Nel 1764 un breve pamphlet, stampato anonimo e lontano da Milano per timore della censura, scosse le coscienze e convinse l’opinione pubblica europea a prendere atto dell’arretratezza e della vera e propria efferatezza del sistema penale ancora in vigore alla metà del Settecento. Beccaria smascherò un sistema repressivo fondato sulla pena di morte e su pene atroci, sovente senza alcuna proporzione tra la gravità del crimine e quella della pena, che non mirava al recupero del delinquente, ma soltanto ad atterrire e per tale via dissuadere dal crimine mediante un meccanismo processuale spietato ed ingiusto, fondato sulla disuguaglianza di trattamento dei soggetti in base al ceto, che si serviva di un processo inquisitorio nel quale l’imputato era considerato colpevole fino a prova contraria e nel quale la tortura era il mezzo privilegiato per ottenere la confessione. I saggi proposti in questo volume, caratterizzato dall’interdisciplinarietà, si propongono di rileggere le pagine di Dei Delitti e delle Pene per coglierne il valore storico ma altresì attuale. Nel celebrato «libriccino» sono, infatti, esposte tematiche e affrontati problemi che ancor oggi coinvolgono l’interprete sensibile della realtà, chiamando il giurista, attento ai profili storici e filosofici del problema del fondamento e della giustificazione del diritto di punire, a riflettere con Beccaria. Siamo persuasi che la miglior forma di celebrazione di un anniversario sia offerta dal ripensare con chi si celebra i problemi che, ieri come oggi, «attanagliano» chi si ponga il problema di chi, come, quando e perché punire. In chiave storico-giuridica il lavoro ancora da completare è quello di procedere ad una compiuta contestualizzazione dell’opera di Beccaria, che esprime principi assoluti di civiltà giuridica ma è anche sotto molti aspetti figlia del suo tempo: in tale ottica i saggi qui pubblicati sono dedicati a chiarire l’atteggiamento di totale negazione della tradizione giuridica occidentale ed in particolare il rifiuto del diritto romano giustinianeo e, per altro verso, il modo in cui la criminalistica coeva e posteriore accoglie e metabolizza le nuove idee di Beccaria, volutamente formulate senza fare ricorso a tecnicismi giuridici; sul piano dei contenuti si sono poi messi a fuoco due aspetti tipici dell’ideologia penalistica illuminista: da un lato il basilare nuovo concetto di interpretazione, che postula la riduzione del giudice a mero strumento di applicazione della legge e dall’altro lato l’accantonamento dell’istituto della grazia, coerente con il diritto di Antico Regime ma privo di ogni giustificazione nel sistema penale di marca illuminista. Sotto il profilo filosofico-giuridico il capolavoro di Cesare Beccaria costituisce una valida occasione per affrontare il tema della tutela dei diritti fondamentali nella prassi penalistica e difatti i vari saggi, proposti nella seconda parte del volume, affrontano, da diverse prospettive e con diverse angolature critiche, il rapporto esistente fra protezione delle garanzie fondamentali e difesa sociale. Emerge un quadro complesso e, confidiamo, stimolante per il lettore del terzo Millennio, che voglia ripercorrere la parabola della Modernità per riflettere sulla importanza dell’eredità che quest’ultima ha consegnato all’Occidente.
Attualità e storicità del «Dei delitti e delle pene» a 250 anni dalla pubblicazione
ROSSI, Giovanni;ZANUSO, Francesca
2015-01-01
Abstract
Nel 1764 un breve pamphlet, stampato anonimo e lontano da Milano per timore della censura, scosse le coscienze e convinse l’opinione pubblica europea a prendere atto dell’arretratezza e della vera e propria efferatezza del sistema penale ancora in vigore alla metà del Settecento. Beccaria smascherò un sistema repressivo fondato sulla pena di morte e su pene atroci, sovente senza alcuna proporzione tra la gravità del crimine e quella della pena, che non mirava al recupero del delinquente, ma soltanto ad atterrire e per tale via dissuadere dal crimine mediante un meccanismo processuale spietato ed ingiusto, fondato sulla disuguaglianza di trattamento dei soggetti in base al ceto, che si serviva di un processo inquisitorio nel quale l’imputato era considerato colpevole fino a prova contraria e nel quale la tortura era il mezzo privilegiato per ottenere la confessione. I saggi proposti in questo volume, caratterizzato dall’interdisciplinarietà, si propongono di rileggere le pagine di Dei Delitti e delle Pene per coglierne il valore storico ma altresì attuale. Nel celebrato «libriccino» sono, infatti, esposte tematiche e affrontati problemi che ancor oggi coinvolgono l’interprete sensibile della realtà, chiamando il giurista, attento ai profili storici e filosofici del problema del fondamento e della giustificazione del diritto di punire, a riflettere con Beccaria. Siamo persuasi che la miglior forma di celebrazione di un anniversario sia offerta dal ripensare con chi si celebra i problemi che, ieri come oggi, «attanagliano» chi si ponga il problema di chi, come, quando e perché punire. In chiave storico-giuridica il lavoro ancora da completare è quello di procedere ad una compiuta contestualizzazione dell’opera di Beccaria, che esprime principi assoluti di civiltà giuridica ma è anche sotto molti aspetti figlia del suo tempo: in tale ottica i saggi qui pubblicati sono dedicati a chiarire l’atteggiamento di totale negazione della tradizione giuridica occidentale ed in particolare il rifiuto del diritto romano giustinianeo e, per altro verso, il modo in cui la criminalistica coeva e posteriore accoglie e metabolizza le nuove idee di Beccaria, volutamente formulate senza fare ricorso a tecnicismi giuridici; sul piano dei contenuti si sono poi messi a fuoco due aspetti tipici dell’ideologia penalistica illuminista: da un lato il basilare nuovo concetto di interpretazione, che postula la riduzione del giudice a mero strumento di applicazione della legge e dall’altro lato l’accantonamento dell’istituto della grazia, coerente con il diritto di Antico Regime ma privo di ogni giustificazione nel sistema penale di marca illuminista. Sotto il profilo filosofico-giuridico il capolavoro di Cesare Beccaria costituisce una valida occasione per affrontare il tema della tutela dei diritti fondamentali nella prassi penalistica e difatti i vari saggi, proposti nella seconda parte del volume, affrontano, da diverse prospettive e con diverse angolature critiche, il rapporto esistente fra protezione delle garanzie fondamentali e difesa sociale. Emerge un quadro complesso e, confidiamo, stimolante per il lettore del terzo Millennio, che voglia ripercorrere la parabola della Modernità per riflettere sulla importanza dell’eredità che quest’ultima ha consegnato all’Occidente.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.