che in questo miracolo linguistico diventa Puck, Pückchen, Pucksi, Puxi; ma anche Bübi, Mausi, Katzi, o ancora Matschele, Kabäuschen, e Tüdülütchen e Schnützeling.I risultati di questa lunga e affettuosa osservazione – raccolti in questo saggio che è anche un memoriale partecipe di quei primi, intensi anni – mostrano come la lingua individuale di una madre diventi la lingua per eccellenza delle emozioni: l’intento, da subito dichiarato, è infatti evidenziare il modo in cui la madre evita il nome «ufficiale» del figlio per esprimere il suo amore attraverso una produzione linguistica autenticamente esuberante. Dalle variazioni più minute e quasi circospette, che giocano in modo appena avvertibile con pronuncia e accento, fino alle invenzioni più radicali, ai neologismi, ogni stato d’animo sembra richiedere la propria trasformazione linguistica, finché la lingua cessa di denotare un individuo e passa invece a connotarlo.Superficialmente lontano dai più poderosi saggi stilistici di Spitzer – come quelli dedicati a Proust, a Goethe, o alle lettere dei prigionieri di guerra italiani –, Piccolo Puxi rivela a una lettura attenta l’acribia, l’acume e la lucidità di sguardo che della lingua di Spitzer rappresentano, insieme alla ricchezza espositiva e alla felicità esemplificativa, le qualità più evidenti. Sono queste qualità, insieme all’ironia gentile e all’affetto che la compostezza dello studioso non riesce a offuscare, a fare del saggio qui raccolto un classico.File | Dimensione | Formato | |
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