Alla base della ricerca vi è la convinzione che le testimonianze dei combattenti inviati sul fronte alpino durante il primo conflitto mondiale costituiscano una fonte di primaria importanza per lo studio dell’immaginario legato alla montagna. La Grande Guerra rappresentò il primo, fondamentale incontro di milioni di italiani con le Alpi, rimaste fino ad allora un mondo lontano, fuori dalla portata e dagli interessi delle masse popolari. Partendo dall’esame di un campione di 165 epistolari, diari e memoriali di guerra (selezionati tra i testi editi ed i fondi inediti dell’Archivio Diaristico Nazionale, dell’Archivio Ligure e dell’Archivio Trentino di Scritture Popolari), il mio lavoro integra l’analisi dei resoconti di ufficiali e volontari, in buona parte arruolati negli Alpini, con quella delle testimonianze di soldati semplici appartenenti ai ceti subalterni, reclutati in fanteria e in altri corpi dell’esercito. In questi testi autobiografici – specchi rivelatori del mondo interiore dei combattenti – affiorano le emozioni, le impressioni e gli stati d’animo generati dall’impatto con i teatri di guerra alpini. Le domande a cui questi resoconti danno risposta sono molteplici: in che modo i soldati catapultati nelle postazioni del fronte alpino si relazionarono con il territorio circostante? Quali furono le impressioni derivanti dall’osservazione dei paesaggi alpini? Fino a che punto le rappresentazioni mentali delle “Alpi irredente” alimentarono un senso di riconoscimento identitario con un teatro geografico assurto a simbolo par excellence della retorica patriottica? Quanto dell’enfasi posta sul mito della guerra in montagna fu effettivamente condivisa dalla truppa? Lo studio delle scritture di guerra converge nel senso di attribuire all’evento bellico, tra le altre cose, il ruolo di catalizzatore e acceleratore del processo di avvicinamento degli italiani alle montagne. Durante i tre anni e mezzo di ostilità, soldati di ogni estrazione sociale e provenienza geografica furono spinti, per convinzione o per obbligo, a prendere confidenza con il suolo accidentato, la dimensione verticale, attività pratiche come lo sci. La montagna, resa ancora più ostile dal contesto bellico, fu una scuola di vita e di sopravvivenza: i combattenti dovettero imparare a difendersi da un ambiente sfavorevole, adattandosi a climi e terreni refrattari alla presenza dell’uomo.

Letters, diaries and memoirs written by Italian soldiers who experienced the exceptional difficulties of the war on the Alpine front in the years 1915-1918 are sources of primary importance for the study of the perceptions and the emotions generated by the impact with a hostile environment. On closer inspection, for millions of Italians the First World War represented a crucial encounter with the Eastern Alps. Based on an analysis of a sample of 165 personal narratives of war – selected from published books and unpublished documents deposited at the “Archivio Diaristico Nazionale” in Pieve S. Stefano (Tuscany), the “Archivio Ligure di Scrittura Popolare” in Genoa and the “Archivio della Scrittura Popolare” in Trento – this research provides answers to the following questions: how did the combatants signify their relationship to a geographical space altered by the ongoing war? What suggestions were given by the observation of the Alpine landscapes? To what extent the political representation of the mountains under the control of the Austro-Hungarian Empire as terra irredenta (unredeemed land) fueled a sense of national identification with the Alps? How much of the emphasis on the myth of the so-called “White War” (fought at high altitudes, from about 3.000 to 4.000 m a.s.l.) was actually shared by the troops? The study of the “war writings” of soldiers and veterans reveals that the armed conflict accelerated the process of gaining awareness of the Alps. Men from all social classes were forced to familiarize with the rugged soil of the mountains, the vertical dimension, practical activities such as skiing. Peaks and cliffs, made more dangerous by the context of war, were a “school of life”: the combatants had to learn to defend themselves, adapting to climates and lands not suitable to human presence.

"In queste montagne altissime della Patria". Le Alpi nelle testimonianze dei combattenti del primo conflitto mondiale.

