Nei processi per diffamazione di una carica pubblica la giurisprudenza di merito è solita riconoscere all'attore una particolare voce di danno: il c.d. «onore specifico». Il risarcimento tiene così conto della lesione dell'onore non solo recata alla persona fisica, bensì anche al prestigio e all'onorabilità della carica rivestita. Tale prassi, confermata de plano dalla giurisprudenza di legittimità, manifesta però alcune criticità: 1) non prende in considerazione quanto prescritto dall'art. 54.2 Cost., a norma del quale i titolari di cariche pubbliche devono adempiervi con onore e disciplina, prestando giuramento nei casi previsti dalla legge; circostanza grave, considerato che una condanna per diffamazione non esclude che i comportamenti "pubblici" narrati abbiano per oggetto comportamenti veri e poco encomiabili dal punto di vista morale e penale. 2) Tale voce di danno è riconosciuta aprioristicamente, da un lato omettendo qualunque riferimento all'art. 54.2 Cost., dall'altro senza dare conto del "processo logico e valutativo seguito" nella quantificazione del danno, come invece imposto dalla Cassazione. 3) Il tutto in un contesto processuale che attira con sempre più forza la tutela dell'onore entro il catino civilistico, sganciandola dall'originale protezione penale: tendenza, questa, senz'altro condivisibile al fine di garantire l'effettività del risarcimento per lesione di interessi costituzionalmente protetti, ma al contempo pericolosa quando il convenuto è un operatore dell'informazione, il quale vede così restringersi la protezione accordata dall'ordinamento nell'esercizio dei diritti-doveri ex art. 21 Cost.
L'art. 54 secondo comma Cost. e la voce «onore specifico» nel risarcimento del danno non patrimoniale per diffamazione di una carica pubblica
FERRARI, FABIO
2014-01-01
Abstract
Nei processi per diffamazione di una carica pubblica la giurisprudenza di merito è solita riconoscere all'attore una particolare voce di danno: il c.d. «onore specifico». Il risarcimento tiene così conto della lesione dell'onore non solo recata alla persona fisica, bensì anche al prestigio e all'onorabilità della carica rivestita. Tale prassi, confermata de plano dalla giurisprudenza di legittimità, manifesta però alcune criticità: 1) non prende in considerazione quanto prescritto dall'art. 54.2 Cost., a norma del quale i titolari di cariche pubbliche devono adempiervi con onore e disciplina, prestando giuramento nei casi previsti dalla legge; circostanza grave, considerato che una condanna per diffamazione non esclude che i comportamenti "pubblici" narrati abbiano per oggetto comportamenti veri e poco encomiabili dal punto di vista morale e penale. 2) Tale voce di danno è riconosciuta aprioristicamente, da un lato omettendo qualunque riferimento all'art. 54.2 Cost., dall'altro senza dare conto del "processo logico e valutativo seguito" nella quantificazione del danno, come invece imposto dalla Cassazione. 3) Il tutto in un contesto processuale che attira con sempre più forza la tutela dell'onore entro il catino civilistico, sganciandola dall'originale protezione penale: tendenza, questa, senz'altro condivisibile al fine di garantire l'effettività del risarcimento per lesione di interessi costituzionalmente protetti, ma al contempo pericolosa quando il convenuto è un operatore dell'informazione, il quale vede così restringersi la protezione accordata dall'ordinamento nell'esercizio dei diritti-doveri ex art. 21 Cost.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.