Zaffonato, Andrea
2016-01-01

Abstract

Letters, diaries and memoirs written by Italian soldiers who experienced the exceptional difficulties of the war on the Alpine front in the years 1915-1918 are sources of primary importance for the study of the perceptions and the emotions generated by the impact with a hostile environment. On closer inspection, for millions of Italians the First World War represented a crucial encounter with the Eastern Alps. Based on an analysis of a sample of 165 personal narratives of war – selected from published books and unpublished documents deposited at the “Archivio Diaristico Nazionale” in Pieve S. Stefano (Tuscany), the “Archivio Ligure di Scrittura Popolare” in Genoa and the “Archivio della Scrittura Popolare” in Trento – this research provides answers to the following questions: how did the combatants signify their relationship to a geographical space altered by the ongoing war? What suggestions were given by the observation of the Alpine landscapes? To what extent the political representation of the mountains under the control of the Austro-Hungarian Empire as terra irredenta (unredeemed land) fueled a sense of national identification with the Alps? How much of the emphasis on the myth of the so-called “White War” (fought at high altitudes, from about 3.000 to 4.000 m a.s.l.) was actually shared by the troops? The study of the “war writings” of soldiers and veterans reveals that the armed conflict accelerated the process of gaining awareness of the Alps. Men from all social classes were forced to familiarize with the rugged soil of the mountains, the vertical dimension, practical activities such as skiing. Peaks and cliffs, made more dangerous by the context of war, were a “school of life”: the combatants had to learn to defend themselves, adapting to climates and lands not suitable to human presence.
2016
Prima guerra mondiale, Scritture di guerra, Storia delle Alpi, Alpinismo, Club Alpino Italiano, Società degli Alpinisti Tridentini, Paolo Lioy, Ottone Brentari, Paesaggio
Alla base della ricerca vi è la convinzione che le testimonianze dei combattenti inviati sul fronte alpino durante il primo conflitto mondiale costituiscano una fonte di primaria importanza per lo studio dell’immaginario legato alla montagna. La Grande Guerra rappresentò il primo, fondamentale incontro di milioni di italiani con le Alpi, rimaste fino ad allora un mondo lontano, fuori dalla portata e dagli interessi delle masse popolari. Partendo dall’esame di un campione di 165 epistolari, diari e memoriali di guerra (selezionati tra i testi editi ed i fondi inediti dell’Archivio Diaristico Nazionale, dell’Archivio Ligure e dell’Archivio Trentino di Scritture Popolari), il mio lavoro integra l’analisi dei resoconti di ufficiali e volontari, in buona parte arruolati negli Alpini, con quella delle testimonianze di soldati semplici appartenenti ai ceti subalterni, reclutati in fanteria e in altri corpi dell’esercito. In questi testi autobiografici – specchi rivelatori del mondo interiore dei combattenti – affiorano le emozioni, le impressioni e gli stati d’animo generati dall’impatto con i teatri di guerra alpini. Le domande a cui questi resoconti danno risposta sono molteplici: in che modo i soldati catapultati nelle postazioni del fronte alpino si relazionarono con il territorio circostante? Quali furono le impressioni derivanti dall’osservazione dei paesaggi alpini? Fino a che punto le rappresentazioni mentali delle “Alpi irredente” alimentarono un senso di riconoscimento identitario con un teatro geografico assurto a simbolo par excellence della retorica patriottica? Quanto dell’enfasi posta sul mito della guerra in montagna fu effettivamente condivisa dalla truppa? Lo studio delle scritture di guerra converge nel senso di attribuire all’evento bellico, tra le altre cose, il ruolo di catalizzatore e acceleratore del processo di avvicinamento degli italiani alle montagne. Durante i tre anni e mezzo di ostilità, soldati di ogni estrazione sociale e provenienza geografica furono spinti, per convinzione o per obbligo, a prendere confidenza con il suolo accidentato, la dimensione verticale, attività pratiche come lo sci. La montagna, resa ancora più ostile dal contesto bellico, fu una scuola di vita e di sopravvivenza: i combattenti dovettero imparare a difendersi da un ambiente sfavorevole, adattandosi a climi e terreni refrattari alla presenza dell’uomo.
